Lara Pasquini Perrott
Al termine della Prima guerra mondiale e dopo la formazione del Regno dei serbi, croati e sloveni, nel 1919 nacque il movimento letterario dei giovani (Grupa umetnika – gruppo degli artisti) che vide la luce a Belgrado, la capitale del nuovo stato. In questo periodo di effervescenza letteraria e artistica, nella letteratura serba si formarono diverse avanguardie, fra cui l’espressionismo, il dadaismo e il surrealismo. Al centro di questa nuova sensibilità vi era l’esigenza di liberarsi dal giogo della tradizione e di reinventare l’espressione poetica con forme estremamente moderne. I modernisti serbi di questo periodo furono Miloš Crnjanski, Stanislav Vinaver, Rastko Petrović, Rade Drainac e i surrealisti serbi (per esempio Marko Ristić, Milan Dedinac, Dušan Matić, Koča Popović).
È proprio in questo periodo che – nel cuore di una Belgrado portavoce dell’estrema modernità delle avanguardie – si trasferì la giovane Desanka Maksimović (1898-1993). Desanka, appena iscritta all’università di Belgrado, consegnò il suo quaderno di poesie a Sima Pandurović, uno degli editori della rivista “Misao” (“Pensiero”), che lo diede a sua volta al suo collega Velimir Živojinović Masuka. Quest’ultimo ne rimase entusiasta e si impegnò a pubblicarle tra il 1920 e il 1921. Ben presto altre sue poesie vennero pubblicate nella rivista più conservatrice “Srpski književni glasnik” (“Il messaggero letterario serbo”).
Ciononostante, la poetica di Desanka fu giudicata severamente da altri redattori della rivista “Misao”. Venne denominata come un’autrice tradizionale e fin troppo vicina alla poesia epica medievale serba. Molti critici letterari continuarono a considerare la poesia della Maksimović troppo semplice, insufficientemente elaborata, superficiale, seppur seducente ritmicamente e musicalmente. In seguito, in un ambiente letterario e intellettuale a prevalenza maschile, le furono rivolti anche molti pregiudizi di genere. Uno dei primi a esprimersi in tal senso fu, nel 1924, il rinomato critico Milan Bogdanović, il quale, nella recensione alla sua prima raccolta, diceva che si trattava “di una letteratura tipicamente femminile, con tutti i pregi e i difetti che implicava questa categorizzazione.” Dopo esser trascorsi quasi trent’anni, nel 1952, il surrealista Marko Ristić sottolineò il fatto che nonostante Desanka avesse prodotto innumerevoli componimenti, era la prova vivente che non si dovrebbe prendere come regola l’idea che la quantità rappresenti la qualità dell’opera.
Inoltre, è interessante notare come circa un secolo dopo dalla prime critiche rivolte all’autrice, l’opera di Maksimović sia stata oggetto di un dibattito molto acceso. In Serbia, nelle aule del Ministero della Pubblica Istruzione, riecheggiava l’idea di voler togliere le sue celebri raccolte Pesme (“Poesie”, 1924) e Tražim pomilovanje (“Chiedo grazia”, 1964) dal programma della terza e quarta liceo. Fortunatamente, a seguito di proteste e forti commenti di indignazione, nell’estate del 2020, il ministro della Pubblica Educazione ha ammesso che la poetessa non sarebbe stata tolta dal programma di letteratura delle scuole superiori.
Polemiche à part, pur restando all’interno del canone tradizionale, questa autrice, professoressa e membro dell’Accademia Serba delle Scienze e delle Arti dal 1965, riuscì a elaborare una poesia degna di essere coronata da numerosi premi letterari importanti, fra cui AVNOJ (1970), Vuk (1974) e Njegoš (1984).
Ivan V. Lalić definì Desanka Maksimović come una poetessa che era “sempre autentica nella propria fedeltà a sé stessa, alla propria natura e alla propria poesia […] e questa costanza si trova nel suo linguaggio, nella genesi dell’immagine, nel senso della vita in poesia, nella relazione del soggetto poetico con il mondo. Si tratta forse di una profonda fiducia nel mondo, di un senso di armonia con le pulsazioni del mondo e del riconoscimento dei segnali che questo emette. È stato così, forse, che è nato questo linguaggio poetico di una inesauribile freschezza.”
La poetica di Maksimović è paragonabile per la sua immediatezza e spontaneità a quella di Jacques Prévert. Desanka, come il famoso poeta francese, penetra il cuore delle persone, diventando una sorta di poetessa del popolo. Non a caso Maksimović è stata una delle autrici più amate e citate nella memoria collettiva dell’ex-Jugoslavia.
Le fasi poetiche di Maksimović possono essere comparate alle mezze stagioni. La fase giovanile è sicuramente l’emblema della primavera, caratterizzata da una rinascita eterna dell’io lirico in totale armonia con la natura e gli uomini. La fase della maturità assume invece le sembianze dell’autunno, dove le foglie ingialliscono, cominciano a marcire e cadono, poiché con il passare degli anni, le esperienze amare della vita lasciano delle ferite che forse neanche Dio può più curare.
