Giorgio Scalzini
Abstract
The rise of ‘popadantsy’: Time travel as a rewriting of history in Russian mass literature
In Russian culture, the idea that history can be corrected and improved is increasingly taking shape. In particular, Russian mass literature has made extensive use of alternative history to overcome the post-Soviet trauma. Hereof, the subgenre of popadanchestvo (accidental time travel) uses the device of modern protagonists (popadantsy) who suddenly jump to crucial moments of the past and start changing the country’s history ‘for the better’. As a result, Russia retains its superpower status and the trauma is prevented, though in a fictitious form. The aim of the paper is then to trace the chronological development of popadanchestvo, analyze its main features and highlight the ways it interacts with historical memory and post-Soviet nostalgia.
“Niente è più triste della morte di un’illusione.”
(Arthur Koestler, Lo Yogi e il Commissario)
Il profondo anelito alla ricostruzione della storia è sempre stato una peculiarità ontologica stabile della cultura russa. A partire dagli anni Duemila, tuttavia, esso ha assunto nuovi connotati per esprimere ed elaborare la condizione di smarrimento di una società in crisi, oppressa dal vuoto post-ideologico e dalla nostalgia per uno splendore perduto. Il trauma che ne è conseguito, infatti, ha reso essenziali la decostruzione del dato storico e la riscrittura delle coordinate socio-culturali, anche (se non soprattutto) in maniera fittizia, nell’ottica di recuperare una solida identità nazionale. In tale contesto di frustrazione sociale – aggravata dalla sensazione condivisa di essere esclusi dalla partecipazione alla storia –, si è conferita valenza identitaria a veicoli culturali unificanti come il cinema e la letteratura, in grado di sollecitare idealmente la coscienza e la memoria, sia privata sia collettiva. In particolare, la letteratura russa di massa – per la sua capacità intrinseca di plasmare l’immaginario popolare – si è rivelata una fucina di efficaci strategie narrative tese all’appropriazione di un rinnovato legame con il passato. Nell’intento di tracciare nuove, agognate rotte del tragitto meta-storico nazionale, tale letteratura si è avvalsa in primo luogo della storia ipotetica, nonché del tema del viaggio nel tempo e nello spazio (noto in Russia con il termine popadančestvo, derivato dal verbo popadat’, ovvero “trovarsi improvvisamente da qualche parte”), che negli anni è divenuto uno degli indirizzi più consolidati dell’odierno mainstream letterario russo.
Questo tipo di narrativa ruota attorno alle figure di “cronoviaggiatori accidentali” (in russo popadancy), ovvero personaggi contemporanei che d’un tratto si ritrovano inspiegabilmente nel passato con l’opportunità di cambiare il corso della storia russa. In tal senso, questo fenomeno risulta essere un genere ibrido tra la storia alternativa classica e la cosiddetta “cripto-storia”: mentre la prima costruisce una realtà ipotetica che non contempla la figura del cronoviaggiatore – come il celebre esempio di The Man in the High Castle (“La svastica sul sole”, 1962) di Philip K. Dick –, la seconda si concentra sui retroscena occulti dei principali eventi storici. Inoltre, il motivo del viaggio nel tempo è ampiamente utilizzato anche nella fantasy russa. In questo caso, tuttavia, il protagonista – spedito in una realtà medievaleggiante in cui regna la magia – non cerca di modificare la storia, bensì di salvare il nuovo mondo combattendo in prima linea per ripristinarne lo status quo, perduto in seguito all’azione delle forze del Male.
