“Motivi Persiani”: l’Oriente immaginato di Sergej Esenin

Olga Ferraro

 

Motivi Persiani, tradotto da Iginio De Luca ed edito da Passigli nel 2024, è una raccolta di quindici componimenti scritti dal poeta russo Sergej Esenin. Il breve volume ha i confini sfumati della personalissima Persia disegnata dal poeta, sognata e mai raggiunta, e assume i connotati di un tentativo di evasione della realtà che si rivelerà, alla fine dell’ultimo componimento, impossibile da realizzare: l’estatico sentimento di contemplazione presente nei componimenti iniziali lascerà infatti ben presto il posto a una malinconia invadente e pervasiva, che indurrà infine il poeta a tornare nella sua terra natìa, di cui costantemente avverte il tormentoso richiamo. L’amore per la Persia si mescola, lungo il dipanarsi dei versi, a quello per Šagané, misteriosa figura  di donna nella quale il poeta riversa tutta la sua fascinazione per l’Oriente: nello studio finale che correda la raccolta, Mini definisce infatti Esenin quale poeta-urus (p. 97), utilizzando la pronuncia persiana del termine russkij e conferendo così alla sua identità una dimensione più universale, quasi cosmica.

Motivi Persiani, come emerge dallo studio Mini, rappresenta dunque una parentesi lirica all’interno della quale il poeta cerca al contempo purificazione e rinascita: lo studioso sottolinea infatti come uno motivi ricorrenti all’interno della raccolta sia la perpetua tensione del poeta verso un Oriente immaginato, contrastata dalla sempre più palpabile esigenza di ritorno alla Russia, e dunque, come si evince dall’ultima lirica – quasi metafora della stessa biografia eseniniana – alla realtà stessa. (p. 103).

Link al libro: https://www.passiglieditori.it/motivi-persiani

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 Eternamente estraneo e fuori posto, dalla vita intensa e burrascosa, Sergej Esenin, poeta della meraviglia per le piccole cose, nasce nel 1895 a Konstantinovo, dove cresce insieme ai suoi nonni e grazie a loro entra, sin da piccolissimo, in simbiosi con la cultura contadina della Russia del tempo. L’esigenza di scrivere si manifesterà in lui già all’età di nove anni: inizierà infatti prestissimo a pubblicare le sue poesie in vari giornali di provincia e, nel 1915, si trasferirà a San Pietroburgo, dove avrà modo di conoscere Aleksandr Blok, Andrej Belyj e alcuni fra i maggiori esponenti della poesia avanguardistica del tempo, che contribuirono ad affinare la sua maturazione poetica.

Sergej Aleksandrovič diventerà ben presto il cantore della tempesta, dei fiumi e dei più teneri motivi della natura, espressioni della mentalità ancestrale e spirituale della Russia contadina del tempo, intessuta di profonda meraviglia per i fenomeni naturali, di tenero attaccamento al mondo animale e di grande amore per la patria. Parallelamente alla travagliata vicenda personale, la poesia di Esenin assumerà differenti stratificazioni di significato e verrà permeata da una complessità più profonda: lo spirito frugale dei suoi componimenti si caricherà infatti, in raccolte come Confessioni di un teppista e Mosca delle bettole (entrambe pubblicate nel 1924), di un profondo sentimento di dissidio e scissione interiore, causato dalla sua vita di eccessi e dalla tragicità del tempo storico che il suo Paese stava vivendo.

Erano infatti quelli gli anni della Rivoluzione, e in Esenin si insinuava prepotente il sentimento di eterna inconciliabilità tra le sue radici contadine e la sua intensa vita intellettuale, la frattura fra il profondo senso di attaccamento al cosmo contadino e la realizzazione, grazie al contatto con l’intelligencija del tempo, dei profondi limiti del suo mondo d’origine: la sua vita, ebbra degli eccessi e dell’inimicizia col potere sovietico, non potrà quindi che concludersi con un tragico e tuttora dibattuto epilogo suicida in una camera di hotel, nel 1925.

