Federica Florio
“Delle due l’una: o la guerra è una follia oppure, se gli uomini questa follia la compiono, non sono affatto quelle creature dotate di intelletto che tra noi si è stranamente abituati a pensare.” (p. 36)
È una frase ben nota, quella che Lev Nikolaevič Tolstoj (1828 – 1910) affida alle pagine di Racconti di Sebastopoli (“Sevastopol’skie rasskazy” in lingua originale, 1855). Nonostante siano passati centosettant’anni dallo scoppio della guerra di Crimea, le parole del celebre autore russo sembrano non essere invecchiate di un solo giorno; al contrario, continuano a essere di un’attualità alquanto disarmante.
L’assedio di Sebastopoli ha inizio il 25 settembre 1854 e dura quasi un anno, fino al 9 settembre 1855, quando la città viene evacuata e la flotta autoaffondata. I negoziati con le potenze europee – in particolare Francia e Gran Bretagna – saranno piuttosto umilianti per la Russia, che si vedrà costretta, assieme alla Turchia, a smilitarizzare il Mar Nero.
Nel frattempo il conte Tolstoj, ufficiale di artiglieria appena ventiseienne, assiste all’assedio, combatte duramente, riesce a guadagnarsi l’ambito Ordine di Sant’Anna di quarta classe e, soprattutto, si dedica alla scrittura, che lo renderà famoso in tutto il mondo – specialmente grazie ad alcune delle sue opere più mature, come Guerra e pace e Anna Karenina.
I giovanili Racconti di Sebastopoli, messi nero su bianco tra aprile e dicembre 1855, caratterizzati dallo stile da cronista, riscuotono un immediato successo in terra russa, tanto che il primo di questi viene fatto tradurre in francese e poi addirittura pubblicato in Belgio per commissione dello stesso zar: un modo apparentemente raffinato e genuino per rendere noto agli Occidentali il punto di vista della Russia, che nel frattempo viene punita duramente dalle potenze europee.
L’opera, composta da tre racconti e che ha visto la luce in Italia per la prima volta nel 1929, è stata nuovamente pubblicata nel novembre 2024 da Voland Edizioni con la traduzione di Leonardo Marcello Pignataro e la prefazione di Alessandro Barbero. Lo scopo non è solo quello di svecchiare le precedenti edizioni, ma soprattutto di riportare all’attenzione dei lettori la verità brutale della quotidianità della guerra, spesso dimenticata e sottovalutata; una verità che, ora più che mai, dovrebbe ritornare a galla e farsi largo nelle nostre coscienze.
Link al libro: https://www.voland.it/libro/9788862435598
Racconti di Sebastopoli è il duro resoconto della vita degli assediati, che altro non sono che giovani soldati con la testa piena di immagini eroiche e sentimenti patriottici. È per questo che la vera protagonista dei racconti appare come una città in fermento e contemporaneamente desolata, abitata da una moltitudine di personaggi diversi: marinai, soldati e medici, ma anche donne e bambini. Ognuno di loro ha un compito ben preciso, e si adopera alla bell’e meglio per svolgere il proprio dovere.