Al di là della natura proteiforme del genere, le sue radici sono riscontrabili nella cultura americana, in particolare nel romanzo di Mark Twain A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court (“Un americano alla corte di re Artù”, 1889), che usa in chiave satirica il motivo del viaggio nel tempo per correggere il passato, sebbene l’eroe sia destinato a fallire. Tale opera ha a sua volta influenzato quello che viene comunemente inteso come il romanzo prototipo del genere in Russia: BESCEREMONNYJ ROMAN (“IMPUDENTE”, pubblicato nel 1928 e ristampato soltanto nel 1991), scritto maiuscolo per la volontà degli autori Veniamin Giršgorn, Iosif Keller e Boris Lipatov di rispecchiare lo stile sperimentale degli anni Venti. Esso narra le vicende di un giovane ingegnere sovietico che, ritrovatosi nel passato durante la battaglia di Waterloo, conduce alla vittoria l’esercito di Napoleone, preparando così il terreno per una rivoluzione proletaria su scala mondiale. Il romanzo, come altri della stessa risma concepiti nella tarda epoca sovietica, non ha mai riscosso grande successo, sia perché era in aperto contrasto con i principi del determinismo storico, sia perché era rivolto al passato e non al “radioso futuro” che la leadership sovietica era così impegnata a modellare. All’infuori di qualche eccezione, come il romanzo di Isaac Asimov The End of Eternity (“La fine dell’eternità”, 1955), si può comunque osservare un discrimine tra la narrativa sul viaggio nel tempo in Occidente e quella in Russia: mentre per la prima si rimarca l’impossibilità di modificare il corso degli eventi senza ripercussioni, per la seconda la correzione della storia non solo è auspicata, ma è anche il fondamento assiomatico della sua stessa esistenza.
In seguito al traumatico crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, sulla storia alternativa “pura” è gravato il compito di fronteggiare incalzanti questioni socio-politiche. Nei romanzi di quest’epoca, infatti, la speranza nel futuro unita all’incertezza del presente si legano a un accentuato revisionismo storico e a un altrettanto forte anticomunismo. Un classico esempio è l’opera Gravilët “Cesarevič” (“Gravivolo “Cesarevič””, 1992) di Vjačeslav Rybakov (1954-), in cui si descrive una realtà ipotetica russa che non è mai stata afflitta da nessuna rivoluzione né guerra mondiale, e dove regna ancora incontrastato l’impero, di cui si fornisce un’immagine idealizzata. Tuttavia, questa tipologia di romanzi ha ricevuto l’etichetta di letteratura “bassa”, almeno fino alla fine del decennio, quando autori affermati del calibro di Vladimir Sorokin, Tat’jana Tolstaja e Dmitrij Bykov vi hanno fatto ricorso per lenire la crisi valoriale di una società destabilizzata. Le opere di questi autori sono essenzialmente delle distopie che, sebbene si interroghino sulle sorti presenti e future della Russia, non forniscono un efficace antidoto al trauma post-sovietico. Come accennato in precedenza, nel nuovo millennio sarà la letteratura di massa a proporre una soluzione al lettore medio, permettendogli di rifugiarsi nell’utopia di cui ha bisogno: per merito di un viaggiatore dal futuro, la storia nazionale verrà finalmente corretta e ricondotta sui “giusti” binari, quelli consoni a una superpotenza mondiale.
È evidente come il fenomeno rispecchi il sentimento di insignificanza storica che pervade l’odierna società russa. In sostanza, il rimedio proposto dai popadancy è quello di prevenire il trauma nel passato e non di curarlo in vista del futuro. Una tale evasione mistificante della storia assurge quindi a strumento con cui il lettore può valorizzare la sua esperienza del presente. In tal senso, gioca un ruolo fondamentale l’identificazione di sé con il protagonista, che conduce il lettore a partecipare attivamente alla storia, a patirla insieme al suo eroe del nostro tempo. Questo meccanismo è facilitato dal profilo del cronoviaggiatore stesso: egli, infatti, viene ritratto come una persona qualunque, senza particolari talenti, ma che viaggiando indietro nel tempo riesce ad affermarsi grazie alle sue conoscenze, tanto mediocri nella contemporaneità quanto prodigiose nel passato.
