Martina Greco
Pubblicato in Russia nella seconda metà degli anni ‘80, Chromaja sud’ba (“Destino zoppo”) di Boris e Arkadij Strugackij ha avuto un trascorso editoriale curioso che, ironicamente, ricalca le vicende del suo protagonista, stabilendo una sorta di isomorfismo tra le avventure del testo e le avventure nel testo. Con l’edizione del 2023, tradotta da Daniela Liberti, Carbonio Editore ha reso fruibile al lettore italiano un’opera dal destino travagliato (zoppo) che, nella sua versione attuale, ha impiegato diversi anni per vedere la luce.
Link al libro: https://carbonioeditore.it/le-collane/cielo-stellato/destino-zoppo-arkadij-e-boris-strugackij/
Per comprendere il romanzo e le sue vicende editoriali bisogna innanzitutto partire dall’inusuale struttura narrativa, che ingloba in un caleidoscopio metadiegetico due diverse storie principali e numerose altre potenziali. Le due narrazioni si alternano continuamente, in un susseguirsi di capitoli dedicati rispettivamente all’una e all’altra: si crea così una costruzione molto simile a quella de Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov, in cui al soggetto moscovita fa da contraltare il libro su Ponzio Pilato. Non a caso, proprio la figura di Bulgakov avrà un’influenza decisiva sul primo dei due testi di cui si compone Destino zoppo. Il protagonista di questa linea narrativa è lo scrittore sovietico Feliks Sorokin che, in coerenza con quanto affermato da Boris Strugackij nella postfazione dell’opera, nasce dalla fusione di due modelli: il personaggio bulgakoviano di Romanzo teatrale e lo stesso Arkadij Strugackij. Come quest’ultimo, Sorokin è scrittore e traduttore di letteratura giapponese e, come il primo, si trova coinvolto in una serie di vicende tragicomiche che lo vedono barcamenarsi in una quotidianità sovietica intrisa di surrealismo. Il libro si apre con una scena ricca di immagini che anticipa sottilmente una delle tematiche preponderanti del romanzo, ovvero il rapporto travagliato tra scrittore e letteratura, presentando l’atmosfera tetra e piovosa che caratterizzerà una parte dell’opera:
“Un giorno di metà gennaio, suppergiù alle due del pomeriggio, ero seduto accanto alla finestra e, invece di occuparmi della sceneggiatura, bevevo vino e riflettevo su varie cose contemporaneamente. Al di là del vetro imperversava una tormenta, le macchine slittavano pavide lungo la carreggiata, sul ciglio della strada si erano formati dei grossi cumuli, e dietro la cortina di neve che cadeva nereggiavano vaghi ammassi di alberi spogli, macchie ispide e strisce di cespugli su un terreno abbandonato. Mosca era sommersa dalla neve.” (p.9)
I toni cupi dell’incipit saranno controbilanciati nel corso della narrazione dall’ironia e dalla goffaggine del personaggio di Feliks Sorokin. Noto in tutta Mosca come autore di opere militari, membro attivo dell’Unione degli scrittori ed entusiasta cantore del regime, Sorokin nasconde però un segreto: la Cartella Azzurra. In quest’ultima sono racchiusi quelli che lui considera i suoi pezzi migliori e che custodisce gelosamente in un cassetto, non trovando il coraggio di farli valutare per un’eventuale pubblicazione. Il contenuto della Cartella tormenta Sorokin, obbligandolo a vivere un’esistenza sdoppiata tra conformismo e trasgressione, carriera e realizzazione personale, monotonia e immaginazione. Il vero motore della storia sarà la richiesta, formulata dalle autorità sovietiche e diretta agli scrittori, di sottoporre i manoscritti a una macchina di recente creazione che prevede il numero dei futuri lettori, pretendendo così di stabilire il valore oggettivo dell’opera: il Mistalet (Misuratore del talento letterario). Da questo momento in poi, l’incapacità di decidere se sia il caso di consegnare alla macchina il contenuto della Cartella genererà nel protagonista uno stato di angoscia e ansia, facendo in modo che lo sdoppiamento della sua esistenza si rifletta sulle possibilità interpretative dell’intera narrazione, che si muove in uno spazio di interferenza tra realtà e allucinazione. Così il lettore sarà portato a chiedersi se l’elisir di lunga vita che Sorokin è costretto a procurare al vicino moribondo non sia altro che un’invenzione di quest’ultimo; se lo strano avventore del bar a cui Sorokin concede l’elemosina sia effettivamente un angelo caduto dal cielo e venuto a consegnargli la partitura del giudizio universale o soltanto un mendicante con una fervida immaginazione; se lo stesso Mistalet esista davvero o sia frutto del terrore che il protagonista prova di fronte alla possibilità di far conoscere al mondo quelle che considera le sue opere più riuscite. L’espediente fantascientifico del Mistalet svolge qui una duplice funzione, di critica sociale e di input filosofico. Da un lato, attiva una polemica sulle condizioni lavorative degli scrittori sovietici, costretti a confrontarsi con una macchina censoria tesa all’omologazione propagandistica dei testi e impossibilitati a dare liberamente sfogo alle proprie esigenze artistiche; dall’altro, innesca una riflessione teorica sui criteri di valutazione della qualità del testo letterario. Entrambe le questioni, sebbene la prima intesa in senso più ampio come scontro tra letteratura e potere, vengono riprese e rielaborate nel secondo racconto, che, attraverso un’operazione di mise en abyme, viene presentato come il famigerato contenuto della preziosa Cartella Azzurra di Sorokin.
