Martina Greco
Vladimir Aleksandrovič Šarov è stato uno storico e romanziere di origini ebraiche, nato a Mosca nel 1952. Il padre, Aleksandr Šarov (all’anagrafe Šer Israelevič Njurenberg), fu un famoso scrittore di favole osteggiato in epoca sovietica per i suoi scritti, spesso considerati troppo lontani dal canone del realismo socialista: nel 1969 Aleksandr venne infatti denunciato dall’Unione degli Scrittori per l’astrattezza delle sue opere e l’assenza, in esse, di una riflessione legata alla coscienza di classe. Un destino simile toccò al figlio diversi anni dopo. Le opere di Vladimir Šarov sono state per lungo tempo oggetto di fraintendimento da parte della critica ufficiale, che ha screditato lo scrittore tacciandolo di pornografia e di distorsione della storia nazionale russa. Il suo romanzo più famoso, Do i vo vremja (“Prima e Durante”), fu pubblicato per la prima volta nella rivista “Novyj Mir” (Il Nuovo Mondo), nel 1993. Sorprendentemente, sulle pagine della stessa, poco più tardi, apparve un articolo firmato da due dei redattori, nel quale questi si scagliavano apertamente contro l’opera di Šarov, allineandosi così alla polemica che si era sollevata in seguito all’uscita del romanzo e che aveva coinvolto riviste letterarie di spicco, quali “Literaturnaja Gazeta” e “Nezavisimaja Gazeta”. I motivi dello scandalo sono di vario tipo, tra questi c’è sicuramente la descrizione esplicita di atti sessuali e la presenza di rapporti incestuosi, ma primo fra tutti spicca senza dubbio la narrazione storica che si pone alla base delle vicende di Prima e Durante.
Il libro racconta gli eventi cruciali del ‘900 russo in chiave magica: la protagonista indiscussa del racconto è Madame de Stael, che dopo aver ingerito un siero che il Signore aveva destinato alle donne ebraiche senza marito per assicurarne la stirpe, riesce a reincarnarsi tre volte e intrattiene rapporti amorosi con i maggiori rappresentanti della Russia del XIX e XX secolo (tra cui lo stesso Stalin, che risulta essere suo figlio: qui l’autore gioca con la somiglianza tra i cognomi Staël e Stalin), modificando così il corso della storia. I crimini dello stalinismo vengono presentati come frutto della gelosia che il segretario del partito prova nei confronti della madre-amante, che ne aizza la cattiveria intessendo relazioni amorose con gli altri bolscevichi, in particolare con Trockij.
Ovviamente, se ci si ferma a una lettura superficiale dell’opera, il testo di Šarov può apparire delirante e, per il pubblico puritano post-comunista della Russia degli anni ’90, addirittura scandaloso. Dietro alle apparenti insensatezze della trama si nasconde però una precisa chiave di lettura della storia nazionale, che contraddistingue tutte le opere di Šarov, definendone il pensiero filosofico. Al centro di questa prospettiva teorica si pone l’idea che la storia europea, e in particolare quella russa, sia un lunghissimo commento alle Sacre Scritture: tutti gli avvenimenti che la caratterizzano sono frutto dell’attesa del secondo avvento di Cristo sulla Terra. Secondo Šarov dunque, la chiave di volta per comprendere la storia nazionale risiede tutta in un’unica parola: messianesimo. Stando a quanto scrive lo studioso P.J.S. Duncan, che ha dedicato un intero manuale ai millenarismi russi, il messianesimo è quella convinzione secondo la quale un dato gruppo ritiene di essere stato eletto per portare avanti un obiettivo che coinvolgerà tutta l’umanità. Il raggiungimento dell’obiettivo porta con sé un’inevitabile schiera di sofferenze e dolori, ed è per questo che il popolo messianico per eccellenza è sicuramente quello ebraico, che spiega tutti i propri drammi come conseguenza del suo rapporto esclusivo con Dio. Non è un caso, infatti, che in Prima e Durante ciò che rende possibile la reincarnazione di Madame De Staël sia proprio una pozione destinata alle donne ebraiche. Nel testo si legge:
“un certo preparato, la cui base era la mandragola, servita nell’antichità a stimolare in Rachele il concepimento, […] somministrato a una donna senza marito […] le avrebbe reso possibile la gravidanza e il parto di un figlio che sarebbe stato lei stessa. […] Germaine è stata la prima non ebrea ad avvalersene.” (pp. 96-97)
Nella visione di Šarov il messianesimo ebraico, incarnato in questo caso nella figura di Madame De Stael, si insinua nelle menti dei grandi intellettuali e politici russi, portandoli a elaborare delle soluzioni per il futuro della propria patria che, nonostante a volte abbiano conseguenze catastrofiche, sono il frutto di una visione mistica, quasi ingenua, della realtà.
