Michela Romano
Abstract
“Скажешь ‘война’ – и угадаешь наверняка”: Propaganda, Dissent, and Truth in Russian Literature of Yesterday and Today
This paper examines the most recent censorship measures in Russia, with particular focus on the 2022 “fake news” law. By observing contemporary realities and the policies of Vladimir Putin’s government, it traces the roots of propaganda in opposition to dissent, specifically addressing the discourse on truth and falsehood in politics and literature. The paper explores the complex relationship between censorship and literature by reflecting on the contributions of prominent intellectual figures, such as Vladimir Pomerantsev, Aleksandr Solzhenitsyn, and Andrei Sakharov. The ideal of truth is deeply intertwined with notions of freedom and human rights. Consequently, part of this study highlights the role of Memorial Russia and its Italian branch, emphasising their significant contribution to the defense of individual rights and the rights of Russian political prisoners. This discussion underscores the importance of the freedom to assert and express one’s truth, particularly through literature in the present day. The closing section of the article investigates the contemporary development of the genres of “Z-poetry” and “anti-war poetry,” analysing their role in shaping competing narratives of truth in Russia. The ultimate aim is then to discuss the concept of truth in Russian literature, from its origins to contemporary manifestations, while addressing the question: “Where does truth lie today?”
Oleg Orlov, politico e attivista russo, presidente dell’associazione Memorial per la difesa dei diritti umani, il 10 aprile 2022 espone un cartello in Piazza Rossa a Mosca che riporta la scritta: “Naše neželanie znat’ pravdu delaet nas součastnikami prestuplenij” (“La nostra riluttanza a conoscere la verità ci rende complici di un crimine”, Mediazona 2022). Questo gesto simbolico rappresenta una delle prime manifestazioni pubbliche di dissenso nei confronti dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, evidenziando il coraggio di chi sfida la narrazione ufficiale, delineando il profilo di una società che con la verità ha sempre avuto un rapporto controverso e scostante.
In un Paese in cui la deriva autoritaria è ormai consolidata, il controllo della verità diviene un’arma fondamentale per legittimare l’assetto politico e le sue azioni. A questo proposito, nel marzo 2022, la Duma di Stato approva due leggi sulle cosiddette “fake news”, atte a regolamentare qualsiasi voce contraria alla narrazione statale e punire duramente chiunque diffonda informazioni non allineate alle versioni ufficiali sul governo, i suoi organi e contestualmente le operazioni militari russe in Ucraina (Vaganov 2022: 2). Queste normative, che rafforzano e ampliano quelle già introdotte nel 2019, segnano un ulteriore passo verso la criminalizzazione del dissenso, lasciando sempre meno spazio a chi, come Orlov, cerca di mettere in dubbio la verità calata dall’alto e spinge a scoprire cosa si nasconde dietro di essa.
La legislazione riguardante le fake news è una delle molteplici misure federali che hanno progressivamente eroso le libertà civili in Russia. Tra queste spicca la cosiddetta “legge sulle ONG”, promulgata in seguito alla “Rivoluzione arancione” in occasione delle elezioni presidenziali ucraine del 2004 e alla “Rivoluzione dei tulipani” kirghiza del 2005. Tale legge ha incrementato in modo significativo il controllo statale sulle organizzazioni non governative, prevedendone lo scioglimento qualora i loro obiettivi fossero ritenuti una minaccia alla sovranità nazionale, all’indipendenza politica, all’integrità territoriale o all’unità della Federazione Russa (Cfr. Franceschelli 2022).
Nel 2012, all’inizio del terzo mandato di Vladimir Putin, venne introdotta una nuova legge relativa agli “agenti stranieri”. Questa normativa prendeva di mira individui e organizzazioni che operavano in Russia ricevendo finanziamenti esteri, in particolare dall’Occidente, considerato oggi il principale avversario geopolitico della Federazione Russa (Cfr. Franceschelli 2022). In diversi casi, disposizioni come quelle menzionate sono formulate in maniera vaga e con parametri non sempre definiti e naturalmente questo aumenta la discrezionalità nella loro adozione sia da parte delle forze dell’ordine sia da parte delle corti di giustizia.
