Jessica Alfieri
Abstract:
War in Hungarian Literature: The Case of “Abigail” by Magda Szabó
Hungarian literature has long intertwined with the nation’s turbulent history, particularly its wars and occupations. Among the prominent voices in this narrative is Magda Szabó. This novel is dedicated to her novel, Abigail (1970), which offers a unique perspective on the psychological and social impacts of World War II. Rather than depicting battles or military strategies, Szabó examines the subtle yet pervasive effects of war through the life of Gina Vitay, a teenager sent to a strict boarding school to shield her from wartime dangers. Through poignant episodes, such as a night air raid drill, Szabó explores themes of alienation, resilience, and human connection. In passages, the author reshapes Gina’s understanding of authority and conflict, reflecting a broader commentary on war’s impact on individuals. By blending personal and historical narratives, Abigail underscores the silent struggles of those on the home front, offering a universal tale of endurance and hope.
La letteratura ungherese ha sempre intrecciato le sue trame con la storia del Paese, in particolare con i conflitti bellici che ne hanno segnato il destino. Dalle rivoluzioni del XIX secolo alle due guerre mondiali, fino all’insurrezione del 1956 contro il regime filo-sovietico, gli scrittori e le scrittrici ungheresi hanno trovato nella narrazione un mezzo per esplorare l’impatto della guerra sulla vita quotidiana. In questo contesto, la voce di Magda Szabó si distingue con una forza e una sensibilità uniche. Autrice tra lə più rappresentativə del XX secolo, Szabó ha saputo raccontare con straordinaria profondità le esperienze di adultə e adolescenti, offrendo una prospettiva nuova e coinvolgente.
Uno degli esempi più celebri del suo lavoro è Abigail (1970), un romanzo che affronta la guerra in modo sottile, ma potentissimo. La Seconda guerra mondiale non è mai raccontata attraverso battaglie o bombardamenti, ma è comunque una presenza costante e soffocante. Il trauma della guerra si manifesta attraverso controllo, paura e isolamento. Sono temi che risuonano con forza anche in altre opere della letteratura ungherese, dove la repressione politica e il controllo sociale diventano spesso il vero nemico invisibile.
Oppressione e resistenza
La letteratura ungherese ha sempre portato con sé il peso dell’oppressione storica. Le occupazioni straniere, dall’Impero Asburgico all’Unione Sovietica, hanno lasciato cicatrici profonde nella coscienza collettiva. Lə autorə hanno reagito a questa condizione con opere che oscillano tra il grido di ribellione e il racconto della resistenza silenziosa. Sándor Petőfi, con la sua poesia rivoluzionaria, ha alimentato la speranza di liberazione nazionale, mentre Imre Kertész ha affrontato il trauma della Shoah con un linguaggio crudo e diretto.
Magda Szabó, però, percorre una strada diversa. La sua attenzione si sposta sulle conseguenze psicologiche e quotidiane della guerra. Non descrive il fronte o la prigionia, ma il microcosmo della vita quotidiana, il mondo interiore delle donne e dellə giovani. Questo approccio è evidente in Abigail, dove la protagonista Gina Vitay viene mandata dal padre generale in un collegio femminile, il Matula. Qui, la vita della ragazza cambia radicalmente. Come dice l’autrice: “Gina era già in quell’altro mondo che avevano prescelto come sua nuova casa, e il cambiamento di esistenza fu profondo quanto una nascita o un trapasso” (Szabó 2007: 31). Questo passaggio non è solo una decisione individuale, ma rappresenta anche il peso della guerra, che costringe i singoli individui a scelte dolorose, spesso fuori dal loro controllo.
