Giulio Scremin
“Quando si è giunti al punto di bombardare dall’alto perfino i cittadini pacifici ed onesti come fossero dei neri o dei banditi, e di distruggere la loro proprietà neanche si trattasse di un bosco o di un prato, allora non c’è più vita, né lavoro, né sicurezza. Questa non è la guerra, è la fine di tutto.” (p. 15)
Uno degli aneddoti che si perdono nelle cronache racconta che, nella Sarajevo austro-ungarica dei primi anni del Novecento, il figlio liceale squattrinato di un’operaia di una fabbrica di tappeti trascorreva i suoi pomeriggi a osservare incantato la vetrina di un libraio ceco immigrato in città. Ne era rapito, forse intuiva gli immensi universi dell’ignoto e del magico che si nascondevano dentro quei libri, così vicini ma così irraggiungibili, protetti dietro quella lastra di vetro. Se ne stavano lì, davanti a lui, i libri. Poteva vederli, ma per arrivare a toccarli mancava un qualcosa di fondamentale: i soldi. Con i soldi si può comprare tutto, anche e soprattutto i libri; ma come scriverà qualche anno più tardi un altro sarajevese, Meša Selimović, citando un proverbio popolare, “da sempre, qualcuno ha, e qualcuno guarda”. Il liceale che in quel momento apparteneva alla schiera di “chi guarda” avrà poi accesso ai libri, ne scriverà anche più di uno, raccogliendo e cesellando le storie che sentiva raccontare e che si raccontavano da secoli in Bosnia e nel resto della Penisola Balcanica, per cui l’Accademia di Svezia arriverà a conferirgli anche il Premio Nobel nel 1961. L’uomo, lo scrittore, che da quel momento in poi non avrà certo più problemi ad acquistare qualche libro ogni tanto, è Ivo Andrić, autore del racconto Il caso di Stevan Karajan (“Slučaj Stevana Karajana”,1949) eponimo della raccolta di dieci racconti pubblicata da Bottega Errante Edizioni nella traduzione di Alice Parmeggiani all’inizio del 2024.
Link al libro: https://www.bottegaerranteedizioni.it/product/il-caso-di-stevan-karajan/
Božidar Stanišić riporta questo particolare della biografia dell’autore, questo “racconto delle origini”, nella postfazione a sua cura che accompagna la raccolta. In controtendenza a un comune pensiero critico che tende a considerare l’autore e la sua opera come entità da analizzare separatamente, lo scrittore, poeta e traduttore bosniaco sottolinea l’impatto che questo e altri episodi della crescita e della formazione di Andrić hanno avuto nel delineare il rapporto dell’autore de Il ponte sulla Drina con il tema dell’ingiustizia, sempre presente nei suoi lavori sin dal suo debutto letterario. In questa collezione di dieci racconti finora inediti in Italia, la pripovetka, il racconto episodico-aneddotico più o meno breve che individua un personaggio e ne dipana la storia, diventa uno strumento per esplorare il ventaglio delle diverse ingiustizie che affliggono l’umanità nel suo complesso e nella sua varietà.
Il primo personaggio di cui il lettore fa la conoscenza è anche quello il cui caso dà nome alla raccolta: Stevan Karajan. Il protagonista di questo racconto del 1949 è un uomo la cui storia “si può dire in due parole” (p. 5): emigra a Belgrado, inizia a lavorare come impiegato di banca, sembra essere baciato dalla fortuna. Un successo dietro l’altro: patrimonio in perenne crescita, profitti, matrimonio. Avrebbe potuto vivere così in eterno, se la Storia, altra grande costante della prosa andrićana, non avesse deciso di opporsi. La sua fortuna inizia a disgregarsi sotto le bombe tedesche del 1941. Karajan subisce la violenza della Storia e dei suoi meccanismi di potere e sopraffazione come molti altri personaggi di Andrić, ma a differenza di un Mehmed Paša Sokolović (Il Ponte sulla Drina), che una volta diventato potente e influente sente il bisogno di sublimare il dolore subito nella costruzione di una grande opera pubblica a beneficio di tutta la collettività, a Karajan importa soltanto il suo dolore. La disgrazia di Karajan è un’ingiustizia perché è toccata a lui personalmente, mentre tutto il resto passa in secondo piano. Non è però solo la Storia a essere impulso di ingiustizia in questi racconti, che Stanišič definisce “microcosmi di umana sofferenza”. Nella fattoria statale (“Na državnom imanju”), racconto del 1959, presenta la sofferenza di un uomo buono e dall’indole gentile, accusato da un anziano prepotente di cui è completamente succube di essersi divertito in maniera non appropriata con una bambina del villaggio. Mikan, questo il suo nome, si trova dunque a subire minacce indirette e a scontare la pena morale di un reato che non ha mai avuto neanche l’intenzione di commettere.
