Silvia Girotto
Quando si parla di cultura europea, chi ascolta è consapevole di trovarsi davanti a una società che da millenni cambia e si evolve. Secoli di scoperte e sviluppi scientifici hanno portato a nuovi modi di agire e di vedere il mondo e – di conseguenza – anche di viverlo. Come tutti i cambiamenti, anche quelli degli ultimi decenni – sempre più repentini – non sono stati visti in ogni ambiente come positivi. Tra gli altri si identifica la cosiddetta distruzione della “famiglia tradizionale”, concezione ormai sempre meno riconosciuta come unica possibilità di affrontare la vita di coppia. Assieme alla decrescente natalità essa viene riconosciuta da certi movimenti politici come uno dei problemi della nostra epoca e tuttavia, come ogni mutamento, è frutto di un lento cambio di mentalità e di modi di vivere che ha il suo principio ben prima degli ultimi decenni.
Il concetto di famiglia tradizionale prevede in primo luogo la creazione di un’unità familiare all’interno dell’istituzione del matrimonio, evento che sempre meno viene utilizzato dalle coppie europee per sancire l’inizio di una vita condivisa. In particolare, con l’impegno delle suffragette durante l’Ottocento e soprattutto successivamente con lo scossone alla società causato dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la secolare definizione di matrimonio e di conseguenza anche di ruoli di genere inizia a venire meno. Dopo la presa di coscienza femminista che porta a questionare la concezione di rapporto uomo-donna e l’interesse per la vita e le attrazioni sessuali – ad esempio con il lavoro di Sigmund Freud –, traballano le idee apparse fino a quel momento come certezze.
Partendo proprio dal lavoro dello psicanalista austriaco, non si può non notare come il suo interesse per le pulsioni sessuali con le sue approfondite analisi e la creazione di un intero nuovo vocabolario riferito alla sessualità e alla psicanalisi siano punto di partenza anche per l’osservazione di tendenze “altre”. Al complesso di Edipo e al complesso di Elettra, alla teoria dell’invidia del pene e a tante altre si aggiungono gli appunti di Freud circa le pulsioni sessuali tra uomini e tra donne. Nella stessa epoca diversi altri esponenti dell’ambiente letterario si occupano di mettere in discussione la validità e l’efficacia del matrimonio, in primo luogo l’austriaca Else Jerusalem con Gebt uns die Wahrheit! Ein Beitrag zu unsrer Erziehung zur Ehe (“Dateci la verità! Un saggio sulla nostra educazione sul matrimonio”) nel 1902, testo ancora inedito in Italia. Più conosciuto è invece il saggio Über die Ehe (“Sul matrimonio”) di Thomas Mann, pubblicato nel 1925. Ciò che induce queste due personalità ad approfondire la questione è il rendersi conto delle differenti condizioni maschile e femminile e, soprattutto, del cambiamento che i due generi vanno sperimentando. La relazione tra uomo e donna ha raggiunto, nel momento in cui Mann impugna la penna, una diversa condizione, in quanto sono identificabili nuovi tratti che corrisponderebbero all’idea di maschile e femminile. Egli parla di Vermännlichung (maschilizzazione) della donna e Verweiblichen (femminilizzazione) dell’uomo, non visti tuttavia dall’autore come perversioni, come era invece stato identificato questo sviluppo da altre personalità, bensì un naturale passo in avanti della società. In particolare è la condizione femminile a essere mutata grazie innanzitutto all’emancipazione iniziata decenni prima e proseguita con testi come quelli di Jerusalem, che con forza richiede che le condizioni maschile e femminile nel contesto della preparazione al matrimonio siano avvicinate: le donne non ricevevano infatti alcuna educazione in materia sessuale, in quanto considerata sconveniente. Tuttavia, i ragazzi, anche se in via non ufficiale, erano a conoscenza di molte più informazioni riguardo tale ambito e la richiesta è quella di avvicinare queste conoscenze in modo da dare pari opportunità. Ciò prevede necessariamente un ribaltamento dell’istituzione matrimoniale che vede la donna come sottomessa al marito e, d’altra parte, anche della stessa idea di matrimonio come unica realizzazione di unione fra persone.
