Eleonora Smania
Abstract:
The anomaly in Stanisław Lem’s ‘New Gulliver’, or how to describe reality ruled by chaos theory in “Star Diaries”
In this paper we are going to define the main features of Stanisław Lem’s early literary prose by analysing Star Diaries. It is widely known that Lem’s prose is clearly characterised by the presence of an articulated textual and paratextual structure and the combination of science fiction, philosophy and metaliterature. Due to such unique features, Lem’s prose defies the division by literary genres and is considered a product of its own. A perfect example which enforces the aforementioned uniqueness of Lem’s prose is Star Diaries, one of the oldest works yet the most representative of the Polish writer’s mastery. Star Diaries is a heterogeneous anthology of stories, which – despite the apparently linear and simple plot – cannot be simply interpreted as an odd rendition of a memoir set in a fantascientific world. As a matter of fact, the complex paratextual structure shows a clear unreliability of the narrating voice; moreover, it discloses the anthology’s main thematic core, which is the hardships dealt by humans while trying to control and describe chaotic systems.
Passando in rassegna le personalità che hanno attivamente contribuito alla letteratura fantascientifica, è impossibile non menzionare il nome di Stanisław Lem (1921-2006), figura che negli ultimi anni in Italia ha ricevuto maggiore attenzione grazie al lavoro editoriale di Voland, Sellerio, Mondadori, Editori Riuniti, Marcos y Marcos e Bollati Boringhieri.
Stanisław Lem è stato uno scrittore e saggista polacco molto prolifico appartenente alla generazione di scrittori e scrittrici del secondo dopoguerra. Affetta in prima persona dagli sconvolgimenti del XX secolo, tale generazione fu fortemente ispirata dalla sperimentazione letteraria, dalla pulp fiction e dalla tecnoscienza, quest’ultimo ambito molto caro all’autore polacco e costantemente trattato sia nella sua produzione saggistica che in quella narrativa. Appassionato di cibernetica al punto da intraprendere studi da autodidatta sulla materia, Lem era solito applicare i principi di questa scienza alla teoria tecno-evoluzionaria e a quella del caos, mostrando un’attenzione quasi ossessiva al tema dell’auto-organizzazione dei sistemi complessi e dimostrando le falle alla base dei sistemi considerati più razionali, logici e infallibili. Il fascino verso il concetto di disordine, gli studi sulla cibernetica, l’influenza della nuova visione letteraria postmodernista e l’approccio personale alla teoria letteraria generale hanno influenzato in maniera decisiva la produzione letteraria dello scrittore. Ogni racconto o romanzo di Lem presenta una struttura apparentemente semplice e lineare, la quale però mostra la sua reale complessità con l’avanzare della trama, rivelando così il sottile gioco (meta)narrativo e linguistico. Un’altra particolarità caratterizzante la prosa letteraria di Lem è la commistione di generi, sapientemente rielaborati e sovvertiti attraverso la maestria narrativa dell’autore: in ogni romanzo dell’autore polacco fantascienza, metaletteratura e filosofia si fondono assieme, ridefinendo il concetto di romanzo e mettendo in discussione sia la divisione in generi letterari sia le aspettative di chi legge. Tale particolarità è percepibile in tutti i romanzi e le raccolte di racconti fantascientifici pubblicati dall’autore polacco come Astronauci (“Il pianeta morto”, 1951), Obłok Magellana (“La nuvola di Magellano”, 1955), Eden (1959), Solaris (1961), Bajki robotów (“Fiabe per robot”, 1964) e Cyberiada (“Cyberiade”, 1965).
