Luca Baruffa
A cura di Marco Federici Solari, studioso di letteratura comparata, editore, libraio e traduttore, La montagna dei gatti. Fiabe e leggende del terzo fratello Grimm (L’orma editore, 2023) è una selezione di racconti popolari germanici che Ferdinand, quintogenito della famiglia Grimm, raccolse seguendo le orme dei fratelli Jacob e Wilhelm. Così, per la prima volta in traduzione italiana, L’Orma editore ne pubblica un’antologia inedita accompagnata da un pittoresco apparato grafico ad opera di Antonio Almeida, dando ai lettori un assaggio di come sarebbe stato se i magici “Fratelli Grimm” fossero stati un trio.
Link al libro: https://www.lormaeditore.it/libro/9791254760208
Diamante grezzo della famiglia Grimm – anche se negli scambi epistolari tra i fratelli Jacob e Wilhelm non è raro trovare il suo nome associato a diversi epiteti spregiativi che lo connotano come uno scialacquatore scansafatiche –, Ferdinand Philipp (Hanau, 18 dicembre 1788 – Wolfenbüttel, 6 gennaio 1845) fu invero un brillante folklorista e uno scrittore di grande talento. Attento osservatore della materia viva che sprigionava dalle voci del popolo, e interessato alla letteratura che queste stesse voci costituivano, il “Terzo Grimm” editò due raccolte di fiabe e leggende, mentre una terza fu pubblicata postuma un anno dopo la sua morte: Volkssagen und Mährchen der Deutschen und Ausländer (“Leggende e fiabe popolari tedesche e straniere”, 1820), Volkssagen der Deutschen (“Leggende popolari tedesche”, 1838) e Burg- und Bergmärchen (“Fiabe di monti e castelli”, 1846).
Tuttavia, sia per fierezza che per modestia, Ferdinand non pubblicò mai con il suo vero nome, a cui preferì diversi pseudonimi (Lothar, Philipp von Steinau e Friedrich Grimm). Il giovane voleva farcela da solo, senza essere associato all’operato dei fratelli Jacob e Wilhelm, il cui lustro negli anni Venti e Trenta del XIX secolo cresceva esponenzialmente. Purtroppo, come racconta il curatore nella puntuale introduzione all’antologia, l’opera di Ferdinand non conobbe mai la stessa fortuna di quella dei fratelli, e il motivo è presto detto: alla bassa considerazione che di lui avevano entrambi, e a un certo fastidio che questi ultimi provavano verso il lavoro di raccolta svolto dal fratello minore, percepito come un’‘intrusione indebita’ nel loro campo di studio (tanto da menzionarlo a malapena nelle loro pubblicazioni, concedendo ben poca visibilità a lui e alle sue raccolte), si aggiunge lo scandalo che nel Natale del 1810 agitò la famiglia Grimm: Ferdinand si dichiarò omosessuale. Da quel momento in poi, i rapporti del giovane con la sua famiglia, già turbati, si raffreddarono ulteriormente, costringendolo a una vita di oggettive difficoltà economiche e false distanze che lo avrebbero portato, a soli cinquantasei anni, verso un tragico epilogo: il 6 gennaio del 1845, colpito da polmonite, quel respiro vitale per primo generatore di fiabe e leggende gli venne a mancare, privandolo del tanto agognato lieto fine.
