Marijana Puljić
“Nella lotta per la parità tra uomini e donne, il femminismo nella maggior parte dei casi non vede il nemico negli uomini, ma nel patriarcato. Ma anche il femminismo deve insistere in modo più incisivo sulla necessità di una lotta comune, di un’alleanza contro le norme e i ruoli di genere che ci limitano, intersecati a classe, razza, e altre relazioni di potere.” (p. 84)
All’interno della collana Incidenti, che raccoglie testi ed articoli di saggistica contemporanea della casa editrice Asterisco Edizioni, è stato pubblicato nel novembre del 2023 il volume Zamke pristojnosti. Eseji o feminizmu i popularnoj kulturi (“Le trappole della buona educazione. Saggi sul femminismo e la cultura pop”, 2020) della docente, ricercatrice e scrittrice croata Maša Grdešić nell’ottima e attenta traduzione di Sara Latorre.
Link al libro: https://asteriscoedizioni.com/prodotto/masa-grdesic-le-trappole-della-buona-educazione-saggi-sul-femminismo-e-la-cultura-pop-2/
Come scrive la stessa autrice nella prefazione al libro, la maggior parte dei testi inclusi nel volume è stata pubblicata, in origine, sul blog Muf, che in croato sta a significare “fica/figa” e che come spiega Sara Latorre nella nota del traduttore “È stata scelta come nome del blog proprio per la sua connotazione volgare e popolare, in segno di riappropriazione femminista” (p. 7). Questo portale dedicato al femminismo e alla cultura pop è stato inaugurato nel gennaio 2014 da Grdešić, Lana Pukanić, Asja Bakić e Barbara Pleić Tomić. Sul finire del 2016, alla redazione si sono aggiunte anche Lea Horvat e Maša Huzjak, ma tuttavia, l’attività del blog è terminata nel 2018. Il titolo del volume prende nome dal secondo articolo contenuto nella prima sezione del libro ovvero Le trappole della buona educazione.
Il volume si suddivide in quattro parti: Il doppio standard contenente nove articoli che trattano le questioni del femminismo e della politica di genere in senso più ampio. Segue To be continued… che in otto articoli analizza il mondo della televisione e i suoi generi, mentre nella terza parte, intitolata Troppe informazioni, vengono raccolti saggi sulla letteratura, in particolare su quella scritta da donne. A concludere il volume sono invece gli articoli di matrice più autobiografica raccolti in Datti una calmata!. Conclude la pubblicazione l’elenco dei testi pubblicati in precedenza.
Nella sua analisi del contesto letterario e della cultura pop, Maša Grdešić parte indossando innanzitutto i panni di una lettrice e spettatrice appassionata per arrivare a “analizzare e supportare la cultura creata dalle donne, che si occupa delle donne ed è destinata a un pubblico di donne.” (p. 18)
Nell’articolo che apre il volume, intitolato La disciplina delle emozioni, la scrittrice pone al centro il caso dello scrittore inglese Will Self, che criticò apertamente la scrittrice Sally Rooney definendo la sua prosa poco seria, nonostante dell’autrice irlandese non avesse letto che qualche pagina. In questo modo Grdešić apre una lunga riflessione sulla famosa, ma fastidiosa e ingombrante, etichetta “femminile” così spesso applicata alle opere, siano esse libri, film o serie televisive, prodotte da donne e che solo per questo aspetto vengono intese e considerate meno degne di attenzione e valore, poiché si collocano al di fuori della sfera universalmente riconosciuta ed accettata rappresentata dalla cultura maschile. Soffermandosi poi sull’assenza dell’etichetta “maschile” sulle stesse categorie, la scrittrice sottolinea come ancora le donne siano e vengano marginalizzate.
È evidente quanto, parafrasando le parole di Virginia Woolf evocate da Grdešić, la nostra cultura e la società siano impregnate dai “valori maschili” (p. 19) supportate anche dalla tesi che vede i critici, così come gli spettatori e i lettori, persistere nel porre le autrici e le loro opere, nonché le loro protagoniste femminili e per estensione anche le spettatrici e lettrici, in una dimensione separata e distintiva all’interno di un panorama culturale immaginario. L’ipotesi di fondo secondo cui l’etichetta “femminile” “inizia a indicare un genere (e non più l’identità di genere dell’autrice, dei personaggi principali o del pubblico target)” (p. 18) è ripudiata da Grdešić che si proclama stufa di “critici (uomini) che dicono di sapere che tipo di letteratura dovrebbero scrivere le donne” (p. 28) o ancora di critici, sempre uomini, che non riconoscono la critica femminista come disciplina scientifica.