Motivi persiani rappresenta, all’interno della burrascosa vicenda personale di Esenin, qualcosa di molto simile a un momento di stasi ed estatica osservazione: la tanto agognata Persia assume difatti nei suoi versi dei confini dilatati, che non corrispondono né a quelli odierni, né a quelli del tempo: dalle principali città persiane, Shiraz e Teheran, in un’improvvisa atmosfera da Mille e una notte, il lettore viene catapultato a Baghdad e sul Bosforo, ritrovandosi così in una Persia esistente soltanto nell’immaginario del poeta, che ne stabilisce i suoi personalissimi luoghi e confini e la rende, per esteso, metafora dell’Oriente intero.

Sebbene infatti Esenin dichiari di aver viaggiato tra il 1920 e il 1924, la Persia di fatto non la raggiunse mai per davvero: gli spostamenti di quegli anni si risolsero sempre in un “nulla di fatto” (Franzoni 2017: 1). Il luogo più vicino all’agognata meta origine di profonda fascinazione che il poeta riuscì a visitare fu il Caucaso, culturalmente e linguisticamente simile alla Persia. Fu proprio a Batum che Esenin incontrò Šagané, insegnante armena onnipresente all’interno dei suoi Motivi, con la quale creò un profondo legame spirituale ed ebbe spesso modo di intrattenere conversazioni intrise di nostalgia per la terra natìa e di fascinazione per la lontana Persia.

La radici di questa fascinazione si possono trovare nella lettura di Persidiskie liriki X- XV vv. (“Liriche persiane dei secoli X-XV”, 1916), grazie alla quale Esenin conobbe l’opera di poeti persiano come Omar Khayyam, Saadì e Firdusì. Quest’ultimo, in particolare, lo colpì per “i finissimi ornamenti del verso, la tranquilla saggezza della filosofia orientale, l’esoticità e l’espressività che riuscivano a creare” (Volkov 1976: 357).

Ispirandosi ai loro versi, Esenin cristallizza il senso di pace, dilatazione temporale e sensualità che pervade l’intera raccolta nell’incipit del primo componimento di Motivi Persiani, che recita:

S’è calmata la mia antica ferita —
L’ebbro delirio non mi rode il cuore.
Coi fiori turchini di Tehran
Oggi mi curo nella Čajchana.

(p. 29)

Il cuore del poeta ha finalmente trovato pace: egli non indulge più negli eccessi dell’alcool, beve ora del tè locale ed è inebriato dal magnetismo degli occhi delle donne persiane, che lo affascinano da dietro al loro čador. L’atteggiamento da visitatore attento all’uso di realia (il suddetto čador, il misterioso velo indossato delle donne persiane, e la čajchana, la sala da tè, per citarne alcuni) e l’accurata descrizione dell’atmosfera dei suoi versi, fa sì che il lettore abbia la percezione che Esenin in Persia ci sia stato davvero, sebbene egli stesso, nella conclusione al quinto componimento, confessi di non essere mai stato sul Bosforo:

E benché io non sia stato sul Bosforo —
io l’inventerò per te.
È lo stesso — i tuoi occhi come il mare
cullano una luce azzurra.

(p. 43)

I componimenti della raccolta si svolgono dunque su due piani paesaggistici principali: quello orientale, esotico, immaginario e carico di profumi della Persia, e quello contadino, struggente e reale della Russia, al poeta tanto cara. Nostalgia e sensualità, mai volgari e irruente, sempre sussurrate o taciute, si intrecciano continuamente lungo la raccolta: sensuali sono i profumi delle rose che pervadono i giardini e quelli del tè, gli occhi delle donne celati dietro al čador, le sensazioni che il poeta prova passeggiando nei luoghi dell’affascinante Persia. Nostalgica è invece la sua anima quando ripensa alla terra natìa e realizza che il suo soggiorno sta per concludersi.

