Sara Deon
“nei miei testi come in quelli di mapplethorpe
ci sono sempre più genitali che visi”
(Slava Mogutin)
Nel 2019 in Russia si è tenuto un importante referendum costituzionale. Tra le diverse modifiche costituzionali proposte, ha avuto particolare eco mediatica la rimozione del divieto per il presidente di essere rieletto dopo due mandati consecutivi. Tuttavia, all’interno di quello stesso referendum era prevista un’ulteriore, importante modifica della carta costituzionale, meno discussa fuori dai confini nazionali ma sintomatica del volto nazional-culturale assunto dalla Russia di Putin. La modifica concerneva l’Articolo 72 della Costituzione, con l’inclusione di una specificazione importante, definendo il matrimonio come un’unione tra uomo e donna. Questa precisazione è in linea con i cambiamenti legislativi effettuati all’indomani della Legge Misulina del 2013, meglio nota come “la legge sulla propaganda omosessuale”, che quell’anno fu approvata a livello federale. Da allora, sono stati criminalizzati numerosi gruppi attivisti e associazioni LGBTQ+ russe (fra le ultime, “Russian LGBT Network”) e le aggressioni fisiche, verbali e online a carattere omofobico sono aumentate. Le accuse alla popolazione queer russa sono di essere deliberatamente provocatoria, di volere minare la famiglia tradizionale e i valori nazionali, nonché di essere un potenziale pericolo per i minori, attraverso un’associazione inequivocabilmente in malafede tra omosessualità e pedofilia. Come affermato da Tanja Lokšina, giornalista ed esperta di diritti umani negli stati post-sovietici, “se sei omosessuale, va bene finché non alzi la voce, finché ti nascondi… Se lo fai [alzare la voce], diventa un problema serio. Il governo russo è disposto a tollerare le persone omosessuali a patto che queste stiano nell’armadio”.
In particolare, il governo e i media di stato russi negli ultimi anni hanno sempre rappresentato la popolazione queer locale come fondamentalmente straniera, una forza estranea intenzionata a destabilizzare e indebolire la società russa. Sono diversi i tentativi da parte del potere statale di connotare le forme di espressione queer e trans-femministe come un lessico straniero, alieno alla cultura nazionale russa. Tuttavia, l’apertura degli archivi dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 e il contributo cruciale di accademici e storici come Dan Haley e Simon Karlinsky, ha fornito conferma che l’omosessualità, anche nell’arte, è sempre stata parte della cultura russa, come di quella globale. Riprendendo un celebre slogan, “We’ve always been here”.
Grazie all’apertura degli archivi, nell’epoca post-sovietica alcuni storici e critici letterari si sono focalizzati sulla riscoperta della letteratura omosessuale russa. Tra gli autori gay più noti del secolo scorso, emergono da un lato Michail Kuzmin (1872-1936), poeta del Secolo d’Argento e autore del primo romanzo dichiaratamente omosessuale russo, Kril’ja (“Vanja”, 1906), Bildungsroman influenzato dalla cultura classica e dove l’identità gay non porta con sé il segno dell’ingiuria; dall’altro lato Evgenij Charitonov (1941-1981), poeta e scrittore del secondo Novecento russo che nelle sue opere, come Kuzmin, celebrava l’omosessualità come un dono divino. Uno dei risultati più significativi in questa area di ricerca è Out of the Blue: Russia’s Hidden Gay Literature a cura di Kevin Moss, antologia in lingua inglese pubblicata nel 1996 dalla “Gay Sunshine Press”.
Molta meno attenzione, finora, sembra essere stata rivolta alla letteratura queer dell’estremo contemporaneo russo. Per quanto concerne la poesia, nel 2008 la rivista italiana “eSamizdat” ha pubblicato l’Antologia di poesia LGBT russa contemporanea a cura di Massimo Maurizio, contenuta all’interno del numero VI, che aveva per tematica gli studi di genere e studi queer nell’Europa centro-orientale e balcanica.
