Elisa Montagner
Le donne intelligenti, se non vogliono nascondersi, raramente hanno una vita facile. Avvicinarsi alla scrittura di Christa Reinig (1926 – 2008) costringe a confrontarsi con una realtà eteronormata in cui è possibile creare una polivalenza sia nella sessualità che nella testualità. Un’autrice, che nella sua volontà di affermarsi e di esplorare ciò che scopriva in se stessa e nel mondo, ha rappresentato un inizio che ha incoraggiato molti autori e autrici a continuare questo cammino.
Pubblicato all’interno della raccolta Die ewige Schule (“La scuola eterna”) nel 1982, Ein Sonntag in Krieg (“Una domenica durante la guerra”) si presenta come un racconto complesso che ritrae un mondo eterosessista e patriarcale in cui l’espressione sociale, politica e sessuale delle donne nella Germania nazista è tristemente inibita.
Il racconto descrive le esperienze negative di un’adolescente, Angelika, nella Germania nazista. La narrazione ruota intorno alla sua escursione lungo un fiume con Fräulein Ursula Beck, una sua collega, durante la quale condivide le sue frustrazioni sull’oppressione delle donne in una società patriarcale. Anche se Angelika non ha i mezzi per esprimersi in termini moderni, i suoi racconti sono un chiaro segno del suo essere vittima dell’oppressione maschile.
Angelika racconta a Fräulein Beck il suo incubo ricorrente della “domenica di sangue”, un massacro storico avvenuto nella città polacca di Bydgoszcz nel 1939, di cui era venuta a conoscenza ascoltando una conversazione tra suo padre e suo zio. Il racconto si apre con questo sogno violento in cui alcuni soldati aprono l’utero di una donna incinta che urla, le strappano le viscere e il feto, le infilano un gatto nella pancia e la ricuciono, mentre due donne crocifisse sono sospese sullo sfondo. Fräulein Beck, inizialmente è piuttosto diffidente nei confronti di Angelika, ma durante il racconto fungerà da guida spirituale per la protagonista. Riconosce una potente energia nella giovane donna e la incoraggia ad usare la sua rabbia verso i sostenitori del patriarcato. Grazie all’interpretazione del sogno di Angelika, vi è la possibilità di ricostruire una storia comune delle donne e di scoprire i mezzi per costituire un’identità lesbica in una società tirannicamente eterosessuale.
Un altro aspetto che colpisce in Ein Sonntag in Krieg è la difficoltà delle protagoniste di ottenere una completa autonomia, nata dall’incapacità di Angelika e Fräulein Beck di esprimersi in una società maschilista. Entrambe le donne sono linguisticamente debilitate e hanno bisogno della mediazione di un io narrante. Durante il sogno violento di Angelika, per esempio, si sente l’urlo di una donna aggredita dai soldati, ma quando si risveglia non trova nessun altro modo di esprimersi se non urlare a sua volta. Angelika cerca di descrivere lo scenario del sogno a Fräulein Beck, ma ha di nuovo bisogno della mediazione dell’io narrante: “conosce le parole che dovevano essere pronunciate, cioè nuda e incinta e seno e stomaco e viscere ed embrione, ma non riesce ad esprimerle.” (p. 21)
Nel corso del racconto Angelika si sforza in diverse occasioni di uscire dal silenzio, ma emergono di continuo le limitazioni e le restrizioni che il linguaggio patriarcale esercita sulle donne. Inoltre, Angelika riporta una conversazione in cui ricorda a sua madre che l’amico d’infanzia di Angelika, Dagobert, aveva cercato di violentarla quando era più giovane. Lei spiega che “lui voleva violarla” (p.11), non riuscendo però a pronunciare la parola “stupro”. La tecnica narrativa di Reining presenta continuamente le limitazioni del linguaggio paterno, al fine di accentuare ed esporre quei meccanismi di controllo patriarcale del linguaggio che storicamente mettono a tacere l’espressione delle esperienze delle donne.