La variazione del tono sognante dei primi componimenti inizia a incrinarsi infatti nell’ottavo, in cui per la prima volta compaiono metafore oscure:

I fantasmi lontani della terra
Sono coperti dall’erba dei cimiteri.
Ma tu, viandante, non ascoltare i morti,
Non piegare il capo sulle tombe.

(p. 55)

La percezione che suo il viaggio stia volgendo al termine e che sia tempo di ritornare a casa si rafforza infatti nel componimento successivo, in cui il poeta prende piena consapevolezza di dover dire addio alla Persia: l’estasi che pervadeva i primi componimenti, cesellati dall’oro e dall’azzurro sgargiante, lascia ora il posto a un sentimento di profonda malinconia, che culmina, in un potente climax ascendente, con l’imperativo “sciocco cuore, non battere!” in cui il poeta ammette:

Ho visto molti paesi,
ho cercato dovunque la felicità,
soltanto la sorte agognata
non cercherò più.
Sciocco cuore, non battere.

(p. 59)

L’io lirico posto sempre in prima persona, la brevità di versi spesso dialogici e arricchiti da metafore efficaci e delicate al contempo rendono Esenin un maestro dell’immaginario, continuamente scisso tra l’estasi per l’inebriante bellezza persiana e la tensione per il forte richiamo della patria, perfettamente esplicata dall’ultima lirica, dedicata a Gelija Nikolaevna, la figlia del giornalista Čagin a cui è dedicata l’opera.

Motivi Persiani si configura quindi come un intervallo di parziale amnesia dall’esuberanza di Esenin, una breve, ma intensa parentesi in cui i toni tracotanti del “teppista” e delle “bettole” lasciano il posto a un sentire lieve e sospeso, a un momento in cui il poeta degli eccessi trova pace e torna, finalmente, a confrontarsi con la tenerezza di una gamma di sentimenti più delicati e autentici. Tuttavia, questa parentesi ha i contorni sfumati, simili a quelli di un sogno presto destinato a dissolversi: la Persia di Esenin è infatti non un luogo geografico, ma una costruzione poetica permeata dalla sottile malinconia presente in tutta l’opera, che gradualmente prende il posto dell’estasi iniziale e lascia il posto a un sentimento di nostalgia sempre più intenso e pervasivo. Motivi Persiani non è dunque una fuga, ma piuttosto un confronto con un altrove che incarna sia il desiderio di evasione, sia la consapevolezza della sua reale impossibilità.

Con questa raccolta, Esenin compie un viaggio immaginario e sognato che, più che condurre davvero a un luogo lontano, aspira a una riconciliazione coi suoi tormenti interiori. L’Oriente di Motivi Persiani non è difatti solo semplice fascinazione esotica, ma metafora della ricerca di una serenità che Esenin non riuscirà mai a sperimentare del tutto, come dimostra il suo fare poetico, che costantemente oscilla tra poli opposti: incanto e disincanto, sogno e realtà.

Bibliografia:

Sergej Esenin, Motivi Persiani, Firenze, Passigli Editore, 2024. Nella collana Passigli Poesia. A cura e con traduzione di Iginio De Luca. Con uno studio di Riccardo Mini.

Daniele Franzoni, “Laggiù, nel lontano Oriente. . .I motivi persiani di Sergej Esenin”, eSamizdat, No. 11, 2016, pp. 71-77.  Disponibile online: https://www.esamizdat.it/ojs/index.php/eS/article/view/49/42

Anatolij Andreevič Volkov, Chudožestvennye iskanija Esenina, Mosca, Sovetskij Pisatel’, 1976.

Apparato iconografico:

Immagine di copertina: https://pechorin.net/articles/view/korotkaia-romantichieskaia-biesshabashnaia-zhizn-125-liet-so-dnia-rozhdieniia-russkogho-poeta-sierghieia-alieksandrovicha-iesienina