Le analogie con le leggi emanate in epoca sovietica sono purtroppo evidenti: l’attuale apparato statale mira a reprimere ogni forma di espressione individuale e dissenso, ogni forma di verità altra da sé, consolidando il monopolio dello Stato sulla narrazione ufficiale degli eventi. Elena Sherstoboeva descrive una linea di continuità tra passato e presente i cui pattern repressivi sembrano ripetersi seppur in forme più attuali:
“Sebbene la Russia moderna non sia affatto l’unico paese ad applicare leggi sulle fake news, l’implementazione di queste leggi da parte dei tribunali russi riflette temi e metodi riscontrabili nel sistema sovietico. La costruzione di una realtà falsa, o di un mito, attraverso pressioni statali restrittive giustificate dalla protezione degli interessi nazionali e delle idee di grande potenza, mentre si contrasta il pregiudizio “occidentale”, è un modello storico profondamente radicato nella storia e nella cultura sovietica. Attualmente, questo modello è attualizzato dai tribunali per influenzare negativamente la percezione della guerra in Ucraina da parte dei russi, limitando la libertà di espressione e la democrazia in Russia.” (Sherstoboeva 2024: 47)
La manipolazione della verità colpisce duramente chiunque osi contestare o anche solo menzionare l’operazione militare speciale (specoperacija) in Ucraina come “guerra” (vojna). L’arresto di attivisti e giornalisti è diventata prassi consolidata, perfino per azioni simboliche e forme di micro-protesta. Un esempio emblematico è quello di Saša Skočilenko, condannata a sette anni di reclusione per aver sostituito le etichette dei prezzi in un supermercato con messaggi informativi contro la guerra. Organizzazioni come il Fondo per la Lotta alla Corruzione di Aleksej Naval’nij e testate giornalistiche indipendenti come DOXA continuano a subire repressioni e attacchi, mentre attivisti femministi e altre voci critiche vengono criminalizzati (Cfr. Franceschelli 2022). Così come in passato, la verità dello stato si scontra con la verità individuale, che la censura intende soffocare in ogni modo ribadendo le necessità del Paese di difendere i propri confini e le proprie zone di influenza, di primeggiare nello scacchiere globale a discapito dell’Ovest, e dunque di riportare la Russia a un antico splendore imperiale.
Questa retorica aggressiva si è radicata profondamente nella cultura russa, influenzando i contesti educativi e promuovendo l’idea che il sacrificio per la patria rappresenti un valore nobile e desiderabile. La memoria storica viene strumentalizzata per consolidare l’immagine di una Russia trionfante, capace di imporsi sulla realtà attraverso qualsiasi mezzo, legittimando così l’operato di Putin e conferendo, implicitamente, una dimensione quasi sacra al potere statale.
La letteratura non sfugge al giro di vite imposto dal Cremlino e diversi autori russi contemporanei vengono inseriti in una lista nera e bollanti come “agenti stranieri” dallo stato e diversi sono i casi come Dmitrij Gluchovskij, dichiarato “agente straniero dopo aver criticato l’invasione sulle piattaforme social o le scrittrici di Leto v pionerskom galstuke (“Un’estate col fazzoletto da pionieri”, 2021) Katerina Silvanova and Elena Malisova, censurato per aver dato nuova rilevanza alle tematiche LGBTQ+. Di conseguenza, le autrici sono state costrette a lasciare la Russia (Cfr. Yuzefovich 2024).
A causa della censura sempre più stringente, la letteratura del dissenso apertamente anti-bellica viene diffusa attraverso canali illegali in Russia come, ad esempio ROAR (Resistance and Opposition Arts Review) pubblicata fuori dal paese in forma di antologie e raccolte come Disbelief/ Немыслимо: 100 anti-war poems pubblicato da Julia Nemirovskaja (2023).
