Sara Ravaioli
Abstract
The Novel “Dnevnik Majdana” and the Identity Paradox in Andrei Kurkov’s Reflections
This paper offers an analysis of the work Dnevnik Majdana (“Ukraine diaries”, 2014) by the Ukrainian Russophone author Andrei Kurkov, aiming to explore the geopolitical events that have shaped Ukraine over the past decade. The novel holds particular significance for its exploration of identity in the wake of traumatic events personally experienced by the author during the protests in Kyiv’s central square, Maidan Nezalezhnosti. As a Russophone writer, Kurkov’s literary production gains further relevance by giving voice to the multicultural richness of contemporary Ukraine, being dominated several times in history. Within this context, hybridity emerges as a form of resistance and critique against domination. The aim of this article is to examine the daily life depicted by the author, with particular focus on the political divisions affecting the lives of the Ukrainian population. Kurkov portrays his everyday unfolding alongside the protests, integrating the realities of ordinary existence beyond the media-driven spectacle that accompanied the events of the Maidan.
Alla luce degli eventi geopolitici che riguardano il territorio ucraino nell’ultimo decennio, risulta sempre più importante il carattere autobiografico della letteratura ucraina (Cherkashyna 2022: 214); ne è un esempio Dnevnik Majdana (“Diari ucraini”, 2014) di Andrej Kurkov, romanzo significativo per la ricerca identitaria a conseguenti eventi “traumatici” che hanno caratterizzato gli anni Dieci del nuovo millennio. Il romanzo è un’opera fondamentale perché evidenzia l’importanza della letteratura e il ruolo che ha nel definire l’identità nazionale ucraina. Come è noto, Kurkov è il maggior esponente della letteratura russofona ucraina ed è stato ampiamente criticato dalla stampa nazionale poiché ha continuato a scrivere in russo. Nonostante ciò, nelle sue opere si tratta della condizione di “displacement identitario” vissuta da moltissimi russofoni ucraini (Puleri 2016: 141-142), i quali alla caduta dell’Unione sovietica si domandano la propria identità nazionale e culturale.
Il romanzo esaminato, Dnevnik Majdana, è atipico nella produzione letteraria di Kurkov e riporta le esperienze dell’autore durante le manifestazioni nella piazza centrale di Kyiv, Majdan Nezaležnosti, e il significato del movimento Euromaidan per la popolazione ucraina, esplorando le diverse posizioni politiche di diverse aree del paese. Essendo russofono, la produzione letteraria di Kurkov diventa ancora più significativa perché dà voce alla ricchezza multiculturale dell’Ucraina contemporanea, derivata dall’appartenenza a diversi sistemi di dominazione, dove “l’ibrido” prevale come prodotto di resistenza e critica contro di essi. Da Majdan Nezaležnosti all’appartamento dell’autore, dove questi vive con la famiglia, distano solo cinquecento metri; la sua prospettiva è unica perché nonostante il protagonista si dedichi normalmente a commissioni quotidiane, si ritrova costretto a riflettere sui cambiamenti del Paese che avvengono ogni giorno. Dnevnik Majdana rappresenta esattamente la resistenza contemporanea ai modelli semicoloniali. Kurkov, nato a Pietroburgo nel 1961, ha vissuto sin dalla prima infanzia nella capitale ucraina, e nonostante parli principalmente russo nella vita quotidiana, afferma di sentirsi ucraino. È proprio questo l’aspetto più importante della sua narrativa perché ci permette di comprendere il punto di vista della diaspora russofona all’interno di un sistema sociale complesso come quello ucraino.
La letteratura di Kurkov si contraddistingue per la prospettiva da outsider sulla società postsovietica ucraina, dove elementi distintivi evidenziano il carattere individuale della nuova società contemporanea. Il romanzo si allontana dagli elementi tipici della narrazione dell’autore, perché esplora le dinamiche sociopolitiche degli eventi catartici dell’Euromaidan in forma di diario personale; qui si evidenzia la confusione di una società caratterizzata dal vuoto post-ideologico (Puleri 2016: 142). In particolare, l’autore pone in rilievo le strategie di inclusione-esclusione dell’identità culturale all’interno delle ex-repubbliche sovietiche, elaborando più specificamente l’esperienza del “trauma” nelle vicende della rivoluzione (Puleri 2016: 15).