La maschilizzazione del femminile viene certamente vista con sospetto, tuttavia non è recepita in maniera così negativa come lo è invece la femminilizzazione del maschile, rinnegata in quanto avvicinamento a un modello considerato debole. Anche per via di questa considerazione del femminile, l’orientamento verso lo stesso sesso verrà sempre punito se espresso tra uomini, mentre tra donne apparirà meno grave e urgente, come mostrato anche da Freud nella sua analisi Über die Psychogenese eines Falles von weiblicher Homosexualität (“Sulla psicogenesi di un caso di omosessualità femminile”), in cui presenta nel 1920 il caso di una paziente portatagli dai genitori per le sue tendenze omosessuali.
Allo stesso modo pure Thomas Mann, anche per via della sua personale esperienza in quanto uomo bisessuale (la sua relazione con la moglie Katja Pringsheim era solida e reale secondo il mondo accademico), dimostra la maggiore attenzione per l’omosessualità maschile, riferendosi nei suoi scritti a una visione maschile e presentando esperienze di relazioni tra uomini. Essendo la femminilità il problema, per una fanciulla essere attratta dalle donne era certo segno di “malattia”, ma anche di una tendenza maschile ed era quindi maggiormente accettata. Nel corso del Novecento in Germania non si arrivò infatti nemmeno a legiferare in merito ai rapporti omosessuali tra donne, solo l’omosessualità maschile divenne in breve tempo impraticabile secondo la legge. Va ricordato tuttavia che il processo fu fermato dall’ascesa al potere del Nazionalsocialismo, con cui non vi furono certo sviluppi in positivo. Non si può comunque non notare come ci fosse una maggiore tolleranza verso una tendenza che era considerata un avvicinamento al modello maschile, ritenuto superiore.
A partire dai primi racconti come Gefallene (“Caduta”, 1894), Mann inizia a presentare temi quali la diversa morale con cui vengono valutati uomini e donne, argomento preso in considerazione anche in Austria dal gruppo della Jung Wien per quanto riguarda la diversa accettazione di classi medio-alta e bassa e da Jerusalem riferendosi per l’appunto al contrasto maschile-femminile. Con Luischen (1900) l’autore lubecchese introduce poi il concetto di maschilizzazione e femminilizzazione nel vestiario con un uomo costretto a travestirsi da ballerina infantilizzata. Lo scambio si ripeterà poi in maniera più evidente in Der Zauberberg (“La montagna magica”, 1924) nel capitolo Walpurgisnacht, ma anche nella presentazione del personaggio di Hippe, compagno di scuola del protagonista Hans Castorp, innamorato di lui. Le caratteristiche di Hippe – tipici tratti fisici collegati al maschile – vengono ritrovate nella malata Clawdia come anche in Tonio Kröger le caratteristiche dell’amico d’infanzia Hans Hansen vengono identificate in Ingeborg Holm. Caratteristiche di entrambi i sessi si materializzano poi anche nella figura dell’acrobata androgino in Felix Krull (1954). Altre evidenti tendenze in contrasto con la divisione dei ruoli di generi considerata inattaccabile sono il personaggio di Aschenbach in Der Tod in Venedig (“La morte a Venezia”, 1912), la giovane Tony in Buddenbrooks (“I Buddenbrook”, 1901), con la sua opposizione alle norme sociali e la distruzione della famiglia, e Rosalie in Die Betrogene (“L’inganno”, 1953), una donna fin dall’inizio del racconto emancipata rispetto a tante sue coetanee in quanto dotata di potere economico e libertà che al tempo erano prerogativa degli uomini.
Dato questo interesse ed essendo stato lo stesso Mann spinto al matrimonio per assecondare le richieste sociali, l’autore pubblica Sul matrimonio presentando la necessità di una diversa visione dell’emancipazione femminile e di uno sviluppo nella considerazione dei generi. Come in Jerusalem prima di lui, si richiede un Ausgleich, una parificazione, in primo luogo delle concezioni di ruolo maschile e femminile. Questo Ausgleich è tuttavia una parificazione problematica, in quanto rimane un concetto di superiorità legato al maschile contemporaneo. La mascolinità stessa è infatti sempre cambiata nel corso della storia in base a quelle erano le prerogative dell’epoca, che hanno portato all’esaltazione di personaggi che rispecchiavano l’idea di maschile e – più spesso di quanto non si vorrebbe – alla cancellazione del ricordo di figure femminili che hanno compiuto le stesse azioni. Questa parificazione prevede infatti sono nella teoria presentata da Mann che anche l’uomo possa virare verso ciò che è considerato femminile, mentre nella realtà solo l’elevazione da femminile a maschile viene accettata.