In questo clima, la difesa dell’autonomia artistica diventa una sfida che si svolge su più livelli, opponendosi non solo alle restrizioni imposte dallo Stato ma anche ai meccanismi interiori di autocensura. Come osserva Zalambani, la censura esplicita rappresenta solo “la punta emergente dell’iceberg”, ovvero l’aspetto visibile di un sistema istituzionale e culturale che piega la letteratura a finalità politiche (Zalambani 2009: 50). Al di sotto, agisce una dimensione più profonda: un tessuto di mentalità e convenzioni che la letteratura e le arti, in dialogo tra loro, contribuiscono a perpetuare, agendo come forze di autocontrollo e limitazione creativa.
Le forme di resistenza intellettuale e artistica, dalla letteratura al teatro, si sviluppano ai margini di questo iceberg, evocando pratiche del passato sovietico come il tamizdat e il samizdat. In questo contesto, la tensione tra la “verità soggettiva” dell’artista e la “verità politica” imposta dallo Stato si fa evidente. Riflettere su questa dicotomia, come suggeriscono studiosi quali Clifford Geertz (2001), Pierre Bourdieu (2013) e Hannah Arendt (2009), permette di comprendere il ruolo cruciale dell’arte e della letteratura nel mettere in discussione le narrazioni ufficiali e restituire una visione più autentica e universale della realtà.
A tal proposito, ripercorre alcune tappe storiche dell’affermazione di questa verità artistica è necessario a comprenderne la centralità nella cultura dissidente contemporanea. Nel 1953 Vladimir Pomerantsev pubblica sulla rivista Novyj mir l’articolo “Ob iskrennosti v literature” (“Sulla sincerità della letteratura”, 1953), in cui richiama l’attenzione sulla necessità di una letteratura sincera, che restituisca l’autore alla sua dimensione di narratore autentico, anziché mero strumento di ideologie di terzi (Cfr. Pomerantsev 1953). La lotta contro la censura e la difesa della verità trovano espressione anche in un’altra figura di spicco come Aleksandr Solženicyn. Nel suo saggio Žit’ ne po lži! (“Vivere senza menzogna”, 1974), Solženicyn paragona l’ideologia a un sistema di menzogne e traccia nuove direttive per lo scrittore onesto, esortandolo a non diventare complice delle falsità imposte dal regime:
“Ognuno di noi dunque, superando la pusillanimità, faccia la propria scelta; o rimanere servo cosciente della menzogna (certo non per inclinazione, ma per sfamare la famiglia, per educare i figli nello spirito della menzogna!), o convincersi che è venuto il momento di scuotersi, di diventare persona onesta, degna del rispetto tanto dei figli quanto dei contemporanei. E da quel momento tale persona:
- Non scriverà più né firmerà o pubblicherà in alcun modo una sola frase che a suo parere svisi la verità;
- Non pronunzierà frasi del genere né privato né in pubblico, né di propria iniziativa né su ispirazione altrui, né di qualità propagandistica né come insegnante o educatore o in una parte teatrale;
- Per mezzo della pittura, della scultura, della fotografia, della tecnica, della musica, non raffigurerà, non accompagnerà, non diffonderà la più piccola idea falsa, la minima deformazione della verità di cui si renda conto.” (Solženicyn 1975: 67)
La verità artistica si scontra con una propaganda che costruisce una versione dei fatti cruciale per mantenere il controllo sulle masse. È utile ricordare che in letteratura, la ricerca della verità si sovrappone spesso alla lotta per la libertà e per i diritti degli uomini, elementi imprescindibile per il progresso sociale. In questo contesto la voce di Andrej Sacharov, tra i fondatori di Memorial è una figura chiave nella difesa dei diritti umani in Russia. Egli evidenziava come il pensiero libero fosse minacciato non solo dalla cultura di massa, ma anche da ideologie ristrette e dall’ottusità di un’oligarchia burocratica, che ricorreva alla censura ideologica come strumento privilegiato. Per questo, la difesa della libertà di pensiero richiedeva l’impegno non solo dell’intelligencija, ma dell’intera società, con particolare attenzione alle classi lavoratrici organizzate, essenziali per contrastare i pericoli globali come guerra, fame, e una burocratizzazione soffocante (Sacharov 1968: 29-30). Il pensiero di Sacharov non solo lega indissolubilmente libertà di pensiero e di espressione al progresso della società nella sua totalità ma ritiene essa stessa il motore reale dello sviluppo.