Inoltre, questa tipologia di romanzi differisce non solo per il modo in cui il protagonista viaggia nel tempo, ma anche per l’eterogeneità delle epoche storiche rappresentate. Per quanto riguarda la prima distinzione, i popadancy vengono catapultati nel passato o fisicamente, mantenendo dunque le proprie fattezze, o mentalmente, cioè ritrovandosi nel corpo di un personaggio storico influente. Mentre il primo tipo di viaggiatore deve riuscire ad avvicinare i vertici del Paese per indurli a correggere la storia, il secondo non ne ha bisogno, perché tutti i poteri sono già concentrati nella sua persona. Un classico esempio è il romanzo Desantnik na prestole. Iz buduščego v boj (“Un paracadutista sul trono. Dal futuro alla battaglia”, 2012) di Michail Lancov (1984-), in cui il protagonista finisce nel corpo del principe Aleksandr Aleksandrovič, il futuro zar Alessandro III.
In base al periodo storico, la narrativa sul viaggio nel tempo si divide in due macroaree: una è dedicata alla Russia pre-rivoluzionaria e l’altra a quella sovietica, ciascuna a sua volta articolata in molteplici sottocategorie. Generalmente, gli autori privilegiano quelle che la coscienza di massa reputa tuttora come fasi nodali della storia nazionale, la cui eco non smette di ripercuotersi sulla contemporaneità. All’interno della prima macroarea, per esempio, si distinguono romanzi ambientati tra l’epoca di Ivan il Terribile e quella di Nicola II, in cui la storia viene corretta prevenendo il crollo dell’impero zarista e la successiva costituzione dell’URSS. È evidente, dunque, che per gli autori di questo filone la Russia come superpotenza possa esistere soltanto in assenza di rivoluzioni.
Per quanto riguarda invece l’epoca sovietica, i periodi in assoluto più gettonati sono quelli della Grande Guerra Patriottica del 1941-1945 e degli anni Sessanta e Settanta (noti come l’era della stagnazione). In quest’ultimo caso, il viaggio nel tempo è volto a impedire il crollo dell’Unione Sovietica, considerato da molti come un evento disastroso. A tale scopo, i viaggiatori si troveranno ad attuare importanti riforme politico-economiche tese alla modernizzazione del Paese, che continuerà a prosperare ben oltre il 1991 esercitando grande influenza nel quadro geopolitico mondiale. Ciò che accomuna questi romanzi è quindi un’immagine distorta dell’URSS, ideata da e per coloro che la rimpiangono come entità messianica. Si pensi, per esempio, alla pentalogia dal titolo eloquente Ja spas SSSR! (“Ho salvato l’URSS!”, 2020-2021) di Aleksej Vjazovskij (1978-), in cui le sorti sovietiche sono riposte in un insegnante di storia.
Il caso della Grande Guerra Patriottica merita una menzione a parte, data la sua onnipresenza nel discorso pubblico in Russia, tra vaneggiamenti e rievocazioni. Sebbene nell’immaginario collettivo essa sia tuttora percepita come una tragedia nonostante il trionfo, è indubbio che sia una (forse l’unica) fonte di orgoglio nazionale ancora capace di unire il popolo russo. È per questo motivo che nei romanzi sul viaggio nel tempo questa guerra non viene mai scongiurata: il suo scoppio è in qualche modo indispensabile, tanto per gli autori quanto per i lettori. Tuttavia, pur finendo nel periodo più buio del conflitto, i popadancy guidano i leader sovietici alla vittoria senza subire le gravi perdite umane registratesi realmente, preservando così la società russa da un trauma generazionale. Tra i tanti esempi possibili, si ricorda il ciclo Pereigrat’ vojnu (“Rifacciamo la guerra”, 2010-2013) di Artëm Rybakov (1973-).
Per concludere, si noti come oggi in Russia la fortuna del viaggio nel tempo risieda nella banalizzazione della storia. In assenza di un modello affidabile di proiezione futura, tale narrativa non può che appropriarsi del passato, privarlo di ogni verità storica e idealizzarlo per ridefinire i paradigmi identitari del presente. Il risultato inevitabile è l’utopia retrograda di baumaniana memoria, celata nelle mentite spoglie di un “passato radioso”. In questo modo, la coscienza di massa risulta temporaneamente affrancata dal sentimento nostalgico che la opprime, ma il trauma post-sovietico rimane sempre alla ricerca di una soluzione definitiva.
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Apparato iconografico:
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