L’esempio manniano rimane comunque quello maschile e si sviluppa quindi nella seguente direzione: una volta raggiunta l’idea di parificazione tra maschile e femminile, il rapporto omoerotico viene presentato come alternativa al matrimonio e, in quanto rapporto non fertile senza il fine ultimo della procreazione, viene paragonato all’arte. In questo senso l’atto sessuale fine a se stesso è un atto artistico. Tuttavia, Mann sottolinea anche l’assenza di responsabilità e di fedeltà – intesa come monogamia – in questo tipo di unione. Il rapporto omosessuale permetterebbe quindi una maggiore facilità nel vivere, in quanto condizione non considerata socialmente perché unione al di fuori dell’istituzione matrimoniale. E, come già citato, ancor meno considerata era la relazione omoerotica tra donne. Esemplare ne è il già nominato saggio di Freud, che introduce la situazione di una ragazza presentata al personale medico per la sua tendenza omoerotica nei confronti di una donna di buon nome, ma che convive già con un’altra dama e ha diversi amanti uomini. Viene qui sottolineato in primo luogo il fatto che l’attrazione omoerotica possa essere collegata alla promiscuità, e in secondo luogo l’affermazione che una donna si possa comportare in tal modo “nonostante il buon nome della famiglia”. Questo rimanda certamente al fatto che relazioni extraconiugali e rapporti prima del matrimonio fossero tollerati nelle buone famiglie e taciuti, anche se questo era molto più difficile per chi rischiava una gravidanza indesiderata. Jerusalem ricorda infatti in Gebt uns die Wahrheit! come questa fosse motivo di disonore per l’intera famiglia, in quanto non la si poteva nascondere, mentre per un uomo si trattava di un’occasione di fare esperienza senza ripercussioni. Anche per tale motivo le donne venivano tenute all’oscuro del funzionamento del corpo umano in ambito sessuale, ma l’ignoranza portava con sé ancora maggiori pericoli di essere manipolata, avvenimento che veniva tuttavia collegato alla natura “debole” del genere femminile. Il matrimonio era considerato l’unica soluzione per educare una ragazza, ma anche unica cura presa in considerazione per risolvere le tendenze omoerotiche nel caso analizzato Freud. In una ragazza considerata geisteskrank (spiritualmente malata) andava riacceso l’eros naturale che l’avrebbe portata all’attrazione verso il maschile. Anche per questa sua considerazione il matrimonio come veniva inteso a inizio Novecento non era altro che un’istituzione retrograda, non adatta al cambiamento manifestatosi nel tempo. Il matrimonio appariva da diversi punti di vista una questione ormai difficilmente ascrivibile alla sola sfera privata, mostrandosi piuttosto un’istituzione economica e politica. Gisela Bock, nel suo ampio e approfondito testo Frauen in der Europäischen Geschichte. Vom Mittelalter bis zur Gegenwart (“Donne nella storia europea. Dal Medioevo alla contemporaneità”, 2000), mostra come l’Europa occidentale, comprensiva di Germania e Austria, dimostri di utilizzare il pugno di ferro per contenere eventuali mutamenti nella considerazione del matrimonio come base della società. Data questa natura economica e statale dell’istituzione, non è un caso che sotto il regime sovietico, come la stessa Bock mostra, si spingesse invece per avere diverse forme di relazione tra persone.