Il protagonista del metatesto è un altro letterato, Viktor Banev. Il mondo in cui si muove Banev non è più la Mosca sovietica di Feliks Sorokin, ma una stilizzazione distopica della società capitalista, così come si raffigurava nell’immaginario comunista degli anni della guerra fredda: un luogo degradato e immorale, perennemente piovoso, governato da personaggi avidi e corrotti, i cui interessi si limitano all’accumulazione di denaro e alla soddisfazione della carne. In questo ambiente decadente, l’unica speranza di cambiamento è paradossalmente affidata ai cosiddetti mokrecy, delle creature strane, apparentemente malate, che sembrano avere la capacità di controllare il clima e influenzare i bambini, educandoli alla lettura di libri e favorendone l’accrescimento intellettuale. I toni di questa sezione sono molto più cupi di quelli della prima linea narrativa, il personaggio di Banev racchiude in sé e condensa tutti i dilemmi filosofici che tormentano il suo inventore Sorokin. Scoprendo i dettagli di questa realtà distopica, resa attraverso la coesistenza prismatica di diversi generi, dal thriller, al poliziesco alla fantascienza, il lettore si trova coinvolto in dispute molto raffinate ed estremamente complesse che, come precedentemente accennato, trovano il proprio epicentro nel concetto stesso di letteratura. Torna il problema del valore oggettivo dell’opera, stavolta non stabilito da una macchina, ma dalla possibilità per lo scrittore di contribuire attivamente alla creazione di un mondo nuovo, più giusto. Durante una lezione liceale, Banev dovrà confrontarsi su questo punto con i bambini prodigio, che rintracceranno nei personaggi dei suoi libri la rappresentazione del fallimento del vecchio mondo, a cui segue una condanna generazionale:
“Voi siete marciti nelle trincee, voi siete saltati in aria sotto i carri armati, e chi ne ha tratto giovamento? Voi avete sbraitato contro il governo e contro l’ordine costituito, come se non sapeste che la vostra generazione era semplicemente indegna di un governo e di un ordine migliori. Nonostante vi abbiano spaccato la faccia, la prego di scusarmi, voi vi ostinate a ripetere che l’uomo è buono per natura… o peggio ancora, che ‘uomo’ sia una parola che suona fieramente.” (pp.121-122)
In un mondo alla deriva, ricco di contrasti, conflitti e guerre, allo scrittore cosa resta da fare? Abbracciare la causa superomista della costruzione del nuovo mondo, o restare umano e mostrare vicinanza e compassione per le miserie e le preoccupazioni di chi lo circonda? Sebbene il finale della storia di Banev sembri concedere a questa domanda una risposta coerente con le dottrine storiche e filosofiche dell’apparato sovietico, la complessità del testo, le contraddizioni interne del protagonista, alcolizzato e testardo, lontano anni luce dal prototipo dell’eroe real-socialista, le descrizioni noir, le atmosfere tetre, il linguaggio aspro e a tratti scurrile, hanno impedito al racconto di trovare posto nelle riviste ufficiali della stampa sovietica. A questo punto sorgono spontanee delle domande: il testo su Banev non esisteva solo nel mondo finzionale dello scrittore Sorokin? In che senso non è stato accolto dalle riviste ufficiali?
All’inizio di questa recensione si è fatto cenno alle curiose vicende editoriali che hanno interessato il romanzo Destino zoppo. I due racconti che compongono l’opera sono in effetti stati composti in due momenti molto diversi e solo successivamente accorpati. Se la prima linea narrativa, con protagonista Feliks Sorokin, è stata scritta dai fratelli Strugackij negli anni ‘80, la seconda nasce negli anni ‘60 come scritto a sé stante, dal titolo Gadkie lebedi (“I brutti cigni”). Composto in un periodo in cui i due autori non erano ancora migrati nella subcultura andergraund e pensato come un racconto ideologicamente schierato contro il degrado borghese, I brutti cigni non fu però apprezzato dagli esponenti della cultura e venne scartato dalle più importanti riviste dell’epoca. Fu dunque relegato nel cassetto degli Strugackij per molti anni, per poi trovare posto nell’universo narrativo di Feliks Sorokin e lì sistemarsi all’interno della sua Cartella Azzurra. Stabilendo così un’ulteriore connessione tra la vita di Arkadij e il protagonista di Destino zoppo, i fratelli Strugackij hanno permesso al lettore di accedere a un testo inedito, creando al contempo un’opera doppia: buffa e tormentata, ironica e cupa, filosofica e fantascientifica, vera e immaginata. Un’opera storicamente connotata che racconta del passato sovietico proponendo al lettore spunti di riflessione ancora fortemente attuali e spingendolo a guardare a un futuro “che allunga i suoi tentacoli nel mondo dell’oggi” (p.358).
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://carbonioeditore.it/le-collane/cielo-stellato/destino-zoppo-arkadij-e-boris-strugackij/
Immagine 2: https://encrypted-tbn3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTZ1f3uqxqgDUqr_zzcDnRj2X5u5of4TdS3jvcid0DK1QwhwSKN