Nel primo racconto, Sebastopoli nel mese di dicembre, Tolstoj si dilunga nella descrizione degli edifici circondati dalle tracce degli accampamenti militari e dei cannoni, dai carichi di fieno per i cavalli e dai fasci di armi di fanteria. La voce dell’autore, che procede con la narrazione in seconda persona, commenta: “Vi attende inevitabile una delusione, se mettete per la prima volta piede a Sebastopoli. Invano starete a cercare anche su un solo viso una qualche traccia di agitazione, di sgomento o perfino di fervore, di pronta disposizione alla morte, di risolutezza, niente di tutto ciò […].” (p. 18)
Tale introduzione alla città accompagna il pubblico in un tour che, probabilmente, ricalca il giro che lo stesso Tolstoj fece al suo arrivo nel 1854. La visita si interrompe all’altezza dell’ospedale, presso il quarto bastione. Nonostante la descrizione vivida del luogo e dei feriti che vi giacciono al suo interno, la sensazione che rimane è paradossalmente assai calma e serena. Le trincee, i fischi delle palle di cannone e dei proiettili di mortaio rimangono sullo sfondo, lasciando spazio all’esaltazione della tenacia dei difensori della città, guidati da un “sentimento schivo, che di rado si palesa nel russo, ma che sta nel profondo dell’animo di ciascuno: l’amore per la patria.” (p. 33) Il tono dell’autore mantiene una certa solennità fino alla fine del racconto, ricordando, tuttavia, che ciò che aspetta il lettore nelle pagine successive non è la guerra eroica così come la si ama dipingere, accompagnata da bandiere sventolanti e dal rullo dei tamburi, bensì la sua espressione più vera e violenta, descritta tramite il sangue e la sofferenza.
Tolstoj prepara dunque il terreno al secondo racconto, Sebastopoli a maggio, il cui scopo è quello di esaminare l’insensatezza e la vanità del conflitto bellico. Gli aspetti psicologici assumono un ruolo fondamentale, mostrando una visione fuorviante dell’eroismo. Appare chiaro che i soldati russi non sono più considerati né paladini valorosi né salvatori della Patria, ma normali esseri umani nel pieno di una guerra, capaci di eroismo ma anche di codardia: “Dov’è la manifestazione del male, il quale è da rifuggire? Dov’è la manifestazione del bene, il quale è da imitare, in questo racconto? Chi è il malfattore di questa storia, chi è l’eroe? Sono tutti buoni e tutti cattivi. […] L’eroe del mio racconto, che io amo con tutte le forze dell’anima, che ho cercato di ricreare in tutta la sua bellezza, e che è stato, è e sarà sempre magnifico, è invece la verità.” (p. 91)
Sebastopoli nell’agosto del 1855 è l’ultima pennellata di un quadro vivido e brutalmente onesto. Il focus della narrazione si alterna tra Michajlo e Volodja Kozel’cov, due fratelli che testimonieranno la sconfitta e la conseguente ritirata dell’esercito russo. Caratterialmente molto distanti l’uno dall’altro, i giovani Kozel’cov consentono all’autore di alternare umorismo e serietà, sottolineando la fermezza del maggiore e le aspettative, spesso esagerate e al limite del ridicolo, del minore.

Gli episodi all’interno dei Racconti – alcuni dei quali, negli anni a seguire, verranno riutilizzati dall’autore come bozzetti per Guerra e Pace – mischiano una varietà di situazioni e protagonisti diversi, riuscendo a unire persone ben lontane le une dalle altre in un caleidoscopio sociale. Tolstoj dà vita a una moltitudine di piccole biografie che si intrecciano tra loro, creando rapporti tanto complessi quando realistici: ecco che i soldati più poveri, praticamente analfabeti, si ritrovano a comunicare con gli ufficiali di origine nobiliare che cercano di nascondere la paura dietro un’aria austera e affettata. Lo stile da cronista tenta di rispecchiare il più possibile la realtà, appropriandosi dei modi di parlare e di atteggiarsi dei vari personaggi e descrivendo le loro azioni con accuratezza e precisione, senza però eccedere nel sentimentalismo. Le varie scene sfilano davanti agli occhi dei lettori con un ritmo che riesce a riprodurre quello delle azioni serrate delle battaglie, mantenendo viva l’attenzione senza penalizzare in alcun modo il lato emotivo.
Dopo più di un secolo e mezzo dalla loro prima pubblicazione, i Racconti di Sebastopoli si affermano come un’opera che è ancora in grado di affascinare e di far riflettere, ricordando a chiunque che in guerra non ci sono né eroi né vincitori, solo vittime più o meno orgogliose della loro Patria.
Apparato iconografico:
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