Stop-Zemlja (Stop Zemlia) di Kateryna Hornostaj

Claudia Fiorito

 

Regia: Kateryna Hornostaj

 

Sceneggiatura: Kateryna Hornostaj

Fotografia: Maksym Nimenko

Montaggio: Kateryna Hornostaj

Produttore: Vitalij Šeremet’jev, Ol’ha Beschmel’nycina, Natalija Libet, Viktorija Chomenko

Produzione: ESSE Production House

Distribuzione: Arthouse Traffic

Origine: Ucraina

Lingua: Ucraino

Durata: 122’

Genere: Drammatico, Coming-of-age

 

Link al Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=7CU2V4Yt38g&ab_channel=Berlinale-BerlinInternationalFilmFestival

Link a cui reperirlo: https://www.takflix.com/en/films/stop-zemlia

 

Regista, sceneggiatrice e produttrice, Kateryna Hornostaj (1989 -) ha esordito nel 2013, all’età di 24 anni, come documentarista. Avendo preso parte alle proteste del Majdan, ha realizzato due documentari sull’argomento:“Jevromajdan. Čornovyj montaž” (“Euromaidan. Rough cut”, 2014) e “Skriz’ Majdan” (“Maidan is Everywhere”, 2015). “Stop-Zemlja” è il suo primo lungometraggio di finzione.

 

Trama: I sedicenni Maša, Sjenja e Jana sono tre inseparabili compagni di classe di un liceo di Kyïv. Attraverso i loro occhi scopriamo cosa significa essere adolescenti nella capitale ucraina, esplorando con loro i primi amori, le insicurezze e le sofferenze di una nuova generazione.

 

Interpreti:

Marija Fedorčenko – Maša 

Arsenij Markov – Sjenja

Jana Isajenko – Jana

Oleksandr Ivanov – Saša

 


Dicono che quando hai i brividi è l’anima che tocca il corpo.

Vincitore del premio della critica alla settantunesima edizione della Berlinale (2021) nella sezione Generation 14plus, Stop-Zemlja è stato definito dal critico ucraino Serhij Ksavenov “il primo vero film ucraino ambientato in una scuola”. Seguendo le vicende dei tre ragazzi protagonisti all’ultimo anno di scuole superiori, il film dona uno spaccato della vita degli adolescenti di oggi in Ucraina: la scoperta della propria sessualità, i primi amori, l’incertezza del futuro, la memoria degli scontri del Majdan.

Pur lasciando spazio alle storie individuali dei protagonisti, la narrazione si sofferma in maggior misura sulle vicende di Maša, innamorata del suo compagno di classe Saša, a cui non riesce a confessare i propri sentimenti. A poche settimane dal ballo di fine anno, tuttavia, un account su Instagram invia dei messaggi anonimi alla ragazza, che inizia a sospettare si tratti proprio di Saša.

Partendo dalla propria esperienza da documentarista, Kateryna Hornostaj realizza un film in cui i confini tra film di finzione e documentario sono labili: i protagonisti, nonché tutti i componenti della classe di adolescenti che fa da contesto alle vicende, sono attori al loro esordio cinematografico che, guidati dalla regia di Hornostaj, hanno lavorato di improvvisazione a partire da una sceneggiatura senza dialoghi, con la sola descrizione delle azioni, mantenendo inoltre i propri nomi reali. La scelta degli attori non professionisti si riflette anche nell’aspetto linguistico della recitazione dei ragazzi: la lingua utilizzata è infatti un ucraino ricco di contaminazioni, dal russo – ma anche dall’inglese – nonché di espressioni tipiche del gergo giovanile.

Ad intervallare le vicende del film vengono inoltre inseriti spezzoni di interviste in cui i ragazzi vengono inquadrati con la camera fissa, rispondendo a domande di diversa natura riguardanti gli affetti, l’amore, la famiglia, i propri desideri per il futuro: lasciando spazio alla loro vulnerabilità, gli attori/personaggi si mettono a nudo davanti alla cinepresa, a tal punto che Maša, in una delle interviste, scoppia in lacrime. Con discrezione, la macchina da presa la segue, catturando l’intimità dell’abbraccio tra la ragazza e l’intervistatrice: ancora una volta l’aspetto documentaristico, tratto caratteristico della regista, emerge donando autenticità alla narrazione.

Alla camera fissa delle interviste si contrappone invece l’utilizzo della macchina a mano che segue i ragazzi: fondamentale è il suo utilizzo durante la scena in cui il gruppo di compagni di classe gioca a stop-zemlja nel cortile della scuola, in cui un giocatore posto in mezzo agli altri tenta di raggiungerli tenendo gli occhi chiusi, avendo come unica guida le loro voci. Nella scena Maša è al centro, ma non riesce a toccare nessuno.

La regista, avendo preso parte alle proteste dell’Euromajdan del 2014, mantiene viva la memoria degli scontri all’interno del film: in una scena esemplificativa l’intera classe di sedicenni è invitata ad una dimostrazione militare, in cui viene insegnato agli studenti come utilizzare un fucile. Tra le reazioni incuriosite ed insicure dei ragazzi, quella di Sjenja è la più significativa: fortemente turbato, si allontana dalla classe e, inseguito da Maša, le racconta della sua esperienza in un territorio di scontri armati.

Incarnata nel personaggio di Sjenja è inoltre la tematica LGBTQ+, per cui la regista decide tuttavia di non tracciare confini netti con un coming out definito del personaggio. La bisessualità del ragazzo, infatti, non è apertamente dichiarata: in una sua conversazione con Maša, il ragazzo afferma di non far particolare differenza tra i generi, ma di avere una cotta segreta per una ragazza di cui si rifiuta di dire il nome. Lo spettatore potrebbe ipotizzare che il suo amore segreto sia proprio Maša, ma non vi è alcuna certezza.

La narrazione, infatti, lascia diversi aspetti in sospeso, domande a cui lo spettatore non trova risposta: non sappiamo, ad esempio, se Saša ricambi i sentimenti di Maša, o se dietro il misterioso account su Instagram si celi proprio lui, o forse Sjenja, segretamente innamorato di lei. La non risoluzione di questi interrogativi trasmette allo spettatore l’incertezza dei protagonisti, portandolo a identificarsi con loro, facendolo brancolare nel buio, con gli occhi chiusi, come nel gioco stop-zemlja.