Per tornare all’Ausgleich identificato da Mann tra uomo e donna a partire dal Novecento, anche lo stesso Freud identifica come domanda principale che interessa il suo pubblico la questione della somiglianza tra una donna lesbica e i tratti tipicamente considerati maschili. Da una parte lo psicanalista nega una vera e propria distinzione di tratti somatici tra uomo e donna e afferma come sia anzi facile ritrovare caratteristiche secondarie condivise, tratti collegati all’altro sesso che non indicano in alcun modo un orientamento sessuale diverso dalla maggioranza. Dall’altra, tuttavia, Freud parla della sua ex paziente come di una ragazza le cui doti intellettuali si possono collegare a quelle maschili, in particolare la sua astuzia e la sua capacità di ragionamento. Nello specifico, ciò che la rende interessante è il fatto che nel rapporto con l’altra donna ella abbia acquisito atteggiamenti che in una coppia vengono considerati tipicamente maschili. Tale tendenza viene collegata da Freud a una particolare situazione familiare con padre e fratelli come principali esempi, dimostrando quindi di aver in parte riconosciuto l’importanza della società rispetto alla biologia. Questo rimane comunque un primo passo non necessariamente approfondito, in quanto lo stesso Freud assocerà al sesso anatomico diverse differenze tra pazienti di sesso maschile e femminile. Esemplare ne è il caso dell’isteria, da lui attribuita negli uomini a un trauma e a pulsioni sessuali incontrollate nelle donne.
Sia Freud che Mann parlano quindi di caratteristiche tipicamente maschili e femminili che, partendo da una base biologica, vanno poi ad essere incanalate in specifiche direzioni con la vita culturale e sociale in cui l’essere umano è immerso. Nonostante gli sviluppi del pensiero che questi due personaggi portano avanti, rimane sempre una differenza tra le due identità sessuali. Alice Schwarzer, femminista tedesca del secondo Novecento, intitola uno dei suoi scritti Der ‘kleine Unterschied’ (“La piccola differenza”, 1977, Fischer Verlag) proprio in ragione della piccola differenza sempre presente quando si parla non di persone, ma di uomini e donne. Per quanto si ricerchi anche oggigiorno un Ausgleich, continuerà a esistere un’eterna piccola differenza, che viene così ironicamente definita da Schwarzer:
“In effetti [la differenza] non è così grande. A riposo, così affermano gli esperti, da otto a nove centimetri, in erezione da sei a otto centimetri in più. E in questa bacchetta magica risiederebbe la mascolinità?” (p. 179)
Questa differenza che rappresenta la virilità porta Schwarzer ad affermare, come anche Jerusalem aveva notato, che non vi è una possibilità di femminilizzarsi, ma solo di mascolinizzarsi e di come quindi non vi sia una vera tendenza all’uguaglianza quanto invece una negazione della validità del femminile. Anche il vivere la propria vita sessuale e matrimoniale non presenta opzioni. Se prima vi era un modo maschile – forte, deciso e da cacciatore – e uno femminile – sottomesso, debole, accondiscendente e casto – di avere una relazione, ora anche questa possibilità è stata cancellata, in quanto “la nuova norma non è la nostra, bensì quella degli uomini, risultato: noi siamo completamente insicure e crediamo di essere le sole con questi nostri problemi” (p. 181). La mancata accettazione di un’alternativa porta da una parte la donna a pensare di essere libera affermando che anche lei può vivere la stessa esperienza maschile, ma dall’altra il femminile si sviluppa in una società che lo porta ad essere necessariamente in una condizione diversa da quella maschile e fatica quindi a riconoscersi nel modello maschile.
Questa impossibilità di riconoscersi prima in un modello obsoleto di relazione e successivamente di identificarsi nella norma maschile portano alla necessità di creare una nuova relazione tra maschile e femminile. Una relazione in cui non vengano presentati solo un estremo o l’altro e in cui si abbia solo bianco o nero, bensì in cui ci si trovi davanti a una scala di grigi in cui ogni persona abbia possibilità di identificarsi.
Bibliografia:
Alice Schwarzer, Der ‚kleine Unterschied’, Frankfurt am Main, Fischer Taschenbuch Verlag, 1977.
Else Jerusalem, Gebt uns die Wahrheit! Ein Beitrag zu unsrer Erziehung zur Ehe, Leipzig, Hermann Seeman Nachfolger, 1902.
Gisela Bock, Women in European history, Blackwell Publishers, Malden, Massachusetts, 2002.
Thomas Mann, Über die Ehe (1925) in Gesammelte Werke in dreizehn Banden Bd. 13; Nachtrage, Fischer Verlag, Frankfurt am Main, 1990.
Sitografia:
Sigmund Freud, Über die Psychogenese eines Falles von weiblicher Homosexualität (1920), Intankt Publishing, 2018. http://www.psychanalyse.lu/articles/FreudWeiblicheHomosexualitaet.pdf (ultima consultazione: 27/05/2022)