La stilistica del marxismo: “Retorica e polemica nel Capitale di Marx” di Elisabetta Mengaldo

Piergiuseppe Calcagni

 

Nel 2023 è stato pubblicato per i tipi di Quodlibet il saggio Retorica e polemica nel “Capitale” di Marx scritto da Elisabetta Mengaldo, ricercatrice e docente di letteratura tedesca all’Università degli Studi di Padova; la sua ricerca si è sempre concentrata sulla retorica dei testi filosofici, ma anche sulla forma aforistica dei testi di Nietzsche e Adorno e sulla poetica del poeta Georg Trakl. È stata curatrice, insieme a Michael Bies, della miscellanea Marx konkret. Poetik und Ästhetik des “Kapitals” (it. Marx concreto. Poetica e estetica del Capitale) non ancora tradotta in italiano, uscita nel 2020 per la casa editrice Wallstein. In essa compare anche un articolo di Mengaldo intitolato Kritik als Waffe. Polemische Zitate und Erzählungen in Marx’  Kapital (it. La critica come arma. Citazioni polemiche e narrazioni nel Capitale di Marx), dove sono già presenti molti temi che fanno parte del contenuto del saggio di cui si occupa la presente recensione.  Retorica e polemica nel “Capitale” di Marx potrebbe essere considerato come un’estensione dell’articolo del 2020, poiché Mengaldo approfondisce nel dettaglio ogni argomento nei tre capitoli del libro, offrendo al pubblico italiano un interessante studio sulle tecniche di argomentazione di Marx.  

Link al libro: https://www.quodlibet.it/libro/9788822921888


L’obiettivo principale del libro è quello di dimostrare che il carattere polemico e irriverente non ha mai abbandonato la scrittura di Marx neanche quando, proprio mentre scrive Il capitale, si presuppone che egli abbia raggiunto la sua maturità, non solo per quanto riguarda le materie predilette dai suoi studi (la filosofia e l’economia), ma anche per la stilistica e la retorica. Mengaldo fornisce al lettore il binomio polemica – critica come strumento indispensabile per orientarsi nelle argomentazioni del filosofo di Treviri. La polemica viene definita come attacco ad personam ed è quindi un modo di invalidare la tesi dell’avversario tramite l’invettiva e le offese personali; la critica, invece, è un’argomentazione ad rem, e si sviluppa principalmente su due modi: quello riflessivo-teorico e quella storico-narrativo” (p. 54). Se si mettono a confronto gli scritti giovanili di Marx con il suo opus magnum si può notare che nei primi prevale la polemica come principale metodo argomentativo, mentre nel secondo la critica. Con uno sguardo più attento, però, Mengaldo riesce a mettere in mostra il lato polemico del giovane Marx anche nel Capitale:

Nel tardo Marx, insomma, il pathos della critica assume indubbiamente un ruolo di demistificazione e di re-interpretazione di ciò che l’economia classica statuiva come “naturale” o dato una volta per tutte […] Ma proprio nel Capitale […] lo spirito e lo stile dell’appassionata polemica militante del giovane Marx non vanno sacrificati completamente a vantaggio della critica, ma rimangono una componente fondamentale della sua scrittura.” (p. 36)

Per il suo impianto retorico, Marx risente sia del modus operandi dei dibattiti filosofici della Riforma e della Controriforma, sia della retorica classica, la cui struttura si basa notoriamente su quattro sezioni: inventio, dispositio, elocutio, actio. Pur non nominando direttamente nessuna di queste quattro parti che, di norma, compongono un testo scritto o parlato, Mengaldo nota che nel Poscritto alla seconda edizione, scritta proprio da Marx, ci sia una sorta di dichiarazione di intenti rappresentata dai due termini Darstellungsweise” (“modo di esporre) e Forschungsweise (“modo di compiere l’indagine”) (pp. 9-10). Il primo potrebbe corrispondere alla dispositio, poiché si tratta di descrivere il modo grazie al quale si dimostra la validità della propria tesi. Infatti Marx, forse per restare fedele alla logica del materialismo storico, si pone come scopo anche quello di demistificare le storture ideologiche del capitale a partire dall’analisi della merce. La Forschungsweise, invece, potrebbe coincidere con l’inventio che riguarda la scelta dei documenti e dei materiali giusti per argomentare al meglio una tesi.


Le scelte stilistiche non si esauriscono con quanto detto nel Poscritto o nella Prefazione del Capitale, ma a queste si deve aggiungere la parte polemica di Marx, che viene a galla tramite attacchi personali, a volte anche piuttosto duri, nei confronti dei suoi avversari. Questi, però, non sono i maggiori esponenti dell’economia classica come Ricardo e Smith, che vengono sì criticati, ma dai quali Marx attinge per lo studio dell’economia politica; i suoi veri avversari, rispetto ai quali si potrebbe osare con la parola “nemici”, sono, in realtà, i filosofi e gli economisti che difendevano le logiche del capitalismo solo attraverso mistificazioni e “distorsioni ideologiche” (p. 69) e che non sono dunque in grado di osservare le tematiche sociali legate ad esso. Nel saggio di Mengaldo vengono menzionati come esempi Jeremy Bentham e Edmund Burke, che non vengono risparmiati dall’ironia di Marx neanche nelle note e nelle citazioni del Capitale. Grazie all’efficacia retorica e alla loro forza polemica, le note e le citazioni sono protagoniste di un giusto approfondimento da parte di Mengaldo nel secondo capitolo del saggio:  