A partire da queste riflessioni, con l’emergere dei movimenti per i diritti umani in Russia, nati principalmente per vigilare sul rispetto della Costituzione da parte del governo, si è ampliato lo spazio della verità, intrecciandolo con i concetti di libertà e diritti individuali. La verità da tutelare non riguarda solo gli eventi a partire dagli anni Sessanta e Settanta, quando i movimenti per i diritti umani cominciano a fare la loro comparsa, ma si estende anche al passato di repressioni, deportazioni nei Gulag ed esecuzioni di massa durante l’era staliniana. L’associazione Memorial, fondata in Russia nel 1989, ha rappresentato a lungo e tutt’ora rappresenta un pilastro nella lotta per preservare la memoria delle vittime del regime sovietico, dei prigionieri politici e di tutte le pratiche che si opponevano alla difesa dei diritti umani nel contesto russo. L’associazione, dichiarata “agente straniero” dalla Corte Suprema russa nel 2016 e sciolta nel 2021, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 2022. Nata dall’interesse per le tragedie del passato sovietico, Memorial si è dedicata a svelare le verità nascoste sulle repressioni del regime (Ščerbakova 2024: 249). Il suo obiettivo è raccontare un passato mai pienamente affrontato, ancora oggi manipolato e riscritto in chiave nazionalista.
Il ramo italiano di Memorial prosegue il lavoro dell’associazione. In risposta alle recenti restrizioni sulla disinformazione, tra le pubblicazioni più recenti si trova una raccolta di 25 “ultimi discorsi” (poslednie slova) dal titolo Proteggi le mie parole, pronunciati dai prigionieri politici russi tra il 9 agosto 2017 e il 3 agosto 2022. Così ne parla Marcello Flores in prefazione al volume:
“Queste voci rappresentano uno spaccato formidabile, anche se drammatico, dell’infimo livello di autonomia della magistratura e dei diritti della difesa, della manipolazione della verità e della costruzione poliziesca di prove a carico durante processi che intendono avere carattere terroristico, di minaccia e paura nei confronti dell’opinione pubblica.” (Flores 2022: 10)
Il valore di questi discorsi si collega direttamente a un precedente storico significativo: il caso di Julij Daniel’ e Andrej Sinjavskij. Nel 1966, dopo anni di processi sovietici segnati da dichiarazioni preconfezionate, furono i primi a esprimersi liberamente, gettando le basi per una nuova forma di espressione artistica e politica. La raccolta di “Ultimi discorsi” diventa così un ponte che lega la libertà di espressione artistica ai diritti umani e al valore della verità, quest’ultima menzionata nella raccolta come “merce molto pericolosa […] uno strumento importante, difficile da soffocare a suon di bastonate e divieti” (Andrej Pivovarov 2022: 161).
Questa continuità tra passato e presente dimostra come, nonostante i cambiamenti storici, la lotta per la libertà di espressione e la verità rimanga centrale nella cultura russa.