In quale misura l’aspetto identitario, come afferma Grdešić, continui ancora a sminuire il valore e a danneggiare le autrici per il semplice fatto di essere donne è ricostruito nel saggio “Letteratura femminile”, universalità e differenza, in cui l’autrice spiega come le scrittrici siano escluse dalle bibliografie dei corsi di letteratura, o incorporate in una categoria letteraria quale “scrittura femminile”, “prosa femminile” o ancora “letteratura femminile. Inoltre esse vengono premiate meno e per lo più recensite da altre donne. A marcare le pratiche che marginalizzano ulteriormente le donne, la studiosa croata si allarga anche ai media mainstream scrivendo a questo proposito che “quando scrivono riguardo alle autrici, lo fanno focalizzandosi sul loro aspetto e sulla loro vita privata, molto spesso interpretando le loro storie di finzione con l’aiuto di dati biografici” (p. 199).
Nel saggio che dà invece il nome alla raccolta, la scrittrice riprende l’episodio dell’Australian Open del 2015 in cui il commentatore sportivo Ian Cohen chiese alle tenniste Serena Williams ed Eugenie Bouchard di mostrare i loro outfit sportivi facendo una giravolta, suscitando le critiche per il sessismo messo in atto, evidenziando la tendenza a considerare i corpi femminili come oggetti pubblici da esibire e giudicare. In più, a Bouchard venne contestato di non essersi opposta all’invito del commentatore.
Maša Grdešić evidenzia come in un contesto simile riuscire a dire di no sarebbe stato difficile per la maggior parte delle donne, a partire da lei stessa, spiegando che “[…] un uomo più grande mi chiede qualcosa. Buona educazione. È la mia prima reazione – non dire mai di no, non offendere nessuno, accontenta chiunque” (p. 32). Segue poi una rievocazione dei tempi universitari della Grdešić, quando si vociferava di un docente universitario che rivolgeva commenti di natura sessuale alle proprie studentesse e chiedeva loro di indossare la minigonna per poi fare una giravolta, ma come sottolinea la scrittrice, a quei tempi in Croazia “non si parlava [ancora] molto di molestie sessuali” (p. 31) e il docente proseguì con il suo comportamento indisturbato. Abituate alla “buona educazione”, quanto può essere difficile per le donne opporsi o reagire tempestivamente a comportamenti inappropriati?
La scrittrice prosegue poi con la narrazione di quando venne inseguita da uno sconosciuto, che la seguì fino al suo autobus cercando di iniziare una conversazione e dicendole apertamente di voler sapere dove abitasse. Grdešić trovò le forze di reagire, urlando contro l’uomo causando una scenata in pieno autobus, ma non evita di riportare di essere stata fortunata. Sia al lavoro che in luoghi pubblici le donne sono soggette a molestie o discriminazioni trovando difficile reagire senza compromettere la propria cortesia e reputazione ed è in questi contesti che, secondo l’autrice, la buona educazione può rivelarsi dannosa per chi la esercita, impedendo di difendere i propri diritti e il proprio benessere in quanto il molestatore conta “sul fatto che, essendo ragazze ben educate, saremo troppo cortesi per fare una scenata” (p. 33) accettando questa invasione “come un complimento” (p. 33).
Evocando riflessioni sulla cortesia femminile promossa da altre scrittrici, artiste e femministe, e la pressione sociale alla quale le donne sono soggette nel tentativo di farle essere delle brave ragazze, viene messo in evidenza quanto in verità la cortesia e la buona educazione possano limitare la libertà e l’autodeterminazione delle donne stesse, mentre invece la rabbia e l’indignazione possono essere strumenti importanti nella lotta contro l’ingiustizia e l’oppressione. Attraverso l’analisi della letteratura, della politica e della cultura pop, Grdešić ricorda al pubblico per mezzo dei suoi articoli e saggi quanto bisogno ci sia ancora del femminismo nella vita quotidiana.
Apparato iconografico:
Immagine di copertina: Immagine condivisa dalla traduttrice e dall’autrice.