Le sue poesie giovanili, raccolte nel volume Pesme del 1924, sono degli inni all’amore e alla natura. Vi troviamo spesso l’evocazione di un locus amoenus dove serpenti, uccelli, una verde foresta e un uomo-albero vivono in pace ed armonia. In questo microcosmo paradisiaco, emergono la grande sensibilità e umanità di Desanka verso tutti gli uomini, gli animali e il mondo vegetale. Inoltre, da un punto di vista tematico e stilistico, Maksimović si ispira ai componimenti tradizionali giapponesi: gli haiku. A tal proposito, Desanka nella prefazione del libro Ozon zavičaja (“L’ozono della patria”, 1990) ammise la sua ammirazione verso la poesia tradizionale giapponese.
La poetica di Maksimović viene erroneamente considerata semplice, poiché in realtà le sue fonti letterarie sono molteplici. Senza ombra di dubbio, è un’erede dell’altissima poesia orale dei cicli epici serbi, della poesia tradizionale giapponese, ma è anche figlia del Romanticismo serbo, in particolare del poeta romantico Branko Radičević.
I suoi componimenti sono ricchi di simboli, di cui uno molto ricorrente è il vento. Il vento che si presenta nel suo duplice volto, da una parte è un elemento naturale che si infrange tra i due amanti soli nella foresta, dall’altra è nel senso biblico la voce di Dio.
Tuttavia, Desanka non si schierò mai a favore dello sperimentalismo poetico tipico delle avanguardie, come si può notare per esempio nella sua celebre poesia Strepnja (“L’ansia”). In questa lirica, vi è una rappresentazione pudica e delicata di uno sguardo tra due innamorati, dell’ansia dell’incontro e del rifiuto di un amore carnale. Un amore che deve rimanere platonico e spirituale. Si tratta dunque di una rinuncia all’amore, un Leitmotiv che si ritrova spesso nelle liriche dei cicli epici della poesia medievale serba.
“Ne,nemoj mi prići!Ima više draži / Ova slatka strepnja, čekanje i stra` – No, non t’avvicinare! È molto più suadente / quest’ansia dolce di paura e d’attesa. […]
Ne, nemoj mi prići! Našto to, i čemu? / Iz daleka samo sve ko zvezda sja – No, non t’avvicinare! Perché farlo e a che scopo? / Soltanto da lontano tutto splende come una stella […]”
Nonostante l’io lirico di Maksimović si sia fatto portavoce della bellezza della madre terra, che protegge e dona pace all’anima, è stato anche un je engagé.
Nel corso della sua vita Desanka fu una brava educatrice e gli studenti furono per lei i figli che non aveva mai avuto. Negli anni Quaranta, la sua coscienza non riuscì a rimanere in silenzio e si impegnò a portare testimonianza della tragedia di una rappresaglia nazista a Kraguljevac, in cui fu fucilata un’intera generazione di studenti del ginnasio locale, assieme agli insegnanti. Questa poesia è, da una parte, un grido di dolore e di protesta contro l’orrore e l’insensatezza della violenza e, dall’altra, un modo per ricordare le vittime innocenti di questo tragico evento.
“Krvava bajka (“Favola sanguinaria”)
Avvenne in un paese di contadini
nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni
in un giorno solo morì
di morte gloriosa.
Avevano tutti la stessa età,
scorrevano uguali per tutti
i giorni di scuola, andavano alle cerimonie in compagnia,
li vaccinavano tutti
contro la stessa malattia.
Morirono tutti in una giornata sola.
[…]
Stringevano in saccoccia con ardore
una manciata di comuni sogni,
di comuni segreti
patriottici e d’amore.
E ognuno, lieto della propria aurora,
credeva di poter correre molto
tanto ancora
sotto l’azzurro tetto rotondo
fino a risolvere
tutti i compiti di questo mondo.
[…]
File intere di ragazzi
Si presero per mano
e, dall’ultima ora di scuola,
si avviarono alla fucilazione
calmi, col cuore forte,
come se nulla fosse la morte.
File intere di compagni
salirono nella stessa ora
verso l’eterna dimora.”
Nella fase della maturità di Maksimović spiccano due raccolte: Tražim pomilovanje (“Chiedo grazia”, 1964) e Nemam više vremena (“Non ho più tempo”, 1973).
Nella raccolta Tražim pomilovanje, Desanka si confronta in un dibattito lirico, con il codice delle leggi dello Car Dušan, codice medievale serbo di cui rifiuta la crudeltà, contrapponendogli una filosofia del perdono e della pacificazione di natura quasi religiosa. Questa raccolta, libro di poesie o poema – come la definirono gli studiosi – attirò subito una grande attenzione dopo la sua pubblicazione. Molti conclusero frettolosamente che l’opera si faceva portavoce del canone etico e morale della Chiesa ortodossa. Tuttavia, questa raccolta, estremamente originale e talvolta impenetrabile, descrive la totalità dell’esistenza umana.