Citato anche nell’antologia a cura del professore Massimo Maurizio, ad oggi uno dei poeti omosessuali russi più noto nel panorama letterario internazionale è senza dubbio Jaroslav Mogutin, noto come Slava Mogutin. Nato nell’aprile del 1974 nella città industriale di Kemerovo, in Siberia, fin da giovane Mogutin si è contraddistinto per essere un artista profondamente eclettico: poeta, giornalista, fotografo e designer, il suo corpus artistico è legato indissolubilmente al suo attivismo e alla proposizione di un ideale di mascolinità in violazione a quello eteronormativo prescritto. Al centro delle opere di Mogutin trovano ampio spazio temi quali l’identità, il dislocamento, l’orgoglio e il desiderio. Egli, inoltre, curò la raccolta di scritti di Evgenij Charitonov e le prefazioni di classici contemporanei della letteratura queer, come la traduzione russa de La camera di Giovanni di James Baldwin e Il pasto nudo di William Burroughs. Negli anni immediatamente successivi alla Perestrojka, fu una delle voci più prominenti di una nuova concezione di giornalismo nazionale, nonché una delle prime personalità mediatiche in Russia a fare coming-out pubblicamente. Lasciatosi alle spalle la provincia siberiana a soli quattordici anni per trasferirsi a Mosca, appena ventunenne Mogutin si era già fatto un nome nella capitale per essere stato oggetto di disparate condanne sociali, nonché due procedimenti penali fino a sette anni di reclusione, con l’accusa di avere dimostrato un deliberato ed esplicito disprezzo per le norme morali generalmente accettate, vandalismo espresso attraverso un eccezionale cinismo ed estrema insolenza, tentativi provocatori di aggravare la divisione sociale, nazionale e religiosa, e infine avere diffuso una retorica propagandistica devota alla violenza bruta, alla patologia psichica e alle perversioni sessuali.
Nel 1994, insieme all’artista statunitense e allora suo compagno Robert Filippini, Mogutin cercò di registrare ufficialmente il primo matrimonio omosessuale russo. Il caso ebbe immediata eco internazionale, aggravando la persecuzione politica e giudiziaria contro l’artista russo, tanto che nel 1995 Mogutin fu costretto ad abbandonare il Paese. Il suo caso trovò ampio supporto da parte di organizzazioni come Amnesty International, il PEN American Center e il Committee to Protect Journalists, e fu il primo cittadino russo a ottenere il diritto di asilo negli Stati Uniti a fronte delle persecuzioni omofobe subite in patria, creando un importante precedente per gay e lesbiche nei territori dell’ex URSS.
Emigrato a New York, l’interesse artistico di Mogutin si ampliò all’arte visiva. Una delle sue monografie fotografiche di maggiore successo è Lost Boys (From Russia with love), pubblicata nel 2006. La raccolta contiene fotografie scattate in Russia tra il 2000 e il 2004, anni dopo l’esilio di Mogutin. L’opera celebra la diversità e la sovversione dell’ideale di mascolinità e desiderio sessuale etero-normativo, ritraendo adolescenti appartenenti a diverse controculture. Nonostante la persecuzione subita in patria e l’esilio forzato, la Russia mogutiniana è lontana dall’essere rappresentata come un monolite culturale: non è meramente un luogo grigio e senza speranza, bensì mette in scena un altro lato del Paese, sexy, colmo di colori e di energia. Già in Lost Boys si presagiva il filo rosso dell’intero corpus dell’artista: un interesse celebrativo nei confronti della diversità e della non-conformità, adolescenti perduti e perdenti, sognatori e nomadi nonostante un sistema opprimente che nega le loro esistenze.
Così come nella rappresentazione della Russia, la medesima eterogeneità è presente in quella dell’omosessualità. Avverso a qualsiasi forma di censura, Mogutin infranse violentemente l’idea di una presunta omogeneità nella comunità omosessuale. Convinto che il grande pubblico sia più interessato a una versione sterile ed epurata della cultura gay, negli ultimi anni l’artista ha rivelato una crescente preoccupazione nei confronti del carattere sempre più assimilazionista e consumista della cultura omosessuale contemporanea. A questa tendenza in rapida crescita, Mogutin si è sempre opposto documentando una sessualità queer radicale e minacciosa, pericolosa e a tratti offensiva – di frequente oggetto di censura.