Un’altra opera di prosa narrativa che rappresenta efficacemente la maestria di Stanisław Lem è Dzienniki gwiazdowe (“Memorie di un viaggiatore spaziale”), pubblicata per la prima volta nel 1957. La decisione di analizzare una delle opere narrative meno recenti e più eterogenee del repertorio lemiano è stata dettata dal semplice fatto che anche in Dzienniki gwiazdowe è possibile riscontrare le caratteristiche principali della prosa lemiana. Già nell’opera antologica di Lem appare l’accenno di una rigorosa decostruzione del mito dello spazio, le aspre critiche ai sistemi di pensiero considerati “razionali” e l’impossibilità di scindere la scienza dall’elemento irrazionale insito nella natura umana. Oltre a ciò, l’antologia di racconti menzionata costituisce un ottimo esempio per dimostrare l’attenzione quasi maniacale di Lem nell’organizzare non solo il contenuto dell’opera, ma anche la forma – aspetto essenziale per l’autore – e, allo stesso tempo, nel rielaborare e sovvertire i generi letterari. Nel caso di Dzienniki gwiazdowe, il genere letterario rielaborato in questione è l’odeporica.
Dzienniki gwiazdowe è un’antologia di racconti dal carattere eterogeneo che narra le vicende di Ijon Tichy, un viaggiatore spaziale pluridecorato e autore di un memoir curato dal professore Astral Sternu Tarantoga – personaggio ricorrente in Astronauci –. In questa raccolta, presentata da Tarantoga come un’opera di grande valore scientifico e importanza, l’astronauta Tichy descrive i diversi popoli con i quali è entrato in contatto durante svariate missioni, gli incontri con scienziati strampalati dediti a esperimenti assurdi e folli e i surreali fenomeni – tra realtà e allucinazione – che lo hanno coinvolto durante i suoi viaggi. Il protagonista viene trascinato in rituali o tradizioni dei popoli locali con cui entra in contatto – in alcuni casi indottrinato da questi ultimi sulla loro visione del mondo – e veste i panni di interlocutore passivo di fronte ai dilemmi scientifico-filosofici esposti dagli scienziati che spuntano tra i suoi aneddoti.
Come asserito precedentemente, la raccolta richiama a prima vista il genere dell’odeporica e presenta una chiara struttura tripartita: la prima parte è costituita dalla premessa e dall’introduzione entrambe scritte da Tarantoga, la seconda parte si concentra sulla narrazione di Tichy sui viaggi compiuti e, infine, la terza parte racchiude svariati aneddoti raccontati dal protagonista avvenuti durante alcuni viaggi. Tuttavia, non si può considerare Dzienniki gwiazdowe esclusivamente un esempio – declinato in chiave fantascientifica – di letteratura odeporica, in quanto certi elementi paratestuali inducono il lettore a riconoscere un carattere non convenzionale insito nell’opera. Partendo già dall’indice si può notare la numerazione irregolare dei capitoli: la sezione dedicata alla narrazione dei viaggi si apre con il “viaggio settimo”, seguito da “viaggio ottavo”, “viaggio undicesimo”, “viaggio dodicesimo”, “viaggio tredicesimo”, “viaggio quattordicesimo”, “viaggio diciottesimo”, e così via – numerazione motivata dal narratore come effetto della dilatazione e fusione della dimensione spazio-temporale nello spazio –; l’ultima sezione si apre con i primi cinque racconti indicati esclusivamente con i numeri romani, mentre i quattro racconti finali mostrano dei veri e propri titoli, come “L’istituto del Dottor Vliperdius”, “Il Dottor Diagoras”, “Salviamo il Cosmo (Lettera aperta di Ijon Tichy)” e “Il professor A. Donda (Dai ricordi di Ijon Tichy)”. Il carattere non convenzionale dell’antologia appare con maggior preponderanza nella premessa. Quest’ultima conferma la necessità, da parte di chi legge, di adottare una chiave di lettura diversa. Le indicazioni fornite dall’autore nel paratesto suggeriscono al lettore che l’antologia non può essere goduta e interpretata come una semplice opera di letteratura di viaggio declinata in un contesto fantascientifico.