Le poesie esprimono la convinzione che il pensiero divino si rifletta nella testimonianza dell’umanità. Solo quando un uomo si riconosce in un altro diventa spiritualmente illuminato e viene condotto alla sua essenza interiore. La poetessa implora dunque il perdono universale per le “anime imprigionate”, perché le persone sopraffatte dalla debolezza trascurano la luce della gentilezza interiore. Desanka in questa raccolta è riuscita ad unire una ricerca religiosa, storica, lirica e metafisica di cui il filo conduttore è l’essere umano. Ha testimoniato che la misericordia è il sentimento più alto dell’etica e che se due uomini riescono a comprendersi, a provare empatia l’uno per l’atro, allora in quel momento, lo spirito di Dio è con loro.
Infine, nella raccolta Nemam više vremena, l’autrice prende in considerazione questioni legate alla fine della vita e al suo senso, e alcune di queste poesie risultano fra le sue creazioni più riuscite.
“Nemam više vremena za sitnice, / treba sad misliti na večno i neobuhvatno.
Non ho tempo per le piccole cose, /Adesso si dovrebbe pensare all’eterno e all’incomprensibile
[…] Nemam više vremena za bogove tuđe, / ni svoga nisam dobro upoznala.
Non ho tempo per gli dei altrui / Non ho conosciuto bene neanche il mio
[…] Nemam više kad da se pridružujem / ni onima koji istinu dokazuju.
Non ho più tempo per unirmi / neanche a coloro che dimostrano la verità.
[…] Nemam kad da sanjam, da lagano koračam.
Non ho tempo per sognare, per camminare lentamente.”
Desanka Maksimović morì l’11 febbraio del 1993 a Belgrado, all’età di 95 anni. Fu seppellita a Brankovina, dove trascorse la sua infanzia e frequentò la scuola elementare, che fu ricostruita in suo onore. Inoltre, dopo la sua morte venne fondata la “Fondazione Desanka Maksimović”, che oggi organizza il premio letterario a lei intitolato.
La sua tomba si trova al centro di un bosco, in un piccolo angolo di paradiso, dove si odono il canto degli uccelli sui rami degli alberi, il miagolio di alcuni gatti che le girano attorno e i passi dei visitatori che le rendono omaggio.
Bibliografia:
Milan Bogdanović, Desanka Maksimović: Pesme, Beograd, “Srpski književni glasnik”, knj. 13, br.4, 1924, pp. 309–311.
Milan Bogdanović, Desanka Mаksimović: Zeleni vitez, Beograd, “Srpski književni glasnik”, knj. 31, br. 1, 1930, pp. 63–68.
Ljubica Đorđević, Pesničko delo Desanke Maksimović, Beograd: Filološki fakultet, 1973.
Sanja V. Golijanin Elez, “Modernost slovenskih impulsa (dijalog autor-junak) u pesničkom delu Desanke Maksimović – ontološke premise slovenskog bratstva”, Nasleđe 37, 2017, pp. 87-108.
Ivan V. Lalić, “Poezija Desanke Maksimović”, in Književnost, 1970, n. 2; qui riportato da: Savremena poezija, a cura di Sveta Lukić, Beograd, 1973, pp. 213-221. Traduzione in italiano in Bojan Mitrović, Marija Mitrović, Storia della cultura e della letteratura serba, Lecce, Argo, 2015, p. 134.
Nebojša Lazić, “Fenomen mikrokosma u poeziji Desanke Maksimović”, in Baština, Priština, sv. 9-10, 1998-1999, pp. 165- 174.
Desanka Maksimović, Krvava bajka, Beograd, Kultura, 1966.
Desanka Maksimović, Nemam više vremena, Draganić, 1997.
Desanka Maksimović, Ozon zavičaja, Beograd, Draganić, 1997.
Desanka Maksimović, Pesme, Beograd, Prosveta, 1966.
Desanka Maksimović, Zbirka “Tražim pomilovanje”, prir. Ana Ćosić-Vukić, Beograd: Zadužbina Desanke Maksimović, 2007.
Bojan Mitrović, Marija Mitrović, Storia della cultura e della letteratura serba, Lecce, Argo, 2015, pp. 133- 135.
Slavko Petaković, “Metafizičko zaleđe u zbirci Desanke Maksimović Tražim pomilovanje”, in Knjiženstvo, časopis za studije književnosti, roda i kulture, Vol. 6, (2016). DOI: https://doi.org/10.18485/knjiz.2016.1.2
Marko Ristić, “Tražim pomilovanje” Desanke Maksimović, Beograd, Književnost, XX, knj. 43, 9, 1966, pp. 230–235.
Marko Ristić, Književna politika, Beograd, Prosveta, 1952.
Tiodor Rosić, „Tražim pomilovanje“ Desanke Maksimović, Beograd: BIGZ, 2005.
Apparato iconografico:
Foto 1: https://www.rasejanje.info/2020/05/16/na-danasnji-dan-rodena-cuvena-i-slavna-desanka-maksimovic/
Foto 2: https://www.rasejanje.info/2020/05/16/na-danasnji-dan-rodena-cuvena-i-slavna-desanka-maksimovic/