Paradosso ucraino: strategie di negazionismo del governo Janukovič e il “nazionalismo anticoloniale” dei rivoluzionari
Kurkov non può che osservare le grandi differenze culturali tra gli ucraini di Kyiv e quelli dell’Ucraina orientale. Lo scrittore non teme di apparire presuntuoso nei suoi commenti politici, ritenendo che spesso rispecchino la realtà sociopolitica dell’Ucraina dell’est. Le manifestazioni dell’Euromaidan e del “terzo spazio”, che nascono a Kyiv, rappresentano una nuova corrente culturale ideologicamente distante dall’Ucraina orientale: i valori nazionalisti e democratici del Majdan si ispirano a modelli politici europei. Un esempio di multiculturalità che contribuisce alla formazione di un “terzo spazio” durante l’Euromadain è il movimento linguistico рідна мова; A tale termine vengono attribuiti diversi significati che tuttavia, convergono nella necessità degli ucraini di imparare e riconnettersi con la lingua e la cultura ucraina. a L’viv e Odessa fu promosso lo scambio linguistico tra russofoni e ucrainofoni, dimostrando solidarietà per le comunità ibride nelle complesse dinamiche identitarie in Ucraina (Seals 2019: 97). Questo aspetto è trattato da Kurkov, il quale denuncia le strategie politiche anti-LGBTQ+ dei sostenitori di Janukovič, sfruttate per convincere la popolazione a non aderire al Majdan:
“L’intero Paese è tappezzato di poster e annunci che spiegano, illustrandolo con immagini, che in caso di integrazione nell’Unione Europea a tutti gli ucraini toccherà diventare ‘froci’ o ‘lesbiche’ […] A Kyiv la gente ci ride su ma temo che nelle zone orientali e nelle città di provincia le persone siano in tutta la loro bontà e innocenza seriamente convinte che la UE pretenda che gli ucraini si trasformino in omosessuali per poter essere integrati e che l’accordo possa essere firmato in mancanza di tale pronto adempimento.” (Kurkov 2014: 32)
L’estratto, oltre a sottolineare il carattere sarcastico dell’autore, è un esempio per comprendere il pregiudizio culturale che ancora caratterizza l’Ucraina. Tale comunità non è percepita positivamente e subisce un maggior odio, istigato dalla politica di Janukovič in Ucraina orientale. Un esempio concreto di queste discriminazioni sono i tre disegni di legge introdotti nel 2011-13, volti a inibire la “propaganda dell’omosessualità”, ovvero qualsiasi menzione positiva dell’omosessualità in pubblico tra gli adolescenti (disegni di legge No. 8711, No. 10290) e nella sfera pubblica in generale (disegno di legge No. 10729). Le leggi furono fortemente supportate dai maggiori enti religiosi ucraini e dal partito di destra Svoboda (Plakhotnik 2019: 14) Riguardo alle discriminazioni, Olga Plakhotnik individua l’utilizzo del termine gayropa (gay + Europe) per arricchire lo slang anti-LGBTQ+ utilizzato in Ucraina e nei paesi postsovietici; si riferisce all’idea che l’Occidente promuova la distruzione dell’eterosessuale naturale della Nazione (Plakhotnik 2019: 15). Nonostante Kurkov riconosca la tolleranza dei kyiviani verso la comunità LGBTQ+, risulta anomala l’improvvisa condivisione dei valori europei di integrazione da parte dei rivoluzionari. Ciò è confermato e argomentato da Plakhotnik, che riconosce in questo nuovo atteggiamento una strumentalizzazione del soggetto “altro”, inteso come comunità LGBTQ+: secondo l’autrice, quest’ultima performa il cosiddetto homonationalism, ovvero l’associazione favorevole tra un tipo di ideologia nazionalista e le persone LGBT o dei loro diritti. Emerge evidente che la comunità, nonostante la forte partecipazione al movimento, non viene realmente inclusa come parte della società ucraina (Plakhotnik 2019: 39). Risulta strategico l’utilizzo di slogan LGBTQ+ durante l’Euromaidan per portare avanti una retorica democratica e tollerante da contrapporre alla politica repressiva putiniana. L’ambiguità politica della rivoluzione è identificata anche da Kurkov, il quale riconosce i forti processi di “nazionalismo anticoloniale” che si manifestano agli albori del movimento. Kurkov sottolinea la presenza in piazza Majdan di partiti politici alla ricerca di consensi, tra cui spiccano quelli di estrema destra Svoboda e le associazioni OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini) e UPA (Esercito insurrezionale ucraino):