La fascinazione che Ferdinand Grimm aveva per il mondo delle fiabe e delle leggende è riconducibile essenzialmente a due fattori, come risulta dall’introduzione a Volkssagen der Deutschen: uno di natura personale, l’altro riscontrabile nelle tendenze dell’epoca. Se da una parte, infatti, il “Terzo Grimm” era incantato dal carattere magico intrinseco a ogni narrazione, da cui l’abilità di qualsiasi storia, orale o scritta, di scuotere nel profondo chi l’ascolta o chi la legge, dall’altra la documentazione di queste narrazioni permise al giovane Ferdinand di riscoprire e mettere in circolazione un cospicuo numero di testi del folclore germanico. In questo modo, egli contribuì, seppur in piccola parte e forse involontariamente, alla costruzione di un’identità tedesca che sulla base di solide radici folkloriche avrebbe portato la Germania di inizi Ottocento, territorialmente frammentata e invasa dalla potenza francese, a formarsi in quanto vera e propria nazione moderna. Prima di lui, con lo stesso spirito ma con intenzioni diverse, i fratelli Jacob e Wilhelm diedero vita alla prima edizione dei Kinder- und Hausmärchen (“Fiabe del focolare”, 1812-1815), e ancor prima Achim von Armin e Clemens Brentano a una vivi(di)ssima antologia di canti popolari dal titolo Des Knaben Wunderhorn (“Il corno magico del fanciullo”, 1805):
“Le raccolte di Ferdinand Grimm non sono mosse dal progetto filologico e politico dei più illustri fratelli, che miravano a salvaguardare e nobilitare il patrimonio popolare germanico […]. Ferdinand sembra piuttosto inseguire il meraviglioso, farsi guidare dal gusto per il magico e il soprannaturale.” (p. 15)
Il lavoro di curatela e traduzione svolto da Marco Federici Solari per l’antologia pubblicata da L’orma editore, dunque, va oltre la mera, benché importante, riscoperta di Ferdinand Grimm in quanto scrittore e raccoglitore di fiabe antiche e leggende germaniche. Esso si inserisce invero in un filone di studi culturo-letterari che si occupa di indagare i fratelli Grimm – adesso in tre – in relazione al più ampio fenomeno del nazionalismo ottocentesco in Germania. Prendendo le mosse dalle considerazioni di Heinz Rölleke e di Jack Zipes sui Kinder- und Hausmärchen, e dalle riflessioni di Camilla Miglio sulle “storie sommerse” dei “primi” fratelli Grimm, nonché dal suo contributo di traduttrice con la resa in italiano dei primi due volumi dei Märchen e delle loro prefazioni, tale filone pone in essere il riposizionamento degli stessi Grimm e del loro lavoro di raccoglitori di fiabe e leggende all’interno di un contesto storico, culturale e letterario ben preciso, appunto, quello in cui andava formandosi la moderna “nazione tedesca”. Ripensare e riposizionare questi studiosi nel loro contesto d’azione significa, in ultima istanza, dare testimonianza di un importante cambio di paradigma, una svolta fondamentale nella letteratura di lingua tedesca che ha avuto anche ingenti ripercussioni sociali e culturali nella storia dell’umanità.
Non a caso, allo stesso modo in cui nell’introduzione al primo volume dell’edizione 1812-1815 dei Kinder- und Hausmärchen Jacob e Wilhelm usano l’immagine delle spighe di grano sopravvissute a una tempesta come metafora del recupero di un’antica tradizione orale che senza la loro mediazione sarebbe andata perduta, così il misterioso “B.”, editore della raccolta postuma di Ferdinand Burg- und Bergmärchen, paragona il lavoro del giovane al cogliere fiabeschi fiori di loto, sottolineandone l’elemento fantastico-fantasioso scaturito dall’inchiostro della sua fantasia:
“Durante le passeggiate serali, distraendosi dai seri sforzi intellettuali della giornata, l’ispirato poeta coglieva tali fiori e li coltivava per il proprio piacere, non per il giardino del gran mondo. L’oblio o la distruzione ce li avrebbero rubati se la mano dell’editore non fosse intervenuta a salvarli.” (p. 14).
L’antologia contiene ben venti testi ed è divisa in quattro sezioni, le prime corrispondenti alle tre raccolte già menzionate, e l’ultima composta da alcuni scritti postumi, lodati dalla critica del tempo per l’“alto valore poetico.” (p. 14) Prima le leggende, poi le fiabe e i racconti; le sezioni si susseguono in un ordine ragionato che permette a chi legge di cogliere somiglianze e differenze di genere e di stile. Accompagnata da una traduzione cristallina, che pur rimanendo fedele ai testi d’origine dà loro nuova vita, la lettura risulta al tempo stesso leggera, immersiva e accattivante.
In conclusione, unico nel suo genere, il volume fa emergere non solo il potenziale del diamante grezzo che era Ferdinand Grimm, restituendogli lo splendore che da secoli gli spetta, ma anche le intuizioni del curatore, che con dedizione e solerzia presenta al pubblico italiano uno spaccato obliquo delle fiabe e delle leggende germaniche che contribuirono a plasmare un immaginario collettivo tutt’ora vivo, come vive erano le voci del popolo che per prime lo avevano animato.
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/58/Ferdinand_grimm.jpg
Immagine 2: https://www.lormaeditore.it/spool/i__id2019_mw600__1x.jpg