Marco Jakovljević
Pubblicato in Slovenia nel 2016 e tradotto in italiano per Wojtek Edizioni da Lucia Gaja Scuteri nel 2022, Lampreht (titolo originale “Glas noči”, letteralmente “La voce della notte”) di Kazimir Kolar affronta con spietata sincerità e crudezza, attraverso la storia del protagonista, Kazimir Lampreht, non solo i problemi psicologici di un unico individuo, bensì quelli di un’intera società – quella Slovena.
Link al libro: https://www.wojtekedizioni.it/prodotto/lampreht/
In varie occasioni, che si tratti di tempi precedenti o successivi all’indipendenza della Slovenia dalla Jugoslavia nel 1991, nella letteratura, nel cinema, ma anche nella musica del paese alpino sono stati affrontati temi di carattere psicologico (il suicidio primo tra tutti) in relazione proprio alla popolazione slovena. Si pensi alle canzoni degli Otroci Socializma (“I figli del socialismo”, gruppo punk lubianese attivo negli anni Ottanta) come Pejd’ ga pogledat, Brane! (“Vallo a vedere, Brane!) o a film come la commedia dolce-amara Kajmak in marmelada (“Kajmak e marmellata”, film del 2003 diretto da Branko Đurić) o al bellissimo e drammatico Razredni sovražnik (“Nemico di classe”, 2013, diretto da Rok Biček). A fare da fil-rouge tra questi tre esempi è il tema del suicidio: in Pejd’ ga pogledat, Brane! un ragazzo parla del suicidio del proprio vicino di casa e di come la madre lo abbia spinto ad andare a vederne il cadavere per puro spettacolo, per pura curiosità; in Kajmak in marmelada il protagonista, un bosniaco che vive a Lubiana, prende in giro il vicino di casa, un impeccabile sloveno che non nasconde il proprio disprezzo per i non-Sloveni, dicendogli che gli sloveni sono depressi e inclini al suicidio; in fine, Razredni sovražnik tutto ruota attorno al suicidio di una studentessa, che scatena violente reazioni da parte degli studenti, che tentano di usare il fatto per scatenare una rivolta, per poi scoprire di avere molti più problemi della compagna di classe, problemi che riflettono quelli della loro società di appartenenza. Emblematica la frase di uno studente cinese che, dopo un litigio, sibila ai propri compagni sloveni: “Voi Sloveni…se non vi ammazzate da soli, vi ammazzate tra di voi”. È chiara la preponderanza del tema nella società slovena contemporanea. La Slovenia, paese modello all’interno del contesto jugoslavo, pur essendo stata sempre parzialmente distaccata da esso, dopo un veloce e relativamente poco sanguinoso processo di indipendenza si è ritrovata a fare i conti con una nuova realtà, con un nuovo contesto (quello democratico) a cui non era abituata. Gli Sloveni, da sempre oppressi, ma allo stesso tempo diligenti, lavoratori, silenziosi e poco inclini alla lotta violenta, dopo aver atteso per secoli un proprio stato indipendente sono passati dall’essere la forza trainante dell’economia di una federazione (la Jugoslavia) all’essere, pur con un tenore di vita non indifferente, una piccola goccia nel mare dell’Europa unita. Oltre ciò, i problemi del passato, come le divergenze risalenti alla Seconda guerra mondiale tra sostenitori dei partigiani e sostenitori dei collaborazionisti o il tentativo di distacco da un passato socialista adesso visto come scomodo, hanno risvegliato traumi e provocato confusione, disorientamento.
Tutto questo si evince anche dal Lampreht di Kolar. Il protagonista Kazimir, affetto da psicosi, si apre al lettore (nel primo capitolo attraverso le conversazioni con uno psicologo, nel resto del libro attraverso una narrazione classica in prima persona), parlando dei propri problemi, del suo sentimento di distacco dalla società, nella quale non riesce evidentemente ad ambientarsi. E riemergono, quasi regolarmente, ricordi che si ricollegano ad un passato controverso e a elementi di una cultura popolare ormai superata, perduta: il giuramento dei pionieri, i massacri dei partigiani alla fine della Seconda guerra mondiale (divenuti argomento scottante alla fine degli anni Ottanta), la corta guerra per l’indipendenza. Sono ricordi e ferite fresche, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che la storia di Kazimir è ambientata tra gli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio, che inevitabilmente hanno avuto il proprio ruolo nella formazione psicologica di un ragazzo che è costantemente alla ricerca di un posto nel mondo. Ricerca che porta spesso a risultati insoddisfacenti, quando non fuori luogo. Kazimir prova a intraprendere la carriera di professore di storia, di assistente ostetrico, di custode, addirittura di coltivatore di marijuana, scontrandosi ogni volta con la durezza del lavoro, dei colleghi, con le proprie paranoie e con la propria sfortuna. È un ragazzo, Kazimir, a cui la propria psicosi impedisce di pensare con lucidità, di affrontare i problemi della vita con maturità e di separarsi dal proprio perenne sentimento di straniamento, che lo rende un outsider in un paese che dell’essere outsider a suo tempo fece il proprio cavallo di battaglia.
Eppure, questo ragazzo “perduto” non manca di certo di intelligenza e, soprattutto, di spirito di osservazione. Precise, crude, ironiche e, talvolta, affascinanti sono le descrizioni che Kazimir fornisce al lettore. L’attenzione posta sui dettagli, sui singoli elementi (che siano gesti, parti del corpo, parole, oggetti presenti nello scenario che apparentemente hanno un ruolo secondario) che il protagonista ha davanti dà l’impressione di avere, accanto al testo narrato, delle fotografie o dei fotogrammi precisi e ben messi a fuoco di un filmato. In questa maniera il racconto acquisisce ancor più sostanza e chi legge riesce a focalizzare meglio il punto del discorso di Kazimir e ciò che egli vede, entrando ancor di più in empatia con lui e immergendosi con più efficacia nella narrazione.
Non a caso, inoltre, il titolo originale dell’opera è Glas noči, “La voce della notte”. Le vicende di Kazimir sono spesso narrate e ancor più spesso avvengono durante le ore notturne, quando, con meno distrazioni dovute al mondo esterno, la mente, sola con sé stessa, produce ogni tipo di pensiero, paranoia, fa emergere vecchie e nuove paranoie, rielabora i ricordi e le situazioni attuali. Ed è così che i discorsi del protagonista risultano malinconicamente intimi e il lettore, a sua volta, inizia ad apprezzare la notte, la sua calma, il suo silenzio, dove, a differenza del giorno e delle sue luci, nessuno lo rincorre, nessuno gli dà la caccia, ma è solo con sé stesso. E se è vero che spesso il nemico più grande di un singolo individuo è il singolo individuo stesso, è molto meglio conoscere la natura di chi ci minaccia e conviverci nell’oscura pace della notte, che essere in balia della massa di gente che popola il giorno.
Apparato iconografico:
Immagine di copertina: http://www.ludliteratura.si/avtor/kazimir-kolar/
Immagine 1: https://www.ibs.it/lampreht-libro-kazimir-kolar/e/9788831476294
Immagine 2: https://old.delo.si/kultura/knjiga/o-osamosvojitvi-z-ohlajenimi-glavami.html