La concezione della storia come commento alle Sacre Scritture si rivela ancora più chiaramente nel romanzo Repeticij (“Le Prove”, 1992), nel quale si narra del patriarca Nikon che, dopo aver costruito una Nuova Gerusalemme nelle campagne attorno a Mosca (rinominando fiumi, strade e villaggi) convince i contadini a recitare la Passione di Cristo, così come viene descritta nei Vangeli, assegnando a ognuno un ruolo e lasciando vuota soltanto la parte del Redentore. L’idea di Nikon è che questa messinscena porterà a lungo andare a un secondo avvento e il ruolo del Signore sarà a quel punto recitato dal suo unico e possibile interprete: Cristo stesso. Le recite cominciano nel diciassettesimo secolo, ma i ruoli si trasmettono di generazione in generazione e, anche dopo la morte del patriarca, gli eredi dei contadini continueranno a inscenare lo spettacolo della Passione nelle steppe siberiane, finché tra “i cristiani” e “gli ebrei” si accenderà un terribile astio e i primi cominceranno a perseguitare gli altri, trasformando il villaggio in un vero e proprio gulag: a questo punto il millenarismo seicentesco viene a coincidere con gli eventi della storia contemporanea. Il titolo dell’opera, Repeticij, in russo ha un doppio significato: sono le prove teatrali, ma anche le ripetizioni, in questo caso specifico, il continuo ripetersi degli eventi nel corso della storia.
Chi si è approcciato all’opera di Šarov, ha usato, per descrivere il genere a cui appartengono i suoi scritti, termini quali “storia alternativa”, “realismo psichedelico”, “prosa storico-fantastica” o “metafiction storica”: tutte etichette che fanno riferimento alla sperimentazione letteraria postmoderna. L’autore si è però sempre detto contrario all’idea di definirsi un postmodernista, perché le sue narrazioni ritraggono gli eventi storici così come sono realmente accaduti, facendo semplicemente coincidere il piano astratto con quello concreto, il piano teorico con quello pratico, le idee con i personaggi. D’altronde, che il millenarismo ebraico abbia influenzato la rivoluzione, è una tesi avanzata da molti studiosi, tra i quali Y. Slezkine o il sopracitato P.J.S. Duncan, che, riportando le parole del rivoluzionario Moše Mišinskij, scrive: “i lavoratori ebrei nella Russia del tardo diciannovesimo secolo, erano particolarmente ricettivi al socialismo a causa del loro background religioso”. Così Šarov porta a galla il sottotesto della storia russa presentandocelo in una versione semplificata, in cui si scelgono due personaggi che incarnino delle posizioni, ad esempio, nel caso specifico di Madame De Staël e Stalin, l’ideale messianico e quello rivoluzionario, e li si intreccia in modo da rendere evidenti i collegamenti tra ciò che essi rappresentano. Le opere di Šarov, condensando letteratura, storia e filosofia, danno dunque al lettore uno spaccato ampio e sfaccettato del mondo russo, facendolo contemporaneamente riflettere, stupire e appassionare.
Bibliografia:
Alexander Etkind, Magical Historicism, in E. Dobrenko, M. Lipovetsky, Russian Literature since 1991, Cambridge, University Press,2015.
Bradley Gorski, Review of THE REHEARSALS by Vladimir Sharov, in «The Russian Review», 2018.
Carley Emerson, Vladimir Sharov on history, memoir, and a metaphisics of ends, in «Slavic and East European Journal», 2019.
Peter J.S. Duncan, Russian Messianism, Third Rome, revolution, Communism and after, London and New York, Routledge, 2000.
Vladimir Šarov, Prima e Durante, Roma, Voland, 1996.
Apparato iconografico:
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