Sara Deon
Lo scorso dicembre, la casa editrice Voland Edizioni ha ampliato il suo catalogo con un titolo di successo della letteratura croata contemporanea – Segreti di famiglia di Ivana Šojat, a oggi una delle voci più importanti della letteratura croata.
Uscito originariamente nel 2010 in Croazia col titolo Unterstadt (“Città bassa”), il romanzo ripercorre i violenti cambiamenti storici del XX secolo a Osijek (città natale della scrittrice) attraverso le vite di quattro generazioni di donne.
Link al libro: https://www.voland.it/libro/9788862434225
È Osijek, infatti, il teatro dove si susseguono le vicende che nel Novecento hanno coinvolto i Balcani e l’Europa: la Prima guerra mondiale e il ritorno dei soldati traumatizzati dall’esperienza nelle trincee, l’invasione della Jugoslavia e la nascita dello Stato Indipendente di Croazia sotto l’egida dell’ustascia Ante Pavelić, la resistenza titina, la persecuzione dei cosiddetti “collaborazionisti” con la confisca delle loro proprietà e la successiva deportazione. Un secolo, dunque, di sangue e violenza, che anche se in apparenza interessava territori lontani dalla città croata, irrompe nel quotidiano di chi la abita. È questo il caso della famiglia protagonista, e delle quattro generazioni di donne che hanno attraversato questo secolo oscuro. Sono proprio le donne, infatti, le protagoniste assolute di questo romanzo, mentre gli uomini sono – intenzionalmente – appiattiti sullo sfondo: cinici, crudeli, assenti, alcolizzati, sempre pronti a dissolversi nel nulla.
Il romanzo si apre alla fine degli anni Novanta: Katarina si sta recando in treno a Osijek da Zagabria per incontrare la madre Marija, malata da tempo, ma non sa che proprio durante quel viaggio quest’ultima verrà a mancare. Trovatasi con una casa di proprietà a carico, colma di vecchi album di fotografie e pesanti segreti di famiglia che le verranno rivelati da un’anziana amica di famiglia (Josefina, detta anche “Frau Misericordia”), Katarina ricostruirà – non senza difficoltà – la propria genealogia familiare, colmando le zone d’ombra di una lunga scia di donne sfuggenti e tormentate, e che a lungo l’hanno fatta sentire estranea alla propria famiglia. Come se la casa, che aveva accolto tutte quelle donne, avesse il potere di riattivare una memoria a lungo repressa.
“Solo adesso, ora che ci penso, adesso che so qualcosa in più, […] mi è chiaro che la nonna non è impazzita per caso, non è diventata matta di colpo dopo avere mangiato funghi velenosi, ho pensato. Già da tempo tutto si muoveva in quella direzione, verso l’oscurità. Un giorno i segreti hanno cominciato a traboccare ovunque, come lenzuola e trapunte stipate in un baule troppo piccolo: erano un torrente in piena, una valanga. Nessuno è più riuscito ad acciuffarli e ricacciarli nel buio, sotto la coltre lucida del finto oblio.” (p. 141)
Attraverso le storie di Jozefina e l’alternarsi dei piani temporali, il romanzo ricostruisce le vicende di quattro donne: la protagonista Katarina, la madre Marija, la nonna Klara e la bisnonna Viktorija, nonchè quella della stessa Jozefina. Donne che, al contrario della loro controparte maschile, resistono – non senza traumi – a conflitti nazionali e fratricidi, gravidanze difficili e lutti, alla violenza esterna e a quella interna al nucleo domestico, e che sopravvivono a un contesto socio-culturale che vuole rilegarle al silenzio. La rivelazione dei segreti di famiglia da parte di Jozefina restituisce loro la dignità che gli era stata negata in vita, e permette a Katarina di fare luce sulla distanza tra lei e la madre che ha segnato tutta la sua infanzia.
Inoltre, la scelta della lingua tedesca per il titolo originale non è casuale: con il termine Unterstadt, così mantenuto nell’originale croato, si segnala l’appartenenza della famiglia protagonista alla minoranza di lingua tedesca in Croazia, e con essa già si mettono in luce alcuni dei tempi portanti dell’opera, in primis il concetto di identità e appartenenza. Appartenenza a cui Katarina è stata all’oscuro per gran parte della sua vita.
“È tutto confuso! Fino a diciotto anni fa, prima che la nonna impazzisse, ho sempre pensato di chiamarmi Pavković, e poi all’improvviso ho scoperto che quel cognome, che porto ancora oggi, era solo una protezione per evitare di essere perseguitati, e che in realtà, da qualche parte, nella memoria collettiva di gente morta da tempo e di cui nessuno mi ha mai parlato, il mio cognome è… Dovrebbe essere Steiner… Chi sono io? Chi sono io, Jozefina? […] Al diavolo, che razza di mondo è questo! Mi fa schifo questo mondo, in cui si può morire per via di un nome, di un cognome, di una fede o di una nazionalità! Mi fa schifo, mi fa proprio schifo!” (p. 293)
La minoranza tedesca a cui appartiene la famiglia Pavković/Steiner attraversa la tragedia e la persecuzione del Novecento balcanico, intensificandosi con la vittoria della Jugoslavia di Tito. Nel romanzo vengono rievocati eventi della storia balcanica come il genocidio di Jasenovac, il più grande campo di concentramento ustascia dove furono uccisi ebrei, serbi, musulmani, Rom e Sinti e oppositori politici, ma anche il lager di Valpovo, attivo dal ’45-’46, dove invece furono deportati tedeschi e austriaci; la medesima sorte toccò alla famiglia di Katarina, con la deportazione della bisnonna Viktorija, e della nonna Klara con i suoi figli, inclusa sua madre Marija.
Tuttavia, non è solo l’esperienza del lager e il sospetto di essere collaborazionisti a spezzare la famiglia Pavković/Steiner, bensì l’estensione della guerra alla propria famiglia, fino ad assumere le sembianze di un vero e proprio conflitto fratricida, incarnato nei fratelli di Klara: Adolf e Greta. Da un lato, infatti, Adolf aderisce fin da subito e con entusiasmo alla causa ustascia dello Stato Indipendente di Croazia, opponendosi all’uso della lingua croata in famiglia e incoraggiando il solo ricorso al tedesco, e favorendo la deportazione di una famiglia vicino alla loro perché ebrei; dall’altro lato, la ribelle Greta si unisce ai partigiani titini per combattere gli occupanti nazisti, e la sua adesione ai “banditi” porterà un profondo disonore in città per la sua famiglia. Tuttavia, è nel finale che le sorti di Adolf e Greta coincidono: sono entrambi degli sconfitti, ed è stata proprio l’adesione fanatica a quegli ideali a condurli alla morte.
Per concludere, Segreti di famiglia di Ivana Šojat sembra inserirsi a pieno titolo in una nuova tendenza della letteratura contemporanea proveniente dall’Europa Orientale e arrivata in traduzione italiana, già rappresentata da altri romanzi come L’Ottava Vita di Nino Haratischwili (Marsilio Editori), Le donne di Lazar’ di Marina Stepnova (Voland Edizioni) e Zuleika apre gli occhi di Guzel’ Jachina (Salani Editore), ovvero saghe familiari che pongono al centro le storie di donne complesse e contraddittorie, ribelli e mai acquiescenti, in lotta con la propria famiglia e col proprio tempo storico.
Apparato iconografico:
Immagine di copertina: https://www.24sata.hr/tagovi/ivana-sojat-222217