Oggi la verità in letteratura assume nuove forme nel contesto di guerra e propaganda: mentre il Cremlino promuove narrazioni nazionaliste attraverso cultura e letteratura, sostenendo movimenti come la Z-poezija (“Z-poesia”), emergono forme di opposizione come l’antivojennaja poezija (“poesia anti-bellica”), che si pongono in netto contrasto con le iniziative ufficiali. Tra i principali esponenti della cultura propagandistica ultranazionalista e filo-bellica spiccano registi come Nikita Michal’kov, scrittori come Karen Sachnazarov e autori come Zachar Prilepin. Quest’ultimo, con un passato militare, è noto per le sue critiche al regime, accusandolo di eccessiva indulgenza nella gestione del conflitto ucraino (Gullotta, 2024: 199). La cultura del fronte putiniano si è consolidata nel tempo, parallelamente al dissenso che ne è seguito, ma ha trovato ulteriore rafforzamento con la creazione della “Union of February 24”, un’associazione di scrittori e critici a sostegno dell’aggressione russa. (Kukulin 2025: 268) Tra gli obiettivi principali di questo gruppo, come delineato da Prilepin, vi è la necessità di trasmettere in tempo reale la memoria degli eventi, “permettendo che eroi e personaggi siano riconoscibili”, e di affermarsi chiaramente nel panorama letterario, ribadendo la missione degli intellettuali nella tutela della “sicurezza culturale” dello Stato. (Kukulin, 2025: 268) Tra i membri spiccano autori come Elena Zaslavskaja, Anna Revjakina, Anna Dolgareva, Aleksandr Pelevin e Dmitrij Moldavskij. Quest’ultimo descrive esplicitamente la guerra come una condizione glorificante: “Che siano maledetti Gorbačëv e El’cin all’inferno: hanno fottuto un paese così! Niente scherzi: ringraziamo Dio che la guerra è tornata, e forse ci si chiederà acciaio e ferro” (Moldavskij 2023: 208).
Sotto la superficie di una verità manipolata e consentita, si muovono correnti di resistenza come manifestato da numerosi intellettuali di spicco che si sono schierati contro l’invasione russa, tra cui figure della prosa russa come Vladimir Sorokin, Boris Akunin, Ljudmila Ulickaja, Natal’ja Ključarëva, insieme a poeti e poetesse come Michail Ajzenberg – citato nel titolo del presente articolo –, Aleksandr Del’finov, Galina Rymbu, e Marija Stepanova e molti altri. In particolare, Stepanova, nella sua poesia Poka my spali, my bombili Char’kov… (“Mentre dormivamo bombardavamo Charkiv …”, 2022), mette in luce l’indifferenza verso l’orrore della guerra, dipingendo un popolo russo assopito, incapace di riconoscere la gravità di ciò che sta accadendo. L’autrice evoca immagini di una vita di campagna pacifica, fatta di suoni e colori luminosi, mentre Char’kov černym dymom ischodil (“Charkiv emanava un fumo nero.”), ponendo il lettore al confine tra due mondi, tra luce e buio, pace e terrore.
Dal rafforzarsi della dicotomia tra dissenso e propaganda, emergono due movimenti estetici contrapposti che, come afferma Massimo Maurizio, si muovono su linee parallele:
“La differenza tra le due estetiche […] sta nell’assertività di chi appoggia il conflitto e la politica del potere (e che quindi aderisce alla visione machista e infallibile dello stesso) e chi si trova schiacciato dagli avvenimenti, chi da questa sensazione di soffocamento e impotenza sa di dover ripartire, chi sa di avere a disposizione questa debolezza che si chiama umanità, che è la piccolezza dell’uomo, ma che è essa stessa una reazione intima e forte alla menzogna dei ‘forti’.” (Massimo Maurizio 2022)
Questa spaccatura nella cultura russa, acuitasi inseguito al 24 febbraio, riflette una frattura profonda nel concetto stesso di verità artistica e politica. Questa divisione contrappone le voci propagandistiche, che alimentano il nazionalismo e giustificano il conflitto, a quelle del dissenso, che si ergono a difesa della verità e della libertà d’espressione. Entrambi i fronti, pur in opposizione, si radicano in una diversa concezione del patriottismo e del ruolo dell’intellettuale nella società.
