Eleonora Smania
Istemi (Истеми, 2011) è uno tra i primi romanzi pubblicati da Aleksej Nikitin, tradotto in italiano da Laura Pagliara ed edito da Edizioni Voland nel luglio del 2013 come quarantottesimo volume all’interno della Collana Sírin.
Laureato in fisica, Aleksej Nikitin è uno scrittore, giornalista e sceneggiatore ucraino conosciuto per pubblicazioni di successo come Mahjong (Маджонг, 2012) – che ha scalato la classifica degli e-book russi e ucraini disponibili su Amazon – e Victory Park (Victory Park, 2014), vincitore del Russkaja Premija e compreso nella short list del premio National Besteller (‘Nacbest’) in Russia quando era ancora in forma di manoscritto. La sua pubblicazione più recente è stato il romanzo dedicato alle recenti proteste di Euromajdan, L’infermiere di via Institutskaja (Санитар с Институтской, 2016).
Libro: https://www.voland.it/libro/9788862431484
Le vicende – che balzano tra due momenti cronologici distinti, ossia il 2004 e il 1984 – vengono raccontate in prima persona da Aleksandr Davydov, addetto alla promozione di una bibita americana per il mercato interno ucraino che si trova a dover investigare sul ricevimento di un ultimatum legato al passato sulla sua posta elettronica. Il documento in questione era stato inventato e utilizzato per un innocuo gioco fantapolitico tra Davydov e i suoi amici ai tempi dell’università, nel quale avevano fantasiosamente reinventato i confini dello scacchiere europeo e asiatico. Tuttavia il gioco aveva attirato l’attenzione del KGB, scatenando così una serie di eventi che portarono all’espulsione di Davydov e dei suoi amici dall’ambiente universitario. Attraverso l’incontro con le tipologie più disparate di personaggi incontrati nella penombra di Kiev, Aleksandr Davydov tenterà di scoprire chi è stato ad inviare l’ultimatum e i segreti dietro agli eventi successi in quel lontano passato con cui si è ritrovato nuovamente a fare i conti.
Ciò che rende affascinante e godibile la lettura del breve romanzo è lo stile ironico, attraverso il quale l’autore tratta gli aspetti tragicomici e scabrosi sia dell’Ucraina del 1984 – ultimo anno in cui l’Unione Sovietica riuscì a mantenere il suo pugno di ferro prima dell’avvento della Perestrojka – sia di quella del 2004, caratterizzata dalle tensioni politiche causate dalle elezioni presidenziali tra Viktor Janukovyč e Viktor Juščenko. Situazioni tragicomiche, rese ancora più surreali dalle reazioni delle persone che vengono colpite in prima persona, vengono poste di fronte al lettore. Sorprende la reazione controllata del protagonista di fronte all’irruzione e perquisizione degli agenti del KGB nella sua casa, descritta come una semplice visita compiuta da conoscenti scortesi e poco intelligenti.
“Avrebbero potuto raccogliere i fogli, legarli con cura, impacchettarli in sacchi di tela catramata e poi sigillarli. Ci sarebbero voluti, al massimo, trenta minuti. Una mezz’ora. Nelle restanti diciannove ore e mezzo avrebbero potuto bere birra, che so io, un po’ di vodka. La mamma avrebbe cucinato le patate, affettato il salame e aperto un vasetto di cetrioli marinati.” (p. 11)
Un altro aspetto che caratterizza questo romanzo è il costante riferimento alla natura doppia dei personaggi, a partire dal protagonista.
“Il mio indirizzo è istemi@ukr.net. Se mi capita di dettarlo, dall’altro capo del telefono mi chiedono immancabilmente: “isto che?” “Istemi è un nome”, rispondo e faccio lo spelling: “Ai, es, ti, i… Istemi.” Certo, davidov@ukr.net o adavidov@ukr.net sarebbero andati meglio: mi chiamo Aleksandr Davydov.” (p. 5)
Già nelle frasi introduttive del romanzo si osserva una sorta di identità doppia caratterizzante il protagonista: sebbene si chiami Aleksandr Davydov, il protagonista si serve del nome del personaggio di cui rivestiva i panni nel gioco di ruolo, ossia Khan Istemi di Zaporož’e. Nel personaggio principale del romanzo convivono due personalità, quella di Davydov, ex-studente di fisica relegato a una vita mediocre e a svolgere un lavoro che non lo gratifica, e quella di Istemi, fiero e combattivo Khan. Istemi rappresenta la parte più recondita e temuta da Davydov poiché insofferente ai paradossi presenti sia nell’Ucraina del lontano ’84, sia in quella odierna. Nonostante la consapevolezza di star vivendo un’esistenza priva di senso e di subire diverse ingiustizie, Aleksandr Davydov mostra del timore verso il suo alter ego, che lo spinge a reagire e a uscire dalla sua condizione di inerzia trasudante “olio misto a veleno”, e durante la narrazione tenterà di domarlo e – in alcuni casi – reprimerlo.
