Federica Florio
“Se in Italia il tempo è brutto, posso comunque augurarvi di imbattervi in questa circostanza, perché è al Polo Nord che vi trovereste male, non certo qui!” (p. 15)
È con queste parole che inizia I gemelli di San Nicola, il racconto lungo che Vasilij Nemirovič-Dančenko scrisse in seguito ai suoi viaggi in Italia, coniugando le atmosfere tipiche delle fiabe russe alle tradizioni del Meridione.
Esistono tre versioni di questa povest’, la prima delle quali, piuttosto breve e dedicata a un pubblico molto giovane, è stata pubblicata a San Pietroburgo nel 1900 con il titolo di Bliznecy (“I gemelli”). Lo stesso anno, a Mosca, uscì un’altra versione, questa volta più corposa e accompagnata da altri racconti e saggi dell’autore. Nel 1914, dopo anni di rimaneggiamenti e in seguito a un ulteriore viaggio nel capoluogo pugliese, Nemirovič-Dančenko fece stampare la terza e ultima versione all’interno della raccolta Bliznecy Svjatogo Nikolaja. Iz «Skazok dejstvitel’nosti» (“I gemelli di San Nicola. Dalle «Favole della realtà»”). È questo il testo che Stilo Editrice ha deciso di stampare per i lettori italiani nel dicembre 2021. Il racconto è stato tradotto e curato da Marco Caratozzolo, direttore scientifico della collana “Pagine di Russia” della medesima casa editrice, nonché professore di Slavistica all’Università degli Studi di Bari.
Link al libro: https://www.stiloeditrice.it/scheda-libro/vasilij-nemirovio-danoenko/i-gemelli-di-san-nicola-9788864792606-198.html
Vasilij Nemirovič-Dančenko, fratello del più noto teorico e regista teatrale Vladimir, nacque a Tiblisi nel 1844. Visse la propria giovinezza tra Mosca e il Caucaso, dove frequentò la scuola per cadetti. All’età di diciannove anni si stabilì a San Pietroburgo, dove cominciò a lavorare come giornalista per il quotidiano “Peterbuskij Listok” e a pubblicare poesie. Si spostò in varie parti del mondo, soprattutto come corrispondente di guerra, entrando in contatto con popoli e mentalità diversi. In seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, per la quale non mostrò particolare entusiasmo, si trasferì a Praga, dove passò gli ultimi anni della sua vita, conclusasi nel 1936.
Negli anni, grazie alle sue esperienze in Europa, Asia, Africa e America, Nemirovič-Dančenko si affermò sempre più come autore di viaggio; rielaborò, inoltre, i luoghi visitati, inserendoli nelle sue numerose opere – più di duecentocinquanta tra romanzi, racconti brevi e povesti. I gemelli di San Nicola, come precedentemente accennato, ne è un chiaro esempio.
La città in cui lo scrittore sceglie di collocare la sua storia è Bari, che appare fin dalle prime pagine come la vera protagonista. Grazie agli edifici imbiancati dal sole e agli stili architettonici che vi si mescolano, viene frequentemente lodata per la sua bellezza:
“La città di Bari, tutta bianca! Bella come nessun’altra sulle rive dell’arioso Adriatico […] I tetti piatti luccicavano uno sopra l’altro e ornavano il golfo profondo, cinto alla perfezione dai moli in pietra, pure bianchi come tutte le cose qui. Nelle notti di luna, tutta questa città è avvolta in un manto argentato che si posa sul raso bianco di un abito nuziale, e di giorno vi si spalanca come una fiaba scolpita sulla pietra, non saprei che altre parole usare.” (p. 21)