Nel suo celebre scritto Le origini del totalitarismo, Hannah Arendt descriveva i soggetti perfetti di un sistema totalitario non come nazisti o comunisti convinti, ma come coloro per cui la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più (Arendt 2009: 649). È proprio questa perdita di discernimento lo strumento più efficace della propaganda putiniana, che si nutre dell’ambiguità delle leggi, della confusione sulle libertà individuali e dell’inquinamento informativo. Ne deriva uno stato di apatia collettiva, in cui la verità preferibile è quella che non mette in pericolo, che non ammette sfumature. In questo contesto, tacere o ignorare la guerra diventa non solo accettabile, ma persino normale. Tuttavia, la letteratura russa ha una lunga tradizione di resistenza alla menzogna di Stato, tradizione che trova rinnovato vigore nelle opere degli scrittori contemporanei che si oppongono alla guerra.
In un’epoca di censura e disinformazione, la letteratura russa contemporanea riprende questo testimone, riaffermando il potere della parola come veicolo di verità. Mentre il Cremlino cerca di soffocare ogni voce dissonante, il ruolo della letteratura del dissenso si fa ancora più cruciale, ponendosi come baluardo contro l’oblio, la manipolazione della memoria collettiva e la repressione della libertà.
Bibliografia:
AA.VV., Proteggi le mie parole, Roma, Edizioni e/o, 2022. A cura di Sergej Bondarenko e Giulia De Florio.
Andrei Sakharov – Jack M. Hollander. Progress, coexistence and intellectual freedom, New York, The New York Times Company, 1968.
Anton Vaganov, Understanding the laws related to “fake news” in Russia, Londra, Thomson Reuters Foundation, 2022.
Dmitri Moldavsky, “Moi zavod drevnee Mamontova govna…”, in M. Simonyan (ed.) Poeziia russkogo Leta, Moscow: Eksmo, 2023, pp. 206-208.
Elena Sherstoboeva, “Russian Bans on ‘Fake News’ about the war in Ukraine: Conditional truth and unconditional loyalty”, in International Communication Gazette, No. 86, 2024, pp.36-54.
Clifford Geertz – Umberto Livini, Antropologia e filosofia: frammenti di una biografia intellettuale, Bologna, Il Mulino, 2001.
Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Torino, Einaudi, 2008. Traduzione di Amerigo Guadagnin.
Il’ja Kukulin, “Poetry as an anthropological trailblazer in situations of crisis: Russophone poets’ answers to Russia’s aggression against Ukraine and catastrophic transformation of the political regime (2022-2024)”, in The Routledge Companion to Literatures and Crisis Routledge, New York Routledge, 2025, pp. 267-283.
Maria Zalambani, Censura, istituzioni e politica letteraria in URSS (1964-1985), Firenze, Firenze University Press, 2009.
Pierre Bourdieu, Le regole dell’arte Genesi e struttura del campo letterario, Milano, Il Saggiatore, 2013. Traduzione di Emanuele Bottaro e Anna Boschetti.
Sitografia:
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Maria Stepanova, “While we slept, we bombed Kharkiv…” (2022, traduzione di Ainsley Morse) https://www.worldliteraturetoday.org/2023/march/two-russian-poems-berlin-maria-stepanova (ultima consultazione: 28/12/2024).
Massimo Maurizio, La letteratura dell’assenso, 2022: https://www.huffingtonpost.it/blog/2022/08/16/news/la_letteratura_dellassenso_di_m_maurizio-10047750/ (ultima consultazione: 28/12/2024).
Vladimir Pomerancev, “Ob iskrennosti v literature” (On the sincerity of literature), in Novyj mir, No. 13, pp. 218-245: https://soviethistory.msu.edu/1954-2/the-thaw/the-thaw-texts/on-sincerity-in-literature/ (ultima consultazione: 28/12/2024).
News Mediazona: https://zona.media/news/2022/04/10/prlov (ultima consultazione: 28/12/2024).
ValigiaBlu: https://www.valigiablu.it/sasa-skocilenko-discorso-tribunale-russia/ (ultima consultazione: 21/1/2025).
Apparato iconografico:
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