“A Kyiv si è svolta una fiaccolata per commemorare il centocinquesimo anniversario della nascita di Stepan Bandera. A capo del corteo camminavano Oleg Tjanibok e altri leader dello Svoboda, fra cui il deputato Andrej Il’eko, figlio del regista scomparso Jurij Il’enko […] In prima fila della fiaccolata c’erano anche due sacerdoti e una ragazza che reggeva l’immagine di Stepan Bandera, poi seguivano alcune migliaia di iscritti e simpatizzanti del Partito.” (Kurkov 2014: 75)
La presenza di Svoboda dimostra il paradosso binomiale della cultura ucraina, divisa tra due tendenze opposte: nazionalismo estremo e democrazia tollerante. Ancora più controversa è la presenza delle associazioni OUN e UPA poiché entrambe hanno partecipato ad innumerevoli brutali azioni di resistenza antisovietica e aderito alla politica collaborazionista con il regime nazista. Stepan Bandera fu il rappresentante della fazione radicale dell’OUN e il fondatore dell’UPA, ed è tutt’oggi una figura che divide l’opinione pubblica ucraina in base al territorio nazionale: nell’Ucraina occidentale Bandera è considerato un eroe patriottico, come dimostrano le numerose statue presenti in città e villaggi, nonché un viale a suo nome a L’viv. Al contrario, la storiografia sovietica identifica Bandera con il terrorismo e la violenza; questa narrazione è stata importante per l’Ucraina orientale (Marples 2006: 555).
Nelle ultime pagine del romanzo, Kurkov include una sezione dal titolo “Mappa di orientamento”, in cui sono illustrati i termini legati alla storia e alla cultura ucraina; lo scrittore vi indica Hitler e Stalin come i responsabili delle attuali proteste in Ucraina, e nello specifico porta l’attenzione sull’occupazione sovietica dell’Ucraina occidentale nel 1939.
Secondo Kurkov, la motivazione principale dell’accoglienza ucraina dei tedeschi nel giugno del 1941 ha come movente principale le deportazioni dei galiziani da parte dei sovietici. L’autore cerca di far comprendere la complessità storica e culturale che vige sul territorio ucraino, e come essa influisce sulla composizione politica dei partiti del Paese. In particolare, utilizza un linguaggio semplice e diretto ma trattando più genericamente dei fattori che hanno portato alle atrocità commesse dall’OUN. È importante precisare questo aspetto perché la reazione del popolo ucraino all’invasione nazista del 1941 è dovuta a molteplici fattori, derivanti dalle politiche staliniane: lo sfruttamento del territorio, la forzata collettivizzazione delle terre, la repressione dei movimenti contadini locali, le disastrose conseguenze dell’Holodomor. Di conseguenza, l’estremismo dei partiti di destra nazionale rispecchia la resistenza e il rifiuto del sovietismo e sono recepiti positivamente dalla popolazione.
Nel romanzo si raffigura la lotta per ottenere consensi elettorali attraverso l’identificazione nazionale e il patriottismo, che emerge sempre in due fazioni: l’ultranazionalismo nella Ucraina occidentale; il sovietismo in quella orientale. Esempio di tali opposti schieramenti politici è l’assegnazione del titolo “Eroe dell’Ucraina” che il presidente Juščenko (predecessore del governo Janukovič) ha consegnato a Stepan Bandera nel 2010, portando ad un inasprimento della frattura culturale tra l’Ucraina occidentale ed orientale (Törnquist-plewa, Yurchuk 2019: 701). In risposta ai movimenti ultranazionalisti dell’Ucraina centro-occidentale, in diverse aree orientali viene a mancare il supporto per l’Euromaidan. Innanzitutto, risulta un forte segnale politico ed è giustificato dall’esperienza storica della regione; l’area è densamente popolata da russofoni russi ed ha goduto principalmente in epoca sovietica di importanti investimenti economici. L’Ucraina orientale nutre il culto sovietico, mantenendone alcune ricorrenze, come il 9 maggio “Giorno della vittoria”. La nostalgia sovietica interessa inoltre specialmente la penisola della Crimea, nella quale i cittadini russi hanno sempre goduto di un vantaggio turistico sin dall’inizio del secolo scorso.