Aleksandr Davydov non è l’unico personaggio “sdoppiato”, anzi; la Kiev descritta da Nikitin pullula di personaggi doppi, con i quali il protagonista si trova ad interagire, in un continuo gioco di specchi e contrapposizioni. Si veda per esempio Sinevusov, il maggiore del KGB incaricato di interrogare il giovane Davydov durante gli ultimi anni dell’Unione Sovietica, e Vera, giovane dottoressa laureatasi in fisica con la quale Davydov entra in contatto e che condivide le medesime fattezze di una giovane cotta risalente ai tempi dell’università.
“– Vera! – realizzai all’improvviso – lei assomiglia in modo impressionante a una mia compagna d’università.
– A chi?
– Non credo che la conosca. Si chiama Nataša Belokrinickaja.
– Conosco benissimo Nataša […].” (p. 95)
Il tema dello “sdoppiamento” – visibile nella caratterizzazione dei personaggi durante la narrazione – viene rappresentato anche nella descrizione del paesaggio: duale è la natura di Jablovenoe, villaggio-kolchoz nel quale il gruppo di amici – giunti per una gita organizzata dall’università – inventarono le regole del gioco fantapolitico.
“La strada attraversava il frutteto e lo divideva in due. Su un lato crescevano le antonovka, sull’altro gli arbusti delle sirnienko. A Jablovenoe tutto era diviso in due, si biforcava e si sdoppiava.” (p. 27)
Jablovenoe costituisce il luogo più adatto a Davydov e i suoi amici per la creazione di un passatempo atto a soddisfare la loro sete di escapismo e far dimenticare momentaneamente la tediosa permanenza nel kolchoz. Il dualismo della Natura non si manifesta solo nella descrizione del villaggio di Jablonevoe, in quanto luogo cruciale per l’intreccio narrativo; ma anche in altri passaggi del libro, dove viene mostrata la contrapposizione tra le tracce lasciate dall’edilizia sovietica e postsovietica nel paesaggio naturale e le sterminate pianure dove comandavano incontrastati uomini appartenenti a un tempo più lontano, remoto e leggendario. Significativo è il passaggio in cui Aleksandr Davydov si sofferma a fantasticare su quella realtà passata mentre osserva il paesaggio dalla cima dell’Aj Petri. Il desiderio di vivere in una realtà meno mediocre – ereditata dagli ultimi anni di splendore dell’Unione Sovietica – viene esplicitato dal protagonista attraverso l’immagine dei roboanti cavalieri di Istemi, leggeri come la morte, veloci come il tempo.
“Sulla tonda cupola di una delle alture, spiccavano alcune costruzioni tetre, piccoli vagoni e radar sparsi qua e là[…]. – Però come ci starebbero bene qui i cavalieri.
– Cavalieri? – Vera non capiva.
– I cavalieri di Istemi […] Andiamo. Ti racconto per strada. Oggi è il turno delle mie favole.” (p. 104-105)
Istemi è una lettura che vale la pena compiere per un approccio iniziale alla produzione letteraria di Aleksej Nikitin e per la commistione di elementi appartenenti alla letteratura russa con quelli caratterizzanti lo stile fortemente ironico e la poetica dell’autore di origini ucraine.
Bibliografia:
Lucchini, E. Giudici, Intervista a Aleksej Nikitin:
https://www.mangialibri.com/interviste/intervista-aleksej-nikitin
Apparato iconografico:
Immagine in evidenza:
Immagine 1: https://www.mangialibri.com/interviste/intervista-aleksej-nikitin
Immagine 2: https://admarginem.ru/product/istemi/