Abituata alla libertà, Gina si trova costretta a rispettare regole rigide e a vivere in isolamento, lontana dalla sua famiglia e dal mondo esterno. I tratti caratteriali ribelli di Gina non emergono subito nella narrazione, ci vuole tempo. Sono i divieti a cui le ragazze sono sottoposte a far venir fuori lo spirito di adattamento o la propensione alla ribellione di ciascuna. A proposito della protagonista, è Zsuzsanna, l’istitutrice, a rivelare al meglio la sua natura:
“Mi inventerò qualcosa per renderti la vita più facile qui […] Temo di essere impaziente con te, perché sei talmente diversa da chiunque altra che io abbia mai visto, così selvaggia, così indocile. […] Ero molto arrabbiata con te, ma ormai non lo sono più.” (Szabó 2007: 357)
Il Collegio del Matula: una metafora del controllo bellico
Il collegio Matula non è solo uno spazio fisico, ma una metafora della società sotto il controllo bellico. Le regole ferree, la sorveglianza costante e l’impossibilità di comunicare onestamente con l’esterno ricordano le condizioni di isolamento e censura vissute daə ungheresi durante le fasi più dure delle occupazioni straniere. In questo senso, il Matula è uno specchio dell’Ungheria stessa.
In Az európai irodalom története (“Il dottor Faust”, 1925) di Mihály Babits, un altro grande autore ungherese, il protagonista si confronta con il male invisibile e incombente. In modo simile, in Abigail, la presenza della guerra non è esplicita, ma si avverte nell’atmosfera di controllo e paura che avvolge il collegio. Questa scelta narrativa non è casuale: la guerra, per Szabó, è anche una condizione esistenziale, uno stato di emergenza interiore, dove il nemico non è sempre visibile ma è comunque presente.
Un esempio emblematico di questa dinamica si ritrova durante un’esercitazione notturna al Matula. Le ragazze, svegliate bruscamente nel cuore della notte, vengono spinte a rifugiarsi nei sotterranei del collegio. L’evento, pur essendo soltanto una simulazione, porta con sé un senso di urgenza e di pericolo reale. La loro corsa affrettata dal letto alle cantine, in una situazione che sarebbe parsa inconcepibile in tempi di pace, svela l’assurdità delle misure precauzionali imposte dalla guerra. Magda Szabó cattura con precisione l’innaturalità della scena:
“Non sentivano che erano tutta una messinscena, una semplice esercitazione, sentivano solo l’innaturalezza del dover correre dal letto direttamente in cantina, sottoterra, perché magari presto o tardi poteva cadere loro una bomba in testa.” (Szabó 2007: 189)
Questa esercitazione, apparentemente priva di conseguenze, lascia invece un segno profondo nella mente della protagonista. Gina non è solo sconvolta dall’episodio, ma inizia a vedere le cose con una nuova consapevolezza. La paura condivisa e l’esperienza di vulnerabilità collettiva creano un ponte tra lei e il mondo degli adulti, che fino a quel momento aveva percepito come avversari. Dopo l’esercitazione, Gina riflette con lucidità sul cambiamento del suo punto di vista:
“Dopo l’esercitazione antiaerea in qualche modo era cambiato pure il suo rapporto con gli adulti, e anche senza spiegazione aveva compreso che nemmeno loro erano nemici, ma solo antagonisti, come quando all’ora di ginnastica la classe stessa si divideva in due squadre, e occorreva giocare dieci contro dieci.” (Szabó 2007: 193)
In questo passaggio, Szabó mette in evidenza un tema centrale del romanzo: la capacità della guerra di rimescolare i rapporti umani e di ridefinire le prospettive, anche nellə più giovani. Per Gina, l’esercitazione non è solo un episodio isolato, ma un momento di crescita personale. La scoperta che gli adulti non sono nemici, bensì semplici antagonisti in un “gioco” più grande e crudele, rappresenta una svolta. La guerra, con la sua capacità di ribaltare le certezze quotidiane, si insinua così nella mente della protagonista, trasformando anche le dinamiche sociali e interpersonali che definiscono la sua vita al collegio.