“[…] l’Editore non starà a sprecare inchiostro per descrivere le virtù di questo viaggiatore il cui nome è noto ad ambedue le calotte della Via Lattea. Famoso esploratore di stelle, capitano di un lontano equipaggio galattico, cacciatore di meteore e di comete, infaticabile studioso e scopritore di ottantatremila globi, dottore honoris causa delle università delle Due Orse, membro della Società per la Tutela dei Piccoli Pianeti e di molte altre società, cavaliere degli ordini lattei e nebulosi Ijon Tichy si presenterà da solo in queste Memorie che lo collocano nella serie di quegli intrepidi uomini del passato come Karl Friedrich Hieronim Munchhausen, Pavel Maslobojnikov, Lemuel Gulliver o Maitre Alkofrybas.” (p. 1)
Come è possibile notare nell’estratto sopra riportato, il paratesto appare come il risultato di un abile gioco testuale atto a chiarificare la vera natura del testo al lettore: la lunga e opulenta lista di onorificenze e titoli – quasi al limite del ridicolo – dedicata a Ijon Tichy e la sua suddetta rilevanza di cui gode e che lo fa annoverare tra i nomi di grandi esploratori del passato tanto eminenti quanto inesistenti e fittizi richiamano la tradizione letteraria satirica. La prefazione e l’introduzione di Taganroga richiamano inequivocabilmente la nota introduttiva dell’editore al lettore nel romanzo I viaggi di Gulliver. Come Richard Sympsor, anche il professore Taganroga interviene a supporto della veridicità degli scritti del protagonista. Nell’introduzione della raccolta, il professore rivendica con fervore i fondamentali contributi forniti dal memoir, rivelatisi di grande ispirazione per la letteratura scientifica al punto da dedicare un vero e proprio ambito di studio a Ijon Tichy.
“L’attuale pubblicazione degli scritti di Ijon Tichy, pur non essendo né un’edizione completa né un’edizione critica, costituisce un passo avanti in confronto a quelle precedenti. È stato possibile aumentarla di due testi relativi a due viaggi fino ad ora sconosciuti, l’ottavo e il ventunesimo. Quest’ultimo porterà nuovi particolari concernenti la biografia di Tichy e la sua famiglia, particolari che interessano non soltanto agli storici, ma anche al fisico, in quanto da essi deriva la dipendenza, già da lungo tempo da me intuita, tra il grado di affinità familiare e la velocità.” (p. 3)
Oltre a ciò, l’eminente professore smentisce le voci secondo le quali il vero autore degli scritti sarebbe in realtà il dispositivo elettronico “LEM” – una divertente autocitazione inserita dall’autore e coerente con l’ambientazione stabilita per l’opera –, un modulo lunare da esplorazione costruito per il “Progetto Apollo”. Taganroga afferma che un dispositivo simile non sarebbe mai stato in grado di formulare frasi dotate di significato a causa del limitato cervello elettronico. Nonostante la strenua difesa posta da Taganroga, lo stesso accademico non si esime dal notare alcune incongruenze sorte durante lo studio degli scritti di Tichy, andando così a contraddire in parte le rassicurazioni del curatore della raccolta.
“In questo volume non è invece compreso il ventiseiesimo viaggio che è stato pubblicato infine come apocrifo. Ciò è stato dimostrato da un gruppo di ricercatori del nostro Istituto, dopo un’analisi elettronica comparata dei testi. Non sarà forse inutile aggiungere che personalmente già da molto tempo ritenevo che il cosiddetto «Ventiseiesimo viaggio» fosse un apocrifo, a causa delle imprecisioni che si riscontrano nel testo, concernenti tra l’altro gli Odolèga (e non gli «Odolèga», come riportava il testo), e anche i Meopseri, i Muciochi e un genere di Powo i Phlegmus Invariabilis Hopfstosser).” (p. 3)
L’obiettivo dell’autore non consiste nel convincere il lettore della possibile esistenza di pianeti come Enteropia, Pinta o Panta, anzi: il gioco paratestuale smaschera l’inaffidabilità della voce narrante e permette al lettore di intuire l’atipicità dei racconti che sta per leggere. Man mano che si procede con la lettura dell’antologia è possibile notare l’innaturale passività del narratore, il quale si limita a raccontare ciò che gli accade senza mai esporre una riflessione personale in merito a ciò che gli accade attorno. Ecco che i dubbi menzionati da Taganroga sull’affidabilità e sulla natura non erano stati inseriti dall’autore esclusivamente a scopo satirico, ma costituiscono un vero e proprio riferimento a una tematica precisa menzionata nella raccolta. Il tema della veridicità della realtà esperienziale umana in relazione alla dimensione universale è un elemento che ricorre molto spesso nella narrazione, in particolare nella sezione dedicata ai ricordi di Ijon Tichy. Basti pensare al racconto introduttivo alla seconda parte dell’antologia, nel quale il professor Corcoran spiega a Tichy il tragico destino dei cervelli elettronici da lui creati, macchine isolate in contenitori convinte di essere degli uomini a causa dell’imprevedibilità degli stimoli e impulsi elettronici che ricevono.