Inoltre, grazie al suo volume poetico Sverchčelovečeskie superteksty, nel 2000 fu insignito del Premio Andrej Belyj: uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel panorama letterario russo, in una delle sue edizioni più controverse e discusse. Le raccolte poetiche di Slava Mogutin, così come il suo intero corpus artistico, testimoniano una ripresa postmoderna della nozione simbolista di žiznetvorčestvo (creazione della vita), ossia del rapporto tra arte e autore. Oggetto di continue reinvenzioni, autore della sua stessa mitologia artistica, Jaroslav Mogutin – ribattezzato “Slava” – presenta una peculiarità fondamentale rispetto alla tradizione del Secolo d’Argento: la sua auto-creazione non ha unicamente valore letterario, bensì opacizza i confini tra sé e testo, scrittura e azione. Tratto ricorrente in senso ampio della letteratura queer contemporanea, nell’opera di Mogutin si percepisce un’urgente responsabilità sociale, una chiamata all’azione. Come ripetuto da Mogutin in numerose interviste, l’artista ha il compito di sovvertire lo status quo, liberandosi dalle sovrastrutture sociali dominanti. Non è un caso che gran parte della sua produzione artistica miri a scandalizzare, tanto che il poeta fece appello a favore di una “radicale sodomizzazione della cultura russa”. La poetica mogutiniana è intrisa di vitalità vittoriosa, ribelle e rabbiosa, dionisiaca, profondamente erotica e a tratti pornografica, come in questo frammento tradotto da Massimo Maurizio nel numero sopracitato di “eSamizdat” (pp. 290-291):
“IL METODO DI RESPIRAZIONE ARTIFICIALE
BOCCA A BOCCA:
inspirare profondamente e appoggiare la bocca per
tramite di un fazzoletto in modo da chiudere
ermeticamente la bocca del soggetto incosciente
chiudergli il naso e introdurre aria nei polmoni della
vittima
no non mi sto baciando te l’ho già detto
il cuscino bagnato di pianto stretto tra le braccia
dal mio ennesimo SIGNORE TI PREGO IN NOME DI
TUTTO CIO CHE C’È DI PIÙ SACRO FAI CHE LUI no
lui non manterrà mai le sue promesse
nei miei testi come in quelli di mapplethorpe ci sono sempre più genitali che visi
i miei lettori hanno già male alle mani a forza di farsi
seghe
so di non essere per nulla filantropo
non ci sarà nessuna continuazione
dirò soltanto che questa è stata una di quelle squallide
notti dopo la quale ti fa male tutto
la mattina io ero già una persona completamente
diversa
con nuovi ghiribizzi e abitudini facendo una vita
che mi sono inventato che io adattato da me
a me la mia cazzutissima vita da naturalista e cascatore
13 dicembre 98, new york”
Per Mogutin, la scrittura è una forma di auto-terapia, uno strumento per esorcizzare i propri traumi e spettri. L’ispirazione poetica deriva da frammenti del suo quotidiano, ed è fortemente influenzata anche da autori del panorama poetico-letterario beat statunitense come William Burroughs e Allen Ginsberg. Tuttavia, di particolare rilevanza nell’opera di Mogutin è il suo contributo innovativo – e di rottura col canone – alla letteratura russa contemporanea: un’interrogazione continua sul senso dell’identità Russa nell’arte e nella sfera del privato, nel tentativo di conciliare il sé russo con quello dell’esiliato oltre oceano. Forse il più estremo tra gli scrittori postmodernisti russi, l’arte di Mogutin si è fin da subito contraddistinta per esplorare senza timore i tabù nazionali, dando prominenza a soggetti marginali e marginalizzati e rivendicando un legame indissolubile tra arte, impegno sociale e attivismo politico.
Nel 2011, Jaroslav Mogutin ha ottenuto la cittadinanza statunitense e ha cambiato ufficialmente il suo nome in “Slava Mogutin”. Ad oggi continua a comporre poesie e scritti in prosa in inglese e russo, e resta un feroce critico della Russia di Putin, dal suo autoritarismo all’omofobia di stato dopo la legge “contro la propaganda omosessuale” del 2013. Il suo corpus poetico, in particolare, restituisce un’idea della complessità e varietà dell’identità russa e omosessuale, e il difficile rapporto di coesistenza fra queste due. Le sue raccolte poetiche e fotografiche ancora oggi rivendicano il diritto della comunità queer russa alla visibilità e quello ad esistere.
Bibliografia:
Ellen McCallum, The Cambridge History of Gay and Lesbian Literature, Cambridge, Cambridge University Press, 2014.
Kevin Moss, Out of the Blue: Russia’s Hidden Gay Literature – An Anthology, San Francisco, Sunshine Gay Press, 1997.
Massimo Maurizio, Antologia di poesia russa LGBT contemporanea, in “eSamizdat”, 2008 (VI) 2-3, p 291.
Vitaly Chernetsky, Mapping Postcommunist Cultures: Russia and Ukraine in the Context of Globalization, Montreal, McGill-Queen’s University Press, 2007.
Sitografia:
https://www.dazeddigital.com/art-photography/article/36845/1/why-slava-mogutin-is-russias-greatest-art-rebel-bros-and-brosephines (ultima consultazione: 05/06/2022)
https://www.documentjournal.com/2017/08/slava-mogutin-i-transgress-therefore-i-am/ (ultima consultazione: 05/06/2022)
https://hero-magazine.com/article/70979/the-russian-artist-celebrating-the-unbreakable-energy-of-post-soviet-youth (ultima consultazione: 06/06/2022)
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://www.amazon.it/Out-Blue-Russias-Literature-Anthology/dp/0940567202
Immagine di copertina e Immagine 2: https://www.dazeddigital.com/artsandculture/article/17193/1/kissing-in-the-kremlin
Immagine 3: https://i-d.vice.com/it/article/nenpng/scrittori-leggendari-e-quello-che-indossano