Zagabria attraverso gli occhi del suo popolo: “Ruta Tannenbaum” di Miljenko Jergović

Federica Florio 

Nel 2019 è stato pubblicato dalla casa editrice Nutrimenti Ruta Tannenbaum, uno dei romanzi più importanti di Miljenko Jergović. La traduzione è stata realizzata da Ljiljana Avirović, che ha tradotto altre opere dello stesso autore, come ad esempio Le Marlboro di Sarajevo, edito da Bottega Errante Edizioni, e Freelander, pubblicato da Zandonai.

Nato a Sarajevo nel 1966, ma residente a Zagabria da molti anni, Miljenko Jergović è uno degli autori di area slava più importanti. Considerato da Paolo Rumiz come “il nuovo Andrić”, le sue opere (una trentina, tra romanzi, antologie poetiche e raccolte di racconti) sono state tradotte e premiate in diversi paesi. Con Ruta Tannenbaum ha vinto il premio Meša Selimović per il miglior romanzo scritto in lingua bosniaca, croata, serba e montenegrina.

Link al libro: https://www.nutrimenti.net/libro/ruta-tannenbaum/


Scritto tra il 2005 e il 2006, il romanzo di Jergović trae ispirazione dalla vera storia di Lea Deutsch, famosa attrice croata degli anni Trenta. Vittima della barbarie nazista, morì all’età di sedici anni su un treno diretto ad Auschwitz.

Nonostante avesse inizialmente intenzione di scrivere una biografia sulla “Shirley Temple di Jugoslavia”, come veniva chiamata Lea Deutsch all’epoca, dopo svariate ricerche Jergović ha dovuto rinunciare al progetto a causa della mancanza di fonti e di informazioni relative alla ragazza; come specifica lo stesso Jergović nelle note, “A Zagabria il nome di Lea Deutsch non compare da nessuna parte. La gente vuole dimenticare, e perfino questo è meglio di qualsiasi forma di autogiustificazione (p. 317).

Proprio nel tentativo di mantenere un rispettoso silenzio nei confronti della giovane, l’autore non ha dato alcuna delle sue caratteristiche a Ruta: non si assomigliano né fisicamente né caratterialmente, non hanno recitato negli stessi spettacoli e non sono nemmeno state cresciute nello stesso contesto culturale e sociale.

Lea Deutsch in una foto dell’epoca

Gli unici due elementi che Ruta Tannenbaum e Lea Deutsch hanno davvero in comune sono il tempo e lo spazio. La Zagabria degli anni Trenta e Quaranta si erge come testimone e silente guardiana del destino della giovane attrice. Jergović non crea un’unica descrizione globale della città; al contrario, la descrive tramite frammenti di immagini e scorci pittoreschi disseminati tra le pagine. Giungendo alla fine del romanzo, il lettore scopre di aver ricostruito a mente la mappa dell’intero centro storico zagabrese: i dettagli, sparpagliati con maestria dall’autore, si riuniscono, andando a creare una rappresentazione caleidoscopica della città, così come dei suoi abitanti.

Mano a mano che Ruta cresce, Zagabria cade sotto il dominio degli ustascia, capeggiati dal poglavnik Ante Pavelić. Negli anni Trenta, infatti, i nazionalisti croati si avvicinarono a Hitler, da loro considerato come un protettore forte e affidabile. Invadendo e disgregando il regno di Jugoslavia nel 1941, i nazisti crearono lo Stato Indipendente di Croazia (NDH) e lo lasciarono in mano agli ustascia, i quali iniziarono ad internare, nel campo di concentramento di Jasenovac, oppositori politici, ebrei, zingari e serbi.

La minaccia ustascia è una delle colonne portanti dell’opera, eppure è stranamente silente. Vi sono tantissimi sintomi premonitori riguardo alla tragedia che si sta per compiere in Jugoslavia. Ciò nonostante, tutto risulta velato, celato dalla moltitudine di personaggi, eventi e dialoghi che si susseguono nel romanzo. Il lettore riconosce le avvisaglie del pericolo imminente, ma si ritrova ad assistere, impotente, alla miopia dei protagonisti. Essi captano la presenza di odi, rancori e rivalità che serpeggiano all’interno della società, ma non riescono a comprenderne la reale portata, finché l’ultra-nazionalismo croato non fa precipitare la città nell’antisemitismo e nel desiderio della purezza etnica.