“Il destino dei miei forzieri non è prestabilito dal principio alla fine, dato che gli avvenimenti si trovano lì nel tamburo, in una lunga fila di nastri paralleli e soltanto il selettore, che opera secondo la regola cieca del caso, decide da quale serie di nastri il collettore di impressioni sensibili del forziere in questione prenderà i contenuti nel momento successivo. Naturalmente la cosa non è così semplice come ho detto, perché anche i forzieri possono fino a un certo punto influire sui movimenti del raccoglitore di impressioni, e la selezione casuale si ha completamente soltanto quando quelli che sono stati creati da me si comportano passivamente… anche se la loro volontà è libera ed hanno le stesse limitazioni che abbiamo noi. La struttura della personalità che possiedono, le passioni, i difetti naturali, le condizioni esterne, il grado di intelligenza… non posso entrare in tutti i dettagli…” (p. 370)
L’articolato apparato paratestuale non riflette solo la complessità a livello strutturale dell’opera, ma anche a livello tematico e contenutistico, anticipando e riassumendo il tema della raccolta. Apparentemente presentato come un’antologia di strampalati viaggi dotata di una vena satirica, Dzienniki gwiazdowe mostra la condizione critica dell’essere umano, che tenta di carpire meccanismi che agiscono ben oltre la sua immaginazione e possibilità d’azione. Come può quindi l’essere umano comprendere e raccontare l’universo governato dalla legge dei sistemi complessi, quando è alla completa mercé dell’imprevedibile oscillazione atomica? Come ci si può rapportare a una realtà così complessa come quella universale, nella quale tempo e spazio si riorganizzano e fondono assieme? Quanto risulta folle e insensata la superbia umana, che spinge le menti più brillanti a tentare di piegare al proprio volere la realtà? I popoli incontrati da Tichy cercano una soluzione attraverso l’applicazione di sistemi razionali, crogiolandosi nel falso senso di conforto fornito da quest’ultimi. Tuttavia, la fallacia di questi sistemi viene smascherata non appena accadono sequenze di eventi non prevedibili, che mettono in crisi le credenze precedenti. L’unica legge conosciuta e valida, motore principale dell’universo, è quella del caos.
L’antologia racconta la ricerca di una formula che possa descrivere e spiegare una realtà complessa come quella universale, prendendo spunto dalla tradizione letteraria odeporica e satirica e contemporaneamente sovvertendola. Il rapporto dialettico tra elemento testuale e paratestuale è ciò che rende Dzienniki gwiazdowe un tassello fondamentale nella produzione lemiana.
Bibliografia:
Dagmar Barnouw, Science Fiction as a Model for Probabilistic Worlds: Stanislaw Lem’s Fantastic Empiricism, in “Science Fiction Studies”, Vol. 6, N. 2, 1979, pp. 1532-173.
Jerzy Jarzȩbski, Stanislaw Lem’s “Star Diaries”, trad. Franz Rottensteiner and Istvan Csicsery-Ronay, Jr., in “Science Fiction Studies”, Vol. 13, N. 3, 1986, pp. 361-373.
Katherine Hayles, Chaos as Dialectic: Stanislaw Lem and the Space of Writing, in Id. Chaos Bound, Orderly Disorder in Contemporary Literature and Science, New York, Cornell University Press, 1990, pp. 115-140. Disponibile al link: https://www.jstor.org/stable/10.7591/j.ctt207g6w4
Stanisław Lem, Memorie di un viaggiatore spaziale, Milano, Mondadori, 1991.
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://www.newyorker.com/culture/culture-desk/the-beautiful-mind-bending-of-stanislaw-lem