Martina Mecco
L’uomo non è fatto per vivere nella prigione di un corpo e di un tempo
(p. 249)
Georgi Gospodinov, poeta e prosatore nato a Jambol nel 1968, è una delle voci più importanti della letteratura bulgara contemporanea. L’entrata nel panorama editoriale italiano è stata sancita nel 2007 con la pubblicazione del suo esordio in prosa, Romanzo naturale (Естествен роман, 1999) da parte di Voland. La casa editrice ha successivamente pubblicato un altro successo editoriale dell’autore, Fisica della malinconia (Физика на тъгата, 2011) e tre raccolte di racconti. Con Cronorifugio (Времеубежище, 2020) Gospodinov si presenta nuovamente ai lettori italiani, grazie alla traduzione di Giuseppe Dall’Agata.
Link al libro: https://www.voland.it/libro/9788862434201
C’è un’immagine realizzata dallo scrittore tedesco Walter Benjamin all’interno delle sue Geschichtsphilosophische Thesen (“Tesi di filosofia della storia”) che mostra particolarmente bene la condizione dell’uomo sommerso dall’instancabile spinta del progresso. Riprendendo un famosissimo quadro del pittore Paul Klee, Benjamin sfrutta la forza simbolica della figura dell’angelo della Storia, che, rivolgendo lo sguardo al passato, viene sospinto da una tempesta verso il futuro. L’aspetto interessante della tesi benjaminiana risiede nella posa dell’angelo, nella direzione in cui volge lo sguardo. La questione del passato e il rapporto che l’individuo instaura – o dovrebbe instaurare – con esso è un tema particolarmente caro alla letteratura contemporanea, punto di arrivo di un processo di rielaborazione dello stesso iniziato all’indomani del secondo conflitto mondiale, la cui fine ha segnato un punto di svolta per gran parte del continente europeo. Diversi, infatti, sono gli autori che si sono interrogati sulla questione del passato, sia sul piano più ampio della memoria culturale, sia per quanto concerne la questione privata, basti pensare all’opera Street without a name dell’autrice di origini bulgare Kapka Kassabova. La questione dell’attaccamento al passato e il recupero di quest’ultimo – con tutti gli effetti e le ripercussioni che ne conseguono – sono due dei perni attorno a cui ruota il romanzo di Gospodinov. Già all’interno del titolo dell’opera è possibile comprenderne la chiave di lettura, il termine “cronorifugio” – in bulgaro времеубежище – viene introdotto nella prima sezione:
“E credimi, un giorno, molto presto, molti cominceranno a scendere nel passato da soli, a “perdere” la memoria di propria volontà. Si profila un tempo in cui sempre più persone vorranno nascondersi nella loro grotta e tornare indietro. E non da una bella situazione, in ogni caso. Dobbiamo essere pronti con rifugi antiaerei del passato. Chiamali pure, se vuoi, cronorifugi.” (p.50)
A pronunciare queste parole e a coniare il significato di “cronorifugio” è il personaggio Gaustìn, il cui nome non è nuovo all’interno della prosa di Gospodinov. Difatti, lo si ritrova già in L’uomo dai tanti nomi, contenuto nella raccolta …e altre storie (И други истории, 2001), dove la descrizione del personaggio risulta particolarmente affine a quella che riguarda, invece, la figura centrale di Cronorifugio. Nel racconto Gaustìn è infatti delineato come un uomo misterioso e solito al filosofeggiare, viene immerso all’interno di un’aurea di mistero che permane anche nel romanzo, nonostante l’ampio respiro dell’opera e il ruolo di primaria importanza che riveste. Gaustìn entra ed esce dal complesso della narrazione sfuggendo alla volontà del narratore stesso, la cui focalizzazione interna permette la costruzione di un continuo gioco di ribaltamenti metanarrativi: “Non ricordo più se io ho inventato Gaustìn, o lui me.” (p. 307)
Da un punto di vista formale, Cronorifugio è suddiviso in cinque differenti sezioni, dove a dominare è un impianto narrativo che sfugge alle norme tradizionali. Gospodinov, come si nota già in Romanzo naturale, sviluppa una prosa ricca di sperimentazioni a più livelli, dando così forma a una nuova idea di romanzo, in cui “se non ci sono mostri, non ci sono nemmeno eroi” (p. 64). In questa nuova tipologia di romanzo, di “lotta epica senza epos” (p.64), confluiscono stimoli stilistici e tematici differenti – in questi si annoverano, ad esempio, i continui e calzanti rimandi ad opere del panorama letterario internazionale, che convivono con un sostrato di riferimenti prettamente legati a quello bulgaro. Nonostante l’impossibilità di realizzare un epos della contemporaneità e lo sgretolarsi della fabula tradizionale, questa continua sperimentazione è comunque sempre finalizzata al raccontare, tanto che si ritrovano sparsi nel romanzo riflessioni incentrate su come il processo del raccontare debba prender forma. Nonostante, infatti, sia chiaramente presente un tentativo di frammentare la vicenda, cogliendo l’opera con uno sguardo di insieme è possibile rintracciare il permanere di una continuità a livello profondo. La forza della prosa di Gospodinov, in particolare proprio in Cronorifugio, risiede precisamente in questa capacità di mantenere un’omogeneità anche laddove domina un tentativo di scardinare la norma.