È una tragedia che spiazza ancor di più se si considera l’umanità complessa ed eterogenea che abita le vie zagabresi. Nel periodo che intercorre tra i due grandi conflitti mondiali, Zagabria è un crocevia di culture ed etnie, dove convivono, in condizioni relativamente pacifiche, fedeli appartenenti a religioni diverse. Tuttavia, alla crescita economica e al desiderio di una concreta indipendenza politica, si aggiungono nuove tensioni sociali dovute ai pregiudizi covati nei confronti di ebrei e serbi.

Proprio a questa collettività, composita e intimamente spaccata, l’autore lascia il compito di narrare le circostanze che hanno portato alla Seconda Guerra Mondiale. Jergović utilizza gli episodi della vita di Ruta e della sua famiglia per mostrare gli eventi che scuotono la Croazia tramite molteplici prospettive. Il narratore esterno si fa portavoce di idee e valori di numerose famiglie, mostrandoci il punto di vista dei genitori ebrei di Ruta, Salamon e Ivka, del nonno Abraham Singer, dei vicini di casa Radoslav e Amalija e così via. Il campo visivo si allarga sempre di più, fino a inglobare i pensieri di molti altri personaggi secondari. Ciò permette all’autore di mostrare concretamente la pluralità della popolazione zagabrese, trasformando il romanzo in una saga familiare e in un vivido racconto corale.

 Piazza del Bano Josip Jelačić, centro storico di Zagabria

Jergović riesce a descrive con incredibile maestria il carattere e i pensieri più reconditi delle persone. Il suo stile, ricco e armonioso, è ricco di incisi e deviazioni che delineano la complessità dell’animo umano. Nel libro è presente un gran numero di monologhi interiori, di riflessioni dettate da ricordi e da esperienze personali. I loro pensieri sono presentati con una sincerità disarmante, a tratti sfacciata. Ne risulta una caratterizzazione a tutto tondo, concreta ed estremamente realistica, che consente a Jergović di elencare pregi e, soprattutto, difetti dell’essere umano. È il caso di dire che sono proprio questi ultimi a catturare di più l’attenzione dello scrittore e, di conseguenza, quella del lettore. Le persone sono spesso meschine, doppiogiochiste e invidiose: in generale, tendono tutti a dimenticare che potrebbero trarre grande vantaggio dalla società interculturale a cui appartengono. Uno dopo l’altro, cadono lentamente nell’opportunismo e nell’indifferenza; quella stessa indifferenza che permette al male di agire indisturbato.

Nemmeno Ruta viene risparmiata dall’esame attento e meticoloso del narratore. È difficile provare simpatia per lei: è una ragazza schietta ed egocentrica, lapidaria nei suoi giudizi e avventata nelle sue azioni. È, tuttavia, capace di ammaliare chiunque le stia davanti. La sua arma vincente è lo sguardo o, più precisamente, gli occhi: “[…] occhi che crescono ogni istante che passa, ogni giorno e mese, e in essi potrebbe già stare la luna piena, occhi che non diminuiscono e non lacrimano nemmeno quando piangono” (p. 26).

È proprio questa caratteristica fisica che consente a Ruta di farsi notare dal regista Branko Mikoci durante la prima selezione riservata ai bambini nella storia del teatro jugoslavo: “Quando gli occhi di Ruta Tannenbaum squadrarono Branko Mikoci, a lui venne la pelle d’oca. Erano gli occhi più grandi che avesse mai visto e davano l’impressione d’essere più intelligenti e maturi non solo di quella bimba di sei anni, ma anche di tutte le altre persone presenti in quel momento nella sala delle prove […] In quegli occhi intelligenti di bambina Mikoci aveva trovato ciò che cercava inutilmente nelle sue attrici quando diceva loro che non dovevano sbracciarsi senza senso […] Dovevano tenerle ferme, quelle mani, perché le mani servono per remare, è con gli occhi che si recita.” (pp. 131-132).

Pur essendo abbastanza grandi da divorare il mondo intero, gli occhi di Ruta sono forse ancora troppo ingenui e acerbi per capire i meccanismi che governano la società o per comprendere la portata della minaccia ustascia. Per questo motivo Jergović vi affianca decine di sguardi diversi, più o meno maturi, così da ricreare tutta la complessità del popolo croato in poco più di trecento pagine.

 

Apparato iconografico:

Immagine 1 e 3 presente nella copertina del volume edito Nutrimenti

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