Sara Deon
Viktorie Hanišová (1980) è di origini praghesi. Si è formata presso l’Univerzita Karlova di Praga dove ha studiato anglistica e germanistica. Traduttrice e scrittrice, ha debuttato presso la casa editrice Host nel 2015 con il romanzo Anežka, incentrato sul il rapporto disfunzionale tra madre e figlia adottata e sulla questione del razzismo. Nel 2018 è seguito il romanzo Houbařka (“La cercatrice di funghi”). Questa trilogia di libri sulla maternità si è conclusa nel 2019 con la pubblicazione del romanzo Reconstruce (“Ricostruzione”), incentrato sugli effetti del suicido dei genitori sulla figura del bambino. Nel 2020 è uscita una sua raccolta di racconti Dlouhá trať (“La lunga linea”) in cui vengono prese in esame diverse condizioni di crisi.
In Italia, lo scorso ottobre la casa editrice Voland ha pubblicato il suo secondo romanzo, La cercatrice di funghi, nella traduzione di Letizia Kostner.
Link al libro: https://www.voland.it/libro/9788862434621
Protagonista e voce narrante del romanzo è la venticinquenne Sára, soprannominata Sisi, figura solitaria che vive nel fatiscente casolare di famiglia immerso tra i boschi della Selva Boema. La giovane riesce a mantenersi vendendo a una bettola locale, nota come “Ovalaccio”, i funghi che raccoglie quotidianamente durante la stagione. Grazie al padre, Sára scopre una vivace passione per i funghi: infatti, quand’era bambina i due condividevano questo passatempo con rigore scientifico, quasi si trattasse di una comunicazione segreta comprensibile solo a loro, tanto che “Non ho mai dato a vedere che per me i funghi non erano l’obiettivo, ma un semplice mezzo per stare con lui”. (p. 49)
La narrazione si apre con la morte della madre, mentre Sára e i fratelli maggiori Milan e Evžen si riuniscono nella camera da letto d’ospedale per trascorrere con lei i suoi ultimi istanti di vita.
“Tutti ci rifiutavamo di guardare in faccia la morte. Stavamo seduti uno accanto all’altro come tre persone che in un momento qualsiasi condividano la stessa panchina al parco: a stento qualcuno avrebbe potuto indovinare che eravamo fratelli. […] Due mani, tre figli. Una selezione anche sul letto di morte.” (p. 11)
La scomparsa della madre costituisce l’evento catalizzatore che porta la protagonista a confrontarsi con i fantasmi del passato, in una narrazione che intervalla con ritmo incalzante il piano del presente con quello di un’infanzia e adolescenza tormentoso e traumatico, legato proprio alla sua famiglia. Infatti, al momento della veglia funebre nella lussuosa villa del suo paese natale, gli ospiti vicini alla famiglia sembrano ignorare chi sia Sára, come se l’albero genealogico di famiglia si fosse interrotto con i due fratelli. Gradualmente, e alternando i piani temporali della narrazione, la protagonista disvela i forti dissapori passati tra lei e la sua famiglia, con l’accusa di essere stata la causa della morte di entrambi i genitori.
Nel romanzo, la quotidianità di Sára è estremamente abitudinaria e descritta nei minimi, ripetitivi dettagli, dominata dalla raccolta dei funghi e la loro vendita. Le irruzioni esterne nella vita della protagonista si acuiscono a partire dalla morte della madre, con le chiamate insistenti dei fratelli che vogliono discutere dell’eredità e le visite dalla psichiatra in città, che le garantiscono temporaneamente una pensione di invalidità parziale per ragioni di salute mentale. Le ombre che emergono dopo quell’evento, però, non si limitano alla figura della madre, estendendosi all’intera famiglia e in particolare modo al padre, rettore universitario e cittadino molto stimato in città, consumato da un tumore aggressivo prima della scomparsa della moglie.
La crescente insonnia della protagonista, unitamente alla mancanza di denaro e al degradarsi del casolare con l’arrivo delle piogge autunnali, permetterà la ricostruzione degli avvenimenti che sette anni prima l’hanno condotta al ricovero in ospedale psichiatrico, e alla totale distruzione dei rapporti che ancora la legavano alla sua famiglia. Quella di Sára è la storia di un’infanzia spezzata, di omertà e tradimenti che si sono susseguiti all’interno del nucleo familiare fino a costringerla alla fuga. Tuttavia, è nel momento del recupero del passato che i suoi due mondi – quello traumatico della casa-famiglia e quello sospeso del casolare – iniziano a collidere: anche il bosco, così come prima la sua casa d’infanzia, può trasformarsi in un luogo inospitale e minaccioso, che le restituisce solo funghi ammuffiti.
“Non so quand’è che mi sono persa. Il bosco era un labirinto e non sapevo come venirmene fuori. Il filo si era spezzato. Il mio percorso aveva solo un inizio, nessuna fien, era stata tutta solo un’illusione, il sentiero non era mai esistito, non era possibile uscire dal bosco e tornare a casa. Non mi arrampicherò mai fino allo zero, rimarrò una nullità per sempre.” (p. 298)
Sempre a proposito dei funghi nel romanzo, vale la pena mettere in luce come, negli ultimi anni, l’immaginario micologico e le sue possibilità metaforiche sono state oggetto di numerose opere, che spaziano dalla pura fiction a forme ibride tra finzione letteraria e saggistica, come La via del bosco di Litt Woon Long (Iperborea, 2019), L’ordine nascosto di Merlin Sheldrake (Marsilio, 2020) e Il fungo alla fine del mondo dell’antropologa Anna Lowenhaupt Tsing (Keller, 2021). Il fungo è entrato così nell’orizzonte letterario, aprendo nuove prospettive anche lontane da uno sguardo puramente antropocentrico, dove la scienza si interseca con la letteratura e in cui i confini tra uomo – inteso come impersonificazione del mondo industrializzato – e mondo naturale si confondono o sovrappongono.
Dall’altro lato, il desiderio di solitudine, l’abitare ai margini della società, il disinteresse per la propria bellezza e il rifiuto per il modello di iperproduttività urbano avvicinano la protagonista a Janina Duszejko, la burbera e anziana protagonista di Guida il tuo carro sulle ossa dei morti di Olga Tokarczuk, sebbene nel romanzo di Hanišova il tema dell’ecologia e del femminismo sia presente, ma solo marginalmente. Infatti, a dominare questo romanzo è il recupero di un passato traumatico rimasto fino a ora inascoltato, ma è anche la possibilità – seppure difficoltosa e non lineare – di recidere definitivamente quel vissuto familiare traumatico e ingombrante, così come la protagonista recide i funghi dal micelio, per imboccare un nuovo sentiero.
Apparato iconografico:
Immagine di copertina: https://www.ilfont.it/libri-cinema/viktorie-hanisova-una-storia-familiare-al-microscopio-99845/
Immagine 1: https://www.somersethouse.org.uk/whats-on/mushrooms-art-design-and-future-fungi