Da un punto di vista tematico è possibile rintracciare una continuità, difatti Gospodinov decide di concentrarsi, come già affermato inizialmente, sul tema del passato, cui si lega quello della memoria. A essere ritratta nel romanzo è un’umanità afflitta nel profondo dalla malattia del passato. La tendenza a recuperare ciò che è andato perduto, a conservare il ricordo di quanto si è vissuto, risulta essere un bisogno quasi fisiologico. La fuga dal presente è descritta come uno dei grandi sogni dell’uomo contemporaneo. A questa continua tensione tra un presente che reprime e un passato pregno di malinconia risponde l’invenzione di Gaustìn, ovvero i “cronorifugi”: delle vere e proprie cliniche della memoria, in cui è possibile vivere nel passato. Curare il grande male dell’umanità, ovvero questo estremo bisogno di recuperare ciò che non esiste più, di ricomporre i frammenti di immagini che si presentano come inafferrabili se filtrate dalla patina opaca del ricordo, è il fine di questi luoghi che sono un altrove temporale. I “cronorifugi” sono dunque i luoghi, i tempi, in cui è possibile esiliarsi da un presente tiranno e vivere un passato che non per forza deve appartenere a chi lo esperisce, difatti “il passato non è solo quello che ti è capitato. A volte è quello che ti sei solo inventato.” (p. 53)
L’organo sensoriale prediletto non è la vista e nemmeno l’udito, bensì l’olfatto. Infatti, è attraverso il ricordo di un odore particolare che il passato riemerge secondo una modalità che si potrebbe definire proustiana, non è difatti del tutto erroneo osservare quanto Gospodinov sia per molti aspetti debitore a un’opera come la Recherche. A complicare ancora di più il rapporto con il passato è la natura di quest’ultimo. Difatti, esso si presenta in una forma tutt’altro che monolitica, ma assume sfaccettature differenti a cui un “cacciatore del passato” deve sapersi rapportare. Questa stessa caccia al passato, come viene definita nel romanzo, pone d’innanzi a chi la pratica degli ostacoli tutt’altro che semplici. La forma, oltre al suo carattere metamorfico, assume anche consistenza liquida, difatti esso “si è mosso come un fiume che esce dal suo letto e inonda tutto intorno, sbatte contro le viuzze strette, allaga i pianoterra, si arrampica sulle pareti, fracassa le finestre ed entra nelle stanze […]. Il grande maremoto del passato.” (p. 263). Il passato è insidia e può divenire ossessione, aspetto che Gospodinov riesce a evidenziare particolarmente bene impiegando un riferimento letterario come Melville:
“Gaustìn cominciò gradualmente a cambiare. Il passato si era trasformato per lui in quella balena bianca da inseguire con la passione accecante di Achab. Passo dopo passo, cominciarono a venir meno alcuni principi, inibizioni, che avrebbero potuto ostacolare traguardi più grandi. […] Ogni ossessione ci trasforma in mostri e in questo senso Gaustìn era un mostro, forse un mostro più discreto, ma sempre un mostro.” (p.122-124)
Per concludere, il romanzo Gospodinov mette anche in relazione concezioni del passato differenti: quella degli antichi, per i quali era inconcepibile l’esistenza di una mitologia di quest’ultimo, e quella che alleggia nella contemporaneità, dove l’umanità non rincorre tanto un qualche archè della felicità, ma trova piuttosto uno stimolo nella malinconia. Così, l’indagine del passato diventa indagine anche del presente, cercando di fare ordine in un mondo che sembra essere ancora dominato dalla condizione primigenia del caos.
Apparato iconografico:
Immagine di copertina e Immagine 2: https://bci-russia.ru/media/4290/117445180_1040956039654946_2000849103110828337_n.jpg
Immagine 1: Copertina dell’edizione pubblicata da Voland
Molto interessante, sto leggendo varie recensioni di questo testo. Mi sto convincendo ad acquistarlo. Grazie. Gaetano