Le descrizioni che Vasilij Nemirovič-Dančenko le dedica sono ricche e incantevoli, e creano l’ambientazione perfetta per consentire al lettore di immergersi nel clima incantato, quasi surreale, del racconto. Bari vecchia sembra essere stata scolpita direttamente nella pietra; si erge in un groviglio di stradine strette e viuzze, di archi, torre e piazze, che le donano quell’aria di mistero e antica saggezza. Sulle piccole case svetta “la grandiosa mole della basilica, lugubre e monumentale” (p. 21) di San Nicola, santo patrono del capoluogo pugliese. È proprio nella cripta dell’imponente edificio, dove sono custodite le spoglie del santo, che vengono ritrovati due neonati, assieme a una morente pellegrina russa. I gemelli, a cui viene dato il nome di Bepi e Peppa, considerati miracolati da San Nicola, vengono adottati da tutte le donne della città, che si occupano a turno di loro. I bambini finiscono per godere di tutte le attenzioni e gli agi possibili: rispetto agli altri orfani, loro sono puliti, ben nutriti e amati da tutta la comunità. Vengono ritenuti addirittura “proprietà della cattedrale, in un certo senso imparentati a San Nicola” (p. 57). Le loro giornate si allungano tra pranzi deliziosi, camminate e giochi, e non possono mancare le storie del mendicante Simone, che ha combattuto con Garibaldi e che ora è solito “minacciare il mondo intero con la stampella” (p. 67) – un personaggio che ricorda in modo lampante lo jurodivij, ossia lo stolto in Cristo, una figura tipica del folklore russo. Simone racconta favole e avventure, descrivendo paesi e popoli visti in gioventù e rafforzando la fantasia innata dei piccoli. Bari, così candida da sembrare quasi surreale, risulta essere un luogo perfetto per accogliere l’immaginazione e la creatività di Bepi e Peppa:
“Alla luce della luna, la bianca città di Bari, tutta trasformata, sembrava d’argento, piena di fantasmi luminosi, una favola. E palpitando tutta, li conduceva in un regno di invenzioni e magie. I tetti bianchi splendevano silenziosi come in sogno, in quelle strade profonde, sempre bianche, viveva qualcosa che spingeva a riflettere, qualcosa di avvolgente e tenero […]” (pp. 68-69)
Oltre alla leggerezza dell’infanzia, Nemirovič-Dančenko si concentra sul vasto tema della religione. San Nicola è uno dei santi più popolari del cristianesimo, adorato come benefattore e protettore, specialmente dei bambini. Così come a Bari, è oggetto di profonda venerazione anche in Russia, in particolare tra le tribù dei Nenci, in Siberia. Funge, dunque, da filo conduttore capace di congiungere due popoli estremamente diversi, uno cattolico e l’altro ortodosso.
Nonostante il sangue che scorre nelle vene dei gemelli sia senza alcun dubbio russo, Bepi e Peppa finiscono per assorbire, durante la loro infanzia, le principali caratteristiche baresi: generosi, furbi, sognatori, con una predisposizione al compromesso e all’aiuto reciproco. È doveroso notare, tuttavia, che Nemirovič-Dančenko non cade nella trappola degli stereotipi. Al contrario, i personaggi vengono rappresentati in modo limpido e realistico. Benché egli tenti di evidenziare le peculiarità socioculturali degli abitanti di Bari, nulla appare esagerato: non eccede con la comicità, ma si limita a far sorridere il lettore, puntando su situazioni e dialoghi verosimili.
Lo stile dell’autore rende il racconto a dir poco equilibrato. Alle circostanze più banali, ridicole o grossolane, affianca descrizioni delicate e poetiche. Il suo linguaggio possiede una vena lirica che non passa inosservata e che dona al racconto la giusta atmosfera fiabesca: gli edifici di Bari diventano splendenti dimore argentee, e i giovani orfani assumono tratti principeschi.
Nemirovič-Dančenko regala ai suoi lettori un’opera che racchiude in sé i colori, gli odori e perfino i sapori della quotidianità nell’antico capoluogo, pregno di credenze e tradizioni, mescolandoli all’infinità tipica degli spazi russi, privi di limiti e di barriere.
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://stiloeditrice.mediabiblos.it/copertine/stilo-editrice/i-gemelli-di-san-nicola-198.jpg
Immagine 2: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/37/Vasily_Nemirovich_Danchenko.jpg
Immagine 3: https://www.caminvattin.it/wpcontent/uploads/2016/05/228038_209134989108323_938090_n.jpg