Nella citazione si realizza per forza di cose uno slittamento semantico, al quale si accompagna non di rado un gesto di spiegazione e\o di commento da parte del soggetto che cita. Non sarà dunque un caso che le citazioni nel Capitale, soprattutto quelle polemiche, siano spesso accompagnate, o addirittura inframmezzate, da commenti più o meno sarcastici.” (pp. 64 – 65)

L’autrice si dimostra molto abile nel gestire il gran numero delle citazioni di Marx e individua addirittura tre tipi di citazioni con funzione di commento: quelle polemiche, empatiche e quelle in forma di personificazione. Le citazioni polemiche sono quelle in cui Marx riesce a far uscire tutta la forza del suo animo polemista e si scaglia con ironia e sarcasmo contro i “filistei” o gli “economisti volgari”; le citazioni empatiche riguardano le condizioni le descrizioni della classe operaia, mentre le ultime rappresentano una delle tante figure retoriche utilizzate da Marx per dare forza alle sue argomentazioni, ma la prosopopea risulta essere quella più presente. Fra quelle più note si possono elencare la metafora del “vampirismo” (p. 72), dove il capitale, o meglio il capitalista, viene visto come un vampiro che deve togliere quanto può alla forza lavoro per ottenere più profitto e accumulare; oppure l’unica volta che Marx cita Heine nel Capitale, ciò viene fatto tramite la preterizione, una figura retorica che consiste nel mettere in risalto un argomento nonostante aver dichiarato in precedenza di non volerlo fare. Secondo Mengaldo, Marx non riesce a fermare la sua vis polemica neanche quando nel discorso dovrebbe prevalere la critica, perché è consapevole che questo stratagemma retorico fornisce maggiore forza argomentativa alla sua tesi, e anche perché sa di poter liquidare gli economisti liberali con la sua ironia. Sia quando menziona eventi sociali o politici della sua epoca, sia quando cita brani di grandi autori come Dante, Shakespeare, Virgilio il commentatore Marx si eleva in questo modo a portavoce della vera critica scientifica contro le distorsioni ideologiche dei propri predecessori” (p. 69).

Nell’ultimo capitolo l’autrice considera l’ipotesi che vede Il capitale come opera letteraria, in particolare come romanzo di formazione in cui la protagonista è la classe operaia. In questo senso, secondo Mengaldo, l’opera di Marx si configura come un romanzo di formazione singolare poiché la classe operaia non deve essere, come gli altri protagonisti dei romanzi dello stesso genere, conciliante nei confronti dei falsi miti delle ideologie borghesi, ma ha, al contrario, il ruolo di rovesciare il capitalismo da un punto di vista socio-culturale ed economico. Questa posizione viene giustificata con il richiamo alla rivoluzione proletaria alla fine del ventiquattresimo capitolo, La cosiddetta accumulazione originaria. A queste condizioni Mengaldo sostiene che il personaggio principale della storia marxiana sia un altro:

Ma forse tutto l’opus magnum marxiano potrebbe essere letto come un romanzo, il cui protagonista non è già la coscienza hegeliana né, come nel Manifesto, la borghesia, e nemmeno la classe operaia nelle veci dell’“antagonista”, bensì il vero soggetto della storia che dà il titolo all’opera: il Capitale.” (p. 93)


In conclusione, l’immagine che Mengaldo vuole fornire è quella di un Marx che nonostante l’età e i numerosi studi economici e filosofici alle spalle continua ad utilizzare la polemica e l’attacco ad personam come una delle migliori armi retoriche a sua disposizione. Egli sicuramente, rispetto ai toni dei suoi scritti giovanili, voleva presentare Il capitale sotto una nuova veste, quella della critica, ossia dell’approfondimento economico, storico e culturale del capitalismo e delle dannose conseguenze ideologiche. Però, grazie a Mengaldo, si ha l’impressione di percepire un Marx cosciente dell’impossibilità di riuscire in tale impresa servendosi solo ed esclusivamente di un linguaggio tecnico-scientifico e di una prosa a servizio dell’oggettività. Quindi anche nel Capitale emerge il lato polemico, ironico e anche teatrale di Marx di cui egli si serve non solo per insultare i suoi avversari e mettere in evidenza la loro pochezza intellettuale, ma anche per presentare delle tesi tramite l’ausilio di particolari figure retoriche che oltre a fornire un’immagine più vivida della realtà a chi legge, sono utili a Marx come strumento di argomentazione.              

 

Bibliografia:

Bice Mortara Garavelli, Prima lezione di retorica, Bari-Roma, Laterza, 2011.

 

Apparato iconografico:

Immagine 1: https://www.quodlibet.it/libro/9788822921888

Immagine 2: https://rivoluzione.red/marx-engels-e-il-rapporto-tra-uomo-e-natura-note-per-una-discussione/

Immagine 3: https://de.wikipedia.org/wiki/Das_Kapital#/media/Datei:Zentralbibliothek_Zürich_Das_Kapital_Marx_1867.jpg