Un altro punto saliente del racconto è l’incontro indiretto che Angelika e Fräulein Beck hanno in un piccolo ristorante, dove notano una coppia di donne anziane che attirano l’attenzione degli altri clienti. La coppia è identificata indirettamente come lesbica dai loro vestiti: “una porta un cappello di paglia ed è vestita con un gilet e una camicia da uomo con una piccola cravatta, e la cosa più vistosa che indossa sono i suoi grandi gemelli” (p. 20). Sembra che Fräulein Beck voglia far capire ad Angelika che queste donne sono lesbiche, ma, sebbene anche lei senta un legame innato con la coppia, non riesce a spiegare la situazione né a descrivere i suoi sentimenti sulle relazioni lesbiche. Angelika e Fräulein Beck conversano facilmente su molti argomenti, ma quando si tratta di sessualità, in particolare di omosessualità femminile, Fräulein Beck non trova le parole adatte e non riesce a formulare un pensiero al di fuori del discorso maschile ed eterosessuale che domina non solo il linguaggio sessuale ma anche le fantasie maschili sulla sessualità femminile.
Reinig sembra riconoscere che, sebbene le donne in questo racconto siano ritratte come vittime, non sono sempre innocenti. Il lettore è, infatti, sorpreso di scoprire che Angelika, vestita con le scarpe del Bund Deutscher Mädel (Lega delle ragazze tedesche), l’organizzazione femminile corrispondente alla Gioventù hitleriana maschile, mentre osserva l’abbigliamento maschile di Fräulein Beck le lancia uno sguardo sprezzante. Fräulein Beck sembra non impegnarsi quando parla con Angelika: “ride la sua solita risatina che dovrebbe segnalare un accordo, ma che può essere ripresa in qualsiasi momento con le parole” (pp. 14-15). Il ritratto di Angelika con le scarpe e lo sguardo sprezzante, che sembrano indicare l’inevitabilità della non comunicazione tra donne, dimostra da una parte che Reinig è consapevole delle complessità che intrappolano e mettono a tacere le donne e dall’altra marca la complicità delle donne nella loro stessa oppressione. Allo stesso modo, ricorda al lettore che molte donne nella Germania nazista erano altrettanto colpevoli di crimini del patriarcato fascista quanto gli uomini.
Tipico della scrittura di Reining è la capacità di costruisce personaggi multidimensionali, esponendo i loro punti di forza così come le loro debolezze. Fräulein Beck vede che Angelika potrebbe potenzialmente essere una guerriera lesbica, una figura appassionata che può condurre le donne in uno spazio dove hanno la libertà di trovare un’alternativa al sistema dominante maschilista e di trovare un modo per costituire un’identità lesbica. Attraverso la critica dei costrutti del patriarcato, la storia mira ad essere un’ispirazione critica e stimolante, ma non pretende di offrire soluzioni utopiche, come indica il fatto che Angelika e Fräulein Beck alla fine prendono strade diverse.
Reinig cerca di prescrivere un modo di leggere o di vedere la realtà che tenta di ignorare i paraocchi belligeranti dell’eteronormatività, dando risalto a ciò che di solito non viene percepito o può sembrare nascosto. Attraverso i dialoghi di Angelika e Fräulein Beck, il lettore scopre l’ambiguità del termine guerra, che si riferisce anche alla guerra dei generi e alle difficoltà che due donne possono incontrare nel tentativo di esprimersi in una società designata come maschile ed eterosessuale. Infine, considerando il lesbismo nel contesto storico del terzo Reich è possibile dimostrare come questo racconto fornisca una critica generale della struttura patriarcale della società e ritragga i problemi affrontati dalle lesbiche nella Germania nazista.
Bibliografia:
Bammer Angelika, Testing the Limits: Christa Reinig’s Radical Vision, in “Women in German Yearbook”, Vol. 2, University of Nebraska Press, 1986.
Lorey Christoph and Plews John, Queering the Canon, Defying Sights in German Literature and Culture, Columbia, SC: Camden House, 1998.
Reinig Christa, Die ewige Schule. Erzählungen, Verl. Frauenoffensive, München, 1982.
Apparato iconografico:
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