“Sarebbe rimasta volentieri ad Arkod per un tempo indeterminato, perché il mondo in bianco e nero della scuola ormai non la spaventava più, e dormiva pacifica sotto le sue basse volte. Aveva delle sorelle, diciannove: dopo l’agitato avvio dell’anno scolastico, dopo i tanti scontri dolorosi viveva in un’intesa talmente stretta con le altre che mai aveva provato niente di simile, e di cui solo uno dei motivi era il fatto che le classi formavano davvero una comunità, prendendo sempre parte a tutto o rimanendo escluse in maniera perfettamente identica.” (Szabó 2007: 192)
Attraverso questo episodio, Szabó ci mostra come anche gli eventi apparentemente minori della guerra possano generare cambiamenti profondi. L’isolamento e la paura creano una nuova solidarietà, un sentimento di appartenenza che sfida le divisioni preesistenti, trasformando persino il modo in cui Gina vede sé stessa e il mondo intorno a lei. Questo momento di riconciliazione, pur non annullando le difficoltà, dimostra che persino nelle situazioni più oppressive possono emergere spazi per la comprensione e la crescita.
Il mistero di Abigail: resistenza segreta e speranza
Il cuore simbolico del romanzo è la figura di Abigail, una statua situata nel giardino del collegio, venerata dalle studentesse come una sorta di protettrice segreta. Le ragazze le affidano bigliettini con richieste d’aiuto, e a volte quelle richieste vengono esaudite. Abigail non è solo una statua, è un simbolo di resistenza invisibile, una figura protettiva che richiama le reti clandestine di aiuto e sostegno presenti nei momenti di maggiore oppressione.
La rivelazione finale sul vero significato di Abigail è una delle parti più toccanti del romanzo, mostrando che la resistenza non è sempre rumorosa o eroica. Spesso è fatta di gesti nascosti, di piccoli sacrifici anonimi. Anche questo è un tema che attraversa la letteratura ungherese: la figura del “salvatore invisibile” si ritrova in molte narrazioni ambientate durante le occupazioni straniere e le dittature.
La prospettiva femminile sulla guerra e l’eredità di Magda Szabó
A differenza di altrə autorə ungheresi, Magda Szabó esplora la guerra da una prospettiva intima e femminile. Gli uomini combattono al fronte, ma le donne restano in casa, nei rifugi o in collegi come il Matula. Per loro, la guerra è attesa, solitudine e paura. Gina non combatte con armi, ma con la sua forza interiore, cercando di resistere al controllo e di preservare la propria identità.
Con Abigail, Magda Szabó ha dato un contributo prezioso alla tradizione ungherese della letteratura di guerra. La contrapposizione tra il collegio, simbolo di isolamento e controllo, e la figura di Abigail, emblema di speranza e resistenza, e la prospettiva femminile sul conflitto rendono il romanzo unico e universale. Szabó non racconta solo la Seconda guerra mondiale, ma anche la lotta interiore contro il potere e l’oppressione, un tema che supera i confini dell’Ungheria per parlare a lettorə di tutto il mondo.
Bibliografia:
Andrea Tarabbia, “Il silenzio e la voce: la letteratura ungherese del Novecento”, in Rivista di Letteratura Europea, Vol. 12, No. 1, 2018, pp. 45-67.
Clara Orban, Hungarian Literature: An Introduction, New York, Edwin Mellen Press, 2001, pp. 150-170.
Nők Lapja, “Gondolatok Szabó Magda klasszikusából, az Abigélből”, in Nők Lapja, 31 gennaio 2020.
Magda Szabó, Abigail, Budapest, Móra Könyvkiadó, 1970.
Zsófia Szilágyi, “Il ruolo delle istituzioni educative nella letteratura ungherese: il caso di Abigail”, in Quaderni di Studi Ungheresi, No. 5, 2020, pp. 89-110.
Sitografia:
Vera Gheno e Nadia Terranova, “Magda Szabó: il collegio, il padre, la guerra”, in Rai Cultura:
https://www.raicultura.it/letteratura/articoli/2018/12/Magda-Szab243-il-collegio-il-padre-la-guerra-d9457434-fcfe-48fa-953c-727e6f975a7b.html (ultima consultazione: 20/12/2024).
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://www.hoepli.it/libro/abigail/9788889076514.html
Immagine di copertina: https://cultura.hu/wp-content/uploads/2022/11/szabo-magda-1970fortepan-1.jpg