Anna Sokolova
“Un libro è un mondo intero, che se n’