Oltre a questo aspetto storico, l’autore riflette sulla breve indipendenza ucraina e sulle fasi tumultuose della guerra per l’indipendenza del Paese. Dalla disgregazione dell’Urss, Kyiv rientra in quello spazio sociale in cui il passaggio dalla società sovietica al post-sovietismo si confronta inevitabilmente con l’esperienza pregressa “coloniale” (Bhabha 2001: 351). Le riflessioni identitarie postsovietiche non appartengono alla popolazione dell’area orientale, poiché non si percepisce la possibile negazione identitaria ucraina nella politica russo centrista di Janukovič. Ciò accade principalmente per la composizione etnografica del territorio e per il benessere collettivo della popolazione, che origina direttamente dall’esperienza sovietica. L’immobilismo intellettuale-identitario eredita gli aspetti negativi della cultura russo-sovietica, come la normalizzazione della xenofobia, del razzismo e dell’antisemitismo. Quest’ultimo è affrontato da Kurkov, il quale non nasconde che questo sia un carattere nazionale e per definire l’espropriazione illegale delle comunità romanes usa proprio il termine pogrom. Tali sequestri avvengono il 21 gennaio a Slovjansk e sono la dimostrazione della completa assenza di sensibilità dei rappresentanti politici sul territorio, i quali si giustificano la rimozione della comunità definendola spacciatrice di droga. I pogrom sono intrinseci nella storia e cultura popolare dell’impero russo e dell’Unione Sovietica, entrambe le istituzioni governative, infatti, nel corso dei secoli, sono state partecipi e istigatrici di razzismo ed antisemitismo. Nella traduzione italiana il termine viene sostituito con “registrazione di violenza contro gli zingari”, il che comporta una importante perdita semantica e impedisce la comprensione di quanto sia comune nella società contemporanea ucraina il concetto stesso di pogrom.
Un altro aspetto politico denunciato da Kurkov è la forte tendenza filorussa[1] della politica di Janukovič, causa principale delle manifestazioni. Le leggi approvate durante le dimostrazioni del Majdan risultano completamente insensate rispetto alle richieste della piazza a Kyiv, e Kurkov critica la loro somiglianza con le leggi moscovite:
“Adesso sì che c’è da divertirsi, proprio come a Mosca: non sono più ammessi in strada raduni con più di tre persone, le sim card del telefono si possono acquistare solo dietro registrazione del numero di passaporto e così via. Oltre a queste idiozie, il presidente ha firmato anche il programma di bilancio per l’anno nuovo! L’esercito vedrà ridotto il budget del quaranta percento, mentre quello della polizia, procura e tribunali aumenterà dell’ottanta!” (Kurkov 2014: 97)
La corruzione e la violenza della polizia sono due fattori alla base della rivoluzione e Kurkov ne fa denuncia nell’intera opera. La frustrazione della popolazione aumenta nei gesti quotidiani di repressione politica come, ad esempio, lo sgombero delle piazze in altre città ucraine, quali Odesa, Dnipro, Charkiv, che ha concentrato poi i manifestanti a Kyiv. Tale repressione ha permesso di evidenziare l’importanza delle manifestazioni nelle principali piazze di Kyiv, come piazza Europa.
Dalle osservazioni di Kurkov si comprende il quadro sociopolitico della situazione ucraina, dove al potere il partito di Janukovič è promotore di negazionismo storico. L’esempio più evidente nel romanzo è la manifestazione visiva di una revisione storiografica: “In Crimea il monumento ai tartari della penisola in epoca staliniana è stato distrutto da patrioti russi” (Kurkov 2014: 97). La negazione storica della deportazione in Crimea è indicativa per la maggioranza etnografica russa, la quale ha accolto in modo positivo l’annessione alla Federazione Russa.
Prospettiva postcoloniale e la normalizzazione del conflitto russo-ucraino
In conclusione, si può interpretare Dnevnik Majdana come una dichiarazione di appartenenza identitaria ucraina da parte del rappresentante più riconosciuto della comunità russofona. L’autore cerca di far comprendere la complessa dimensione identitaria che caratterizza il territorio ucraino. Questo romanzo può essere un importante riferimento identitario per coloro che hanno subito il dislocamento territoriale dalle autoproclamate repubbliche popolari di Donec’k e Luhans’k in tutto il resto del Paese ed in particolare a Kyiv. Ciò legittima ancora di più il valore delle rappresentazioni della minoranza russofona ucraina, la quale subisce un’intersezionalità del “displacement identitario” sia per l’utilizzo della lingua russa, sia per la diaspora interna all’Ucraina e all’estero. Molti russofoni, invece, si traferiscono in Russia non solo alla ricerca di una maggiore stabilità economica ma per un’integrazione culturale più rapida.
