Paolo Ciocci
Lo scorso novembre è stato pubblicato per Miraggi Edizioni romanzo senti/mentale (“senti/mentalní román”), opera con cui la scrittrice ceca Bianca Bellová ha esordito in patria nel 2009. La traduzione italiana è stata curata da Laura Angeloni, che ha tradotto per la stessa casa editrice anche Il lago (“Jezero”) e Mona.
Link al libro: https://www.miraggiedizioni.it/prodotto/romanzo-senti-mentale/
romanzo senti/mentale è stato un esordio accolto in maniera positiva in Repubblica Ceca, in cui è già riconoscibile il denso intreccio di tematiche quali la dimensione mitica dell’infanzia, l’impossibilità di fuga da contesti familiari ambigui e l’incomunicabilità, presenti anche nei suoi romanzi successivi. La voce con cui tali tematiche risaltano già dalle prime pagine dei suoi romanzi ha portato Bellová ad essere una delle scrittrici ceche contemporanee più inconfondibili e apprezzate anche all’estero.
La gran parte del romanzo è strutturata su brevi capitoli che, partendo da oggetti ed elementi della quotidianità, procedono a ritroso nel tempo fino a focalizzarsi sulla figura di Eliška, sulla sua morte e sui suoi rapporti con le due voci narranti, Nina ed Eda, rispettivamente sorella e fidanzato di Eliška. Come evidenziato anche dalla prefazione di Angelo Di Liberto, l’alternanza tra queste due voci, entrambe in prima persona, genera una confessione dell’assenza che ha la duplice funzione di mappare le geografie familiari del passato di Nina ed Eda e di mettere in luce l’ambiguità morale del tempo presente come sepoltura incompleta del passato stesso.
“Com’è possibile che tutti questi anni, che mi predicevano un promettente futuro, stiano in tre cassetti? Come può la dimensione della memoria differenziarsi a tal punto dalla dimensione che queste testimonianze eterne ci presentano in modo tanto fallace? […] come può un ricordo così, lungo milioni di anni luce, ridursi a tre cassetti che puzzano di stantio?” (p. 61)
L’elemento della morte rientra quasi per caso nelle vite dei due protagonisti all’inizio del romanzo: Eda vede morire un uomo ubriaco durante una festa aziendale e viene incaricato di comunicarne la morte alla vedova, mentre Nina si ritrova a mettere ordine nella sua vecchia casa all’indomani della morte improvvisa di sua madre. Entrambi gli episodi fungono da pretesto per catalogare oggetti, propensioni e idiosincrasie quotidiane da cui costruire due diverse narrazioni dell’assenza, che sono tuttavia simili nel mostrare come la nettezza cristallina del presente sia contenuta e costruita sull’opacità indefinita di un passato che non è né statico né innocuo. La maniera con cui Eda e Nina raccontano e percepiscono la morte funge dunque da mezzo tanto per mettere in luce le crepe della stabilità morale e psicologica del presente in cui entrambi si erano rifugiati con una stanca e fragile compostezza, quanto per mostrare la connessione di questa impostazione presente con la mutevolezza e l’ambiguità interpretativa del loro passato condiviso con Eliška.
“d’altronde chi mai andrebbe a una messa in mezzo all’acqua? Nell’immagine sembrava aleggiare un grido o uno sparo; tutt’intorno alla chiesa era pieno di uccelli in volo, forse gabbiani. Per il resto era lugubremente quieta, sentivo quasi l’odore putrido dell’acqua; come un quadro dipinto da un malato psichico. Un santuario trasformato in una porta per l’inferno.” (p. 42)
Bellová affida all’elemento dell’acqua molteplici ruoli simbolici. Si può infatti ritrovare questo elemento in molti punti cruciali dei suoi romanzi, fino ad assumere quasi un ruolo di personaggio attivo ne Il lago, dove riflette tanto lo scontro del protagonista con la crudeltà del suo paese, quanto l’intento ecocritico di Bellová verso il sovrasfruttamento di ambienti naturali e quasi mitologici. Quest’ultima dimensione è assente in romanzo senti/mentale, nonostante venga menzionata la creazione del bacino idrico artificiale di Nové Mlýny con conseguente distruzione dell’omonima foresta e del villaggio di Mušov, nonché luogo di una vacanza giovanile dei protagonisti. Tale episodio serve invece in primo luogo a fare da eco alla distruzione delle geografie dell’infanzia ad opera dei legami familiari e sentimentali in cui dominano l’incomunicabilità e la violenza: Eda e Nina intuiscono un’infanzia come tempo della spensieratezza che a loro viene negata, rispettivamente, da un padre abusante e manipolatore e dal perenne paragone con la genialità artistica di Eliška. Bellová restituisce tutta la crudezza di queste dimensioni familiari mostrandone tutte le complessità in cui Eda e Nina si ritrovano irreversibilemente intrappolati da adulti. In secondo luogo, serve ad incarnare un processo di rimozione e inabissamento del trauma e del passato ad opera dello scorrere del tempo. Inabissamento che risulta però essere incompleto, manifestandosi come una compostezza del tempo presente fragile e stanca, suscettibile di essere intorbidita dal passato inabissato.
L’altro ruolo simbolico assunto dalla presenza dell’acqua è quello di rendere tangibile l’incomunicabilità non solo tra i diversi personaggi del romanzo, ma anche tra le confessioni delle due voci narranti e la verità sulla morte di Eliška. In questo senso è però Eliška stessa a fare da matrice all’incomunicabilità, stratificata nel tempo e in forme diverse di violenza, tra tutti i personaggi presenti. Allo stesso modo di Lila ne L’amica geniale, Eliška sorregge la storia pur non essendo quasi mai voce narrante, muovendosi nel romanzo come un genio occulto che provoca simultaneamente attrazione e repulsione negli altri personaggi, catalizzandone le dinamiche date dai loro tentativi di impadronirsene o di imitarla senza mai riuscire realmente a comprenderne i moti interiori. L’unica eccezione si ha quando Bellová riporta un frammento dei diari di Eliška, che tuttavia non restituisce né a Eda e Nina, né al lettore, alcuna verità assoluta e nemmeno un accenno di comprensione degli intenti e dei desideri di Eliška. Ad emergere è proprio il senso di lacerazione di fronte all’impossibilità comunicativa all’interno delle geografie familiari, incomunicabilità che non viene vinta nemmeno dai linguaggi dell’arte. A dispetto del suo essere considerata come un astro nascente delle arti visive, la tensione comunicativa di Eliška e il suo sfociare in un’esasperazione afona vengono esplicitate dal suo desiderio che “il mio corpo, il mio viso, fossero informi, amorfi, vorrei che non raccontassero nulla della mia essenza, di ciò che rappresentano” (p. 129). I diari si fanno carico di questa dimensione emotiva irreparabilmente danneggiata comune a tutti i personaggi, e proprio per questo motivo non possono avvalorare nessuna delle diverse illusione di verità a cui Eda e Nina cercano di fare affidamento per costruire un equilibrio presente al riparo dall’ambiguità e dalla violenza del passato.
romanzo senti/mentale è il mirabile esordio di Bianca Bellová, che evidenzia tutta la cruda poliedricità di rapporti umani danneggiati già in partenza dalla famiglia e dalla sua intrusione nella vulnerabilità dell’infanzia, rendendo impossibile qualsiasi forma di completezza e stabilità nella dimensione emotiva dell’età adulta, a prescindere quanto si cerchi di inabissare il passato o di inglobarlo conformandosi alle sue dinamiche di violenza.