“Lui sa di non essere colpevole, ma quella consapevolezza non lo aiuta per niente, anzi, rende la cosa ancor più difficile, complicata e miserabile.” (p. 31-32)
Sempre seguendo Stanišić, la disuguaglianza, in particolare, è in questi racconti implicitamente designata come “la pietra fondante della casa dell’ingiustizia”. La disuguaglianza, in particolare quella sul piano economico, emerge in maniera preponderante nel metaforico e simbolico La conversazione (“Razgovor”, 1948): quattro contadini si riuniscono al tramonto in una collina sopra Sarajevo per rilassarsi, fumando tabacco e conversando, come di consuetudine dopo la giornata di lavoro. Uno dei quattro, che tutti conoscono come Avdić, un uomo che ha “una fervida fantasia e una lingua sciolta” (p. 94) , prende a un certo punto la parola e si lancia in un discorso carico di angoscia, sottolineando come giù in città, nella čaršija, “il denaro è distribuito in modo diseguale e ingiusto, i soldi vanno là dove c’è la merce, e la merce segue il denaro, ma un uomo povero non riesce assolutamente ad afferrare i fili con cui queste due cose si uniscono tra loro.” (p.94). Anche nel poetico Sciopero nella tessitura dei tappeti (“Strajk u tkaonici ćilima”, 1950), il denaro distribuito in maniera diseguale spinge le operaie di una fabbrica di tappeti di Sarajevo (qui, forse più che esplicito il collegamento autobiografico) a lottare per migliorare la propria vita opponendo alla razionalità asburgica la sevdalinka, il canto popolare bosniaco di cui la borghesia che parla tedesco non riesce ad appropriarsi. Nel racconto forse più visionario della raccolta, l’arrivo di un circo libera le pulsioni più violente degli abitanti di un borgo. Queste vengono riversate tutte sul povero Ćorkan, una sorta di buffone della cittadina: un poveretto che viene punito e torturato per il suo desiderio giudicato insano nei confronti dell’equilibrista del circo, mentre gli altri che pure condividono lo stesso desiderio sono esentati dalle percosse. La storia di Ćorkan, protagonista del racconto Ćorkan e la tedesca (“Čorkan i Švabica”, 1921), troverà poi uno sviluppo successivo in uno dei maggiori lavori di Andrić: Ćorkan, infatti, è uno dei molteplici personaggi le cui storie si succedono nei secoli sulle sponde della Drina collegate dal ponte di Mehmed Paša Sokolović. Lo si ritrova ai capitoli settimo, ottavo e quindicesimo de Il ponte sulla Drina.
Completano la raccolta La porta chiusa (“Zatvorena vrata”, 1951), L’inferno (“Pakao”, 1926), Caccia al gallo cedrone (“Lov na tetreba”, 1959), Sogno e realtà sotto il piccolo carpino (“San i java Pod Grabićem”, 1946), Storia del servo Siman (“Priča o kmetu Simanu”, 1948); ognuno portatore di una classe particolare di ingiustizia. Tutti i racconti del ciclo contribuiscono a fornire nuove pennellate al grande quadro umano che Ivo Andrić ha dipinto con tutta la sua narrativa, ricordando come il rapporto tra forza e debolezza, maggioranza e minoranza, uguaglianza e disuguaglianza, giustizia e ingiustizia è presente ovunque un essere umano viva e agisca con gli altri.
Bibliografia:
Diego Zandel, Invito alla lettura di Ivo Andrić, Milano, Mursia, 1981.
Sitografia:
Marco Jakovljević, La psicologia dell’avarizia: “La Signorina” di Ivo Andrić in Andergraund Rivista, 2022.
https://www.andergraundrivista.com/2022/06/21/la-psicologia-dellavarizia-la-signorina-di-ivo-andric/. Ultima consultazione: 2/4/2024
Martina Mecco, La pripovetka come impulso vitale. “Litigando con il mondo” di Ivo Andrić, in Andergraund Rivista, 2021.
https://www.andergraundrivista.com/2021/05/18/la-pripovetka-come-impulso-vitale-litigando-con-il-mondo-di-ivo-andric/. Ultima consultazione: 2/4/2024
Marijana Puljić, Vivere a Sarajevo a cavallo tra XIX e XX secolo. I “Racconti di Sarajevo” di Ivo Andrić, in Andergraund Rivista, 2024.
https://www.andergraundrivista.com/2024/03/22/vivere-a-sarajevo-a-cavallo-tra-xix-e-xx-secolo-i-racconti-di-sarajevo-di-ivo-andric/. Ultima consultazione: 2/4/2024
Apparato iconografico:
Immagine 1: Ivo Andrić firma copie alla fiera di Belgrado. Jovan Popović – Belgrade Book Fair Organization Team, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16153465