Nel romanzo di Kurkov si osserva inoltre il tentativo dell’autore di mantenersi legato alla propria realtà quotidiana, aggiungendo alla narrazione semplici aneddoti: organizzare la festa di compleanno del figlio, fare la spesa per la famiglia e i suoi genitori, o ritrovarsi tra amici: “Sono tornato da Lu’ck con il critico letterario Pëtr Korobčuk e il mio amico Mykola Martinjuk della casa editrice Tverdyni. Abbiamo fatto colazione a casa mia, poi siamo andati al Maidan.” (Kurkov 2020: 55). L’esempio riportato è esplicativo della normalizzazione del caso politico che vive la popolazione ucraina. È uno dei molti istanti in cui l’autore tenta di mantenere la propria routine, pur essendo ricondotto sempre al costante cambiamento politico che il Paese subisce da oltre trent’anni. Inoltre, la citazione fornisce un esempio di strategia stilistica per evitare di concentrare la narrazione esclusivamente sugli aspetti politici e la crudezza degli avvenimenti, come gli attacchi dei berkuty, la polizia antisommossa ucraina, e tituški sui civili in Piazza Majdan o la presa in ostaggio di giornalisti a Nelja Štepa. Tale strategia narrativa è molto efficace poiché coglie di sorpresa il lettore, il quale si immedesima nelle sequenze narrative quotidiane e rimane spiazzato dalla sequenza successiva in cui l’autore interviene con un fatto di cronaca nera. Nonostante Kurkov sia maggiormente noto per la produzione di romanzi ricchi di elementi fantastici e surreali, eredi della tradizione ucraina gogoliana, qui per la prima volta elabora un romanzo non-fiction, dove la realtà quotidiana è stravolta dall’angosciante consapevolezza dello squilibrio geopolitico che può provocare una rivoluzione.
Bibliografia:
Homi K. Bhabha, I Luoghi Della Cultura, Roma, Meltemi, 2001. Traduzione di Antonio Perri.
Tetiana Cherkashyna, “Ukrainian Autobiographical Narratives in Their Historical Development”, in Avtobiografia, No. 11, 2022, pp. 213-228.
Massimiliano Di Pasquale, Abbecedario ucraino rivoluzione, cultura e indipendenza di un popolo, Udine, Gaspari, 2018.
Andrea Graziosi, L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia, Roma, Laterza, 2022.
Andrej Kurkov, Diari ucraini: un reportage dal cuore della protesta, Rovereto, Keller Editore, 2014. Traduzione di Sibylle Kirchbach.
David R. Marples, “Stepan Bandera: The Resurrection of a Ukrainian National Hero”, in Europe-Asia Studies, Vol. 58, No. 4, 2006, pp. 555-566.
Olga Plakhotnik, Imaginaries of Sexual Citizenship in Post-Maidan Ukraine: A Queer Feminist Discursive Investigation, Doctoral dissertation, The Open University, 2019.
Marco Puleri, Narrazioni ibride post-sovietiche. Per una letteratura ucraina di lingua russa, Firenze, Firenze University Press, 2016.
Corinne A. Seals, Choosing a Mother Tongue: The Politics of Language and Identity in Ukraine, Bristol, Multilingual Matters, 2019.
Koen Slootmaeckers, “Nationalism as competing masculinities: homophobia as a technology of othering for hetero- and homonationalism”, in Theor Soc, Vol. 48, 2019, pp. 239-265.
Barbara Törnquist-Plewa, Yuliya Yurchuk, “Memory politics in contemporary Ukraine: Reflections from the postcolonial perspective”, in Memory Studies, Vol. 12, No. 6, 2017, pp. 699-720.
Sitografia:
Office of the United Nations, High Commissioner for Human Rights, Report on the human rights situation in Ukraine 16 November 2015 to 15 February 2016: www.ohchr.org/sites/default/files/Documents/Countries/UA/Ukraine_13th_HRMMU_Report_3March2016.pdf (ultima consultazione: 16/11/2024).
Apparato iconografico:
Immagine 1 e immagine di copertina: https://www.thenation.com/article/archive/ukrainian-nationalism-heart-euromaidan/
Immagine 2: https://en.wikipedia.org/wiki/Revolution_of_Dignity
[1] Durante il secondo governo Janukovič, le posizioni ucrainofobe del Ministro dell’Istruzione Tabačnik furono percepite negativamente dall’opinione pubblica, la quale mise in discussione gli obbiettivi del governo (Di Pasquale 2018: 82).