Martina Mecco
Quest’anno Andergraund Rivista è stata per la prima volta al Karlovy Vary International Film Festival (KVIFF). Abbiamo avuto l’occasione di vedere Blaga’s lessons (Urocite na Blaga), il film del regista bulgaro Stefan Komandarev (1966 -) che è ha ricevuto il Crystal Globe. Quello di Komandarev è un nome conosciuto nel panorama cinematografico europeo e ha alla spalle presenze a festival importanti come quello di Cannes e diversi film, ad esempio Judgement (2014), Directions (2017) o Rounds (2019).
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=ZYV7IHZrvY4
In Blaga’s lessons si ritrovano elementi già presenti in Directions, ovvero l’attenzione per tematiche sociali e la rappresentazione della dimensione urbana dalla prospettiva dell’automobile. Non è un caso che l’ultimo film di Komandarev sia, come affermato da lui stesso, l’ultimo tassello di una trilogia già iniziata con Directions e Rounds. Blaga, la protagonista interpretata da Eli Skorčeva (un’istituzione del cinema bulgaro), si muove in auto per la città come i sofjanci di Directions. Tuttavia, il film abbandona l’ambientazione della capitale e si sposta a Šumen.
In questa dimensione urbana, la protagonista incarna alcuni problemi della società bulgara contemporanea, ovvero quelli legati alla condizione degli anziani, soli e abbandonati a una vita umiliante. Tuttavia, questo atteggiamento critico si rivolge in senso più ampio alla società bulgara in generale, afflitta dalla corruzione. Secondo Komandarev, il primo passo per risolvere i problemi della contemporaneità lo si ha attraverso una presa di coscienza: l’unica condizione all’azione è la comprensione della necessità di cambiamento.
Nel film questi elementi si sviluppano lungo tutta la narrazione. La realtà è un teatro di tragedia quotidiana. Tuttavia, Komandarev nel mostrarla non rinuncia all’impiego di scene cariche di ironia, come quella iniziale. Nei primi dieci minuti lo spettatore fa conoscenza con Blaga, insegnante in pensione che vuole acquistare una tomba per il marito recentemente defunto. Durante le trattative per l’acquisto, la donna chiede che venga rimossa la croce cristiana per mettervi una stella rossa, in quanto il marito era più devoto a Lenin che a Cristo. L’anziana protagonista diviene vittima di uno di quei fenomeni di scam che sono all’ordine del giorno nell’Europa Orientale. Uno sconosciuto la chiama al telefono e, dicendo di essere della polizia, la convince di essere la prossima vittima di un furto. La malcapitata si lascia persuadere a gettare tutti i suoi averi dalla finestra: è così che Blaga perde il denaro utile a finanziare la tomba del marito. Per la protagonista ha così inizio una vera discesa nella vergogna nei confronti di se stessa, del figlio e, in senso più ampio, della società. L’impossibilità di trovare un lavoro spinge l’anziana a lavorare per la stessa persona che l’ha derubata: in questo modo Komandarev mostra l’assurdità della corruzione e di quanto essa penetri non solo i macrosistemi sociali ma anche la vita privata del singolo, divenendo l’unica soluzione possibile.
Il vero dramma, tuttavia, si consuma solo nel finale. Lo spettatore, sinora coinvolto dal focus sulle scelte di Blaga, viene condotto in quello che sembra essere il raggiungimento di un pacifico equilibrio. La protagonista ha finalmente recuperato i soldi per la tomba del marito e la giovane originaria di Nagorno-Karabakh ha superato l’esame linguistico per divenire cittadina bulgara a tutti gli effetti. Tuttavia, questa si rivela essere una risoluzione apparente, trasformandosi nel momento in cui emerge il tema della violenza, sino a quel momento solo annunciato. Lo spettatore non partecipa alla violenza in modo diretto, la telecamera non si scosta dalla reazione di Blaga quando comprende ciò che sta accadendo nel suo appartamento.
Partecipe della tragedia, lo spettatore riceve l’ultima lezione di Blaga, prima che la telecamera si spenga mentre lei volta le spalle alle conseguenze delle sue scelte e lascia l’abitacolo. Si ritorna dunque a quanto affermato da Komandarev e alla vera lezione celata nel film, ovvero la necessità di prendere coscienza delle condizioni in cui versa la società, un messaggio che va oltre i confini dell’odierna Bulgaria.