Silvia Girotto
Abstract:
Journey to the utopia: Heinrich Böll’s escape through the pages of “Irish Journal”
Literary works of Heinrich Böll were seen as an answer to the needs of Europe and its poverty, not only physically but also spiritually, and the writer focused on the topic of war and the situation of Europe – and especially Germany – after the Second World War. Because of this, the short description of his journey in Ireland was a very important phase of his growth as a writer: it appears indeed as a beautiful and pure country that allows Böll and his family to flee from the desperate times they had been going through. With all its problems and contradictions is the Emerald Island still a second home for Böll and a safe place if compared to Germany after the war. Despite the quite funny religious feelings, the typical love for beer, the famine and the consequent emigration, the poor Irish land and population maintained a pure, happy and childish soul. It was seen as a possibility for Europe to learn how to flee from destruction of buildings and lives, but also of language, art and culture. Consequently Irish Journal was called a “Irish utopia”.
Tra i numerosi testi di Heinrich Böll, Irisches Tagebuch (“Diario d’Irlanda”, 1957) è forse tra i meno conosciuti. La narrazione di un viaggio verso la cosiddetta Isola di Smeraldo rappresenta tuttavia per l’autore una fase importante della propria vita, che influenzerà anche la propria visione della patria tedesca, costantemente messa in contrapposizione alla stessa Irlanda.
Heinrich Böll (1917-1985) fu nel 1972 il primo autore di nazionalità tedesca a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura dopo Thomas Mann. Dopo aver combattuto durante il secondo conflitto mondiale sui fronti russo e francese, si trovò prigioniero in un campo americano e dopo la guerra iniziò la sua attività di scrittore. In questo suo lavoro si concentrò soprattutto sull’esperienza della dittatura e del conflitto, che avevano toccato la Germania sia materialmente che spiritualmente, impoverendola.
Böll si recò per la prima volta in Irlanda nel 1954 (1955 secondo Italo Alighiero Chiusano). Là raccolse le sue informazioni su questa nuova terra inizialmente perché fossero pubblicate in un giornale, ma decise poi di farne un libro che venne particolarmente lodato, soprattutto in patria. Allo stesso modo lo scopo iniziale della pubblicazione, ovvero fornire informazioni sull’Irlanda, Dublino e le sue attrazioni, scemò lentamente per arrivare a mostrare invece una serie di riflessioni interiori e tutte le impressioni stimolate dal viaggio. Queste portano con il passare delle pagine a un cambiamento della prospettiva da parte dello stesso Böll, che presenterà in maniera spontanea differenti confronti con il resto del mondo, in modo particolare con la Germania e la sua città di provenienza, Colonia. In quest’opera non si tratta nemmeno di un vero e proprio diario di viaggio, come sembra invece suggerire il titolo: non si hanno infatti date o indicazioni puntuali, bensì descrizioni delle sensazioni provate, di ciò che viene appreso e delle esperienze che hanno migliorato il viaggio e il modo di osservare il mondo e la vita. Non a caso questo lavoro può e viene talvolta descritto come un’utopia irlandese. La narrazione parte tuttavia da un’esperienza reale, non inventata, ma ne viene comunque sottolineata la tendenza alla soggettività, come riportato fin dall’epigrafe: “Questa Irlanda esiste, ma chi ci va e non la trova, non può chiedere risarcimenti all’autore.” (p. 11)
Il motivo che spinse l’autore a effettuare questo suo primo viaggio in Irlanda con la famiglia fu la ricerca di un posto tranquillo in cui passare del tempo con i propri cari, ma anche l’attrazione per luoghi che ricordano e celebrano personaggi da lui particolarmente apprezzati, come James Joyce, dal cui Ulysses venne influenzato in maniera particolare. Anche Irisches Tagebuch doveva essere composto, come l’opera di Joyce, da diciotto capitoli. Risulta più volte citato inoltre Jonathan Swift e lo stesso Böll si reca sulla tomba di William Yeats nelle ultime pagine. L’attrazione per queste atmosfere lo portò a passare con la moglie e i figli diversi mesi ogni anno in terra irlandese, in particolare sull’isola di Achill Island, dove secondo le testimonianze del figlio René si svolsero effettivamente diverse delle scene narrate dal padre. Molti aspetti vengono confermati, come la grande presenza di chiese sull’isola e la strana fede religiosa del popolo irlandese, che agli occhi dei tedeschi appare davvero inusuale, strana e di facciata, ma allo stesso tempo spontanea e pura. Proprio questo aspetto pare essere una potente attrazione per una figura come Böll, proveniente da Colonia, città “im Schatten des Doms” (“all’ombra del Duomo”). Da cattolico si trova a suo agio in un’Irlanda cattolica, da cui si sente accolto forse soprattutto per l’assenza in ogni tempo – sia sull’isola che nella sua Chiesa – di un dominio nazionalsocialista o di una sua influenza. Si trattava infatti di un luogo più sicuro rispetto a Francia o altri Paesi quali l’Olanda, in cui l’autore aveva trascorso del tempo. Sempre secondo le parole del figlio René, si deve alla moglie la decisione di spostarsi in Irlanda: questa aveva infatti un’amica irlandese grazie al lavoro in comune in una scuola inglese e venivano ancora portati avanti contatti tra le due. Durante la guerra per la famiglia fu impossibile muoversi, ma alla fine del conflitto venne offerta ai Böll la possibilità di usufruire di un alloggio offerto da un giornalista di origini irlandesi conosciuto a Colonia e si decise quindi, anche per volere della moglie, di passare del tempo sull’Isola di Smeraldo. Nonostante all’epoca Böll non conoscesse altro che le basi dell’inglese, decise di partire con moglie e figli.
Tra rappresentazione di una religiosità carnevalesca e l’immagine di un’Irlanda ancora vergine, Böll in Irisches Tagebuch offre al suo pubblico una favoleggiante descrizione del suo viaggio e della terra da lui visitata. Il mondo che l’autore descrive appare infatti “pio e bambino” (p. 7) secondo l’introduzione di Italo Alighiero Chiusano. Parrebbe quasi un paradiso in terra in quanto luogo in cui non esiste l’invidia e tutto è invece dominato da speranza e rinascita, nonostante gli innumerevoli problemi che l’isola si trova ad affrontare ancora nel corso del Novecento. È un luogo fuori dal tempo, in cui lo scrittore tedesco arriva come addormentandosi in un sogno, che si interpreta in realtà come un tentativo di svegliarsi dall’incubo della Storia europea. Fin da subito una descrizione di questo tipo appare illusoria, un’invenzione pura, e tuttavia molti lodarono Irisches Tagebuch alla sua uscita, forse proprio perché rappresentava un’isola felice che molti anelavano, in contrapposizione a un’Europa – e soprattutto a una Germania – mutilata dalla guerra. Böll, conosciuto in molti casi come autore della cosiddetta Trümmerliteratur, la letteratura delle macerie, offre quindi un’immagine diversa da quelle che sono le sue più famose narrazioni, ma allo stesso tempo mostra un’idea che si lega in maniera ineccepibile al resto della sua produzione come vera e propria occasione di fuga da questa realtà, troppo dura da descrivere. L’Irlanda offre infatti la possibilità di godere di una terra unica, con una lingua diversa dalle altre, rimandi antichi e forti nella propria mitologia – non esaltati tuttavia come unica possibilità di rinascita come sotto molti esempi di totalitarismo – e una posizione isolata rispetto alle altre culture. Allo stesso modo quello irlandese è un popolo che non ha mai conquistato, ma che invece lo è stato da altri e per questo appare innocente anche sotto questo aspetto. Nettamente si riconosce qui la contrapposizione con la Germania.
Questa differenziazione rispetto a tutto il suolo europeo è già identificabile nel primo paragrafo di Irishes Tagebuch, che sottolinea il repentino cambio di atmosfera, un passaggio dal grigio scuro delle bombe al verde smeraldo dei prati irlandesi, dall’odore di gas a quello della pioggia fonte di vita:
“Quando arrivai a bordo del piroscafo, l’occhio e l’orecchio, gli odori stessi che sentivo intorno, mi dissero che avevo varcato un confine. […] sul piroscafo l’Inghilterra era finita: c’era già sentore di torba, dal bar e da sottocoperta venivano i suoni gutturali della parlata celtica, l’ordine sociale dell’Europa assumeva altre forme. La miseria non era più una vergogna, anzi, né onore né vergogna nella coscienza sociale della gente, era solo insignificante come la ricchezza.” (p. 13)
Con una nota più allegra si mostra la stessa contrapposizione Germania-Irlanda giocando con il contrasto tra il “signor Kanniverstand” da un racconto di Johann Peter Hebel e il “Signor Sorry”, insistentemente nominato secondo Böll dagli irlandesi, che si scusano continuamente. Sarebbe del tutto inutile continuare con l’elenco di contrapposizioni riscontrabili nel testo fra Irlanda ed Europa, o forse proprio confronti con la Germania stessa come nel caso della descrizione delle strade: queste, in Irlanda, appartengono alla Natura, in Germania ai motori. Inoltre, in questo luogo perfino l’ubriacarsi è visto con emozione, qualcosa di poetico, un’immagine quasi mitologica nella sua bellezza antica. L’uomo che beve lo fa per “affondarsi, credente o miscredente, nell’abisso del tempo, a spingere stancamente la barca che dondola senza senso e senza scampo sotto la spinta dei remi, giacché ogni barca è trascinata senza remissione verso le scure acque dello Stige.” (p. 31)
In sintesi, l’atmosfera continuamente riscontrabile tra le pagine de Irisches Tagebuch è quella pura e innocente di un bambino, che scopre continuamente sensazioni e concetti ovvi, ma lasciando vedere chiaramente al pubblico la meraviglia della semplicità. La parola stessa dell’autore è semplice e chiara e le narrazioni non sono racchiuse in giornate, bensì in avvenimenti, quasi fossero brevi racconti. La tendenza a scrivere storie di breve durata e l’uso di un linguaggio piano – anche se non spoglio – è interpretata come un sintomo degli anni di dittatura nazionalsocialista in Germania ed è infatti il genere maggiormente utilizzato dallo stesso Böll, che nel secondo dopoguerra si trova a utilizzare una lingua che era stata a lungo e fortemente maltrattata dalla propaganda e dall’ideologia nazista, al punto che parole di uso comune avevano acquisito connotazioni terribilmente negative perché associate al nazismo. È il caso di campo, fumo, lealtà, onore, patria, gas e tante altre. Queste continue sensazioni legate alla lingua rendevano difficile una nuova produzione sia a scrittori e scrittrici esperte che a coloro che iniziavano dopo la guerra a impugnare la penna. A questa prima questione sociologica se ne aggiunge una seconda, ovvero il fatto che dopo una chiusura nel mito della letteratura tedesca finalmente era possibile volgere lo sguardo senza paura alle letterature straniere. Tra queste risalta soprattutto quella americana con Ernest Hemingway e i suoi esempi di racconto. Infine, la scarsità di materie prime – e quindi anche di carta per la scrittura a mano e poi per la stampa – rese più accessibile la pubblicazione di storie brevi rispetto ai romanzi.
Certamente in questa verde Irlanda non mancano le visioni alterate di ciò che è al di fuori dei confini, infatti, l’autore racconta come si trovò a dover spiegare al suo amico irlandese Padraic la vera natura di Hitler e di aver dovuto chiarire alcuni punti su cui la popolazione irlandese, così isolata rispetto all’Europa, pareva essere disinformata. La lontananza fisica si riflette nella distanza spirituale, per cui le notizie vengono filtrate da chilometri e chilometri e spesso impediscono a chi le riceve di comprendere appieno e percepire la sofferenza di chi vive queste esperienze, durante la Seconda Guerra Mondiale come anche al giorno d’oggi. Allo stesso tempo, tuttavia, il popolo irlandese è in grado di ridere di qualunque avvenimento negativo si abbatta su di esso, trovando in questo modo una via di fuga dagli innumerevoli problemi che hanno coinvolto questa terra, quali la carestia e la conseguente emigrazione anche durante il corso del Novecento. Così Böll descrive questa innocente tendenza alla risata:
“Basta saper descrivere i tormenti di una frattura vertebrale, per esempio, indugiare sui particolari di una spalla lussata nelle mani dell’ortopedico o su quelli, magari, di un cranio sfracellato, ed ecco l’uomo dalla gamba rotta andarsene giulivo zoppicando e proclamarsi beato per la sua tanto mite malasorte. […] ‘It could be worse’, poteva andar peggio […].” (p. 148)
Tornando a parlare delle tipologie di narrazione presenti nel libro, si può notare come il viaggio sia la scusa per l’unione di storie diverse, non necessariamente legate fra loro, ma raccontate con lo stesso sguardo stupito di uno straniero che nella sua fuga dal tragico passato tedesco comprende e condivide l’utopia insita nello stile di vita della popolazione irlandese, che nella miseria è capace di trovare la gioia. Esemplificativa è la storia della signorina McNamara in attesa del suo undicesimo figlio, che come gli altri nascerà intorno a settembre, ovvero nove mesi dopo il ritorno del padre dall’Inghilterra o da altri luoghi in cui si è dovuto trasferire per lavorare. Questi erano uomini che a malapena conoscevano i figli, essendo sempre al lavoro in altre terre. Questa fu tra le descrizioni che più risvegliarono interesse nel pubblico tedesco per la nazione irlandese, soprattutto in riferimento a queste condizioni di vita che imponevano che la maggior parte della famiglia si trasferisse, non appena raggiunti i quattordici anni, in Inghilterra, negli Stati Uniti o in qualche altro luogo dall’aspetto di una terra promessa. Anche queste storie, ricche di povertà e bisogno, appaiono bucoliche, pure e affascinanti a chi si è trovato a soffrire non per magri raccolti, ma per la malvagità di altri esseri umani.
Nonostante le condizioni economiche del paese, Böll non rinuncerà a tornare il più possibile in questa sua seconda patria. In Irisches Tagebuch narra la sua prima visita all’isola, in un viaggio di giorni per arrivarvi assieme a moglie e figli, con i quali tornò appunto più volte nel corso degli anni seguenti per rimanervi anche 3-4 mesi ogni anno. La famiglia passava qui periodi felici, come testimonia il figlio René, senza telefoni o altre comodità, una vita che pare incredibile rispetto a quella che lui stesso visse solo 40 anni dopo. Per una chiamata era necessario attendere dalle 6 alle 8 ore e in molte case non era nemmeno presente l’acqua corrente. Questo imponeva che anche i bambini fossero di aiuto in casa, soprattutto in quelle famiglie che non erano in vacanza ad Achill Island, bensì che vi abitavano da sempre e in cui solo la madre si occupava delle faccende domestiche, spesso con figli in grembo. Questo stile di vita concedeva tuttavia ai figli di Heinrich Böll una certa libertà di cui non avrebbero goduto a Colonia. Anche per il padre l’Irlanda rappresentava un momento di libertà, a suo parare in particolare si trattava di una libertà dalle comuni preoccupazioni, come esprime nelle sue descrizioni delle birrerie: in Germania quando si beve si parla di guerra e non si trova quindi sollievo in un momento di svago, mentre in Irlanda il clima è diverso e il bere assieme porta a chiunque allegria.
L’esperienza di Böll rappresentata in questo libro rispecchia certamente l’idea di utopia irlandese nominata in diversi testi di critica letteraria, è tuttavia necessario sottolinearne le basi reali, l’assenza di inganno nella descrizione della condizione economica di questa terra. L’utopia di Böll non è, infatti, idealizzazione dell’intera esistenza sull’Isola di Smeraldo, bensì un’accettazione spirituale dell’Irlanda, con tutte le difficoltà pratiche della vita che viene lì trascorsa. Si tratta dell’accettazione di una terra reale, bellissima e accogliente non in quanto sovrannaturale, bensì in quanto terra umana non toccata dagli orrori dell’ennesima guerra che sconvolge il mondo.
Bibliografia:
Heinrich Böll, Diario d’Irlanda, Oscar Mondadori, con un’introduzione di Italo Alighiero Chiusano, Milano, 1961.
Heinrich Böll, Irish Journal, con un’introduzione di Hugo Hamilton, Melville House Publishing, 2011.
Robert C. Conard, Understanding Heinrich Böll, University of South Carolina Press, Columbia, 1992.
Materiale multimediale:
Giorgia Guerrieri, Heinrich Böll’s „Irisches Tagebuch“: https://www.academia.edu/33622958/Heinrich_B%C3%B6_lls_Irisches_Tagebuch
Die große Literatour – „Heinrich Bölls Irland Film“ von André Schäfer und Jonas Niewianda rbb 2016: https://www.youtube.com/watch?v=WM9PFgy3yXM
Ansichten: „Heinrich Böll und Irland. Betrachtungen über den irischen Regen“. Incontro della Biblioteca cittadina di Köln: René Böll im Gespräch mit Nadine Michollek https://www.youtube.com/watch?v=ww7JmC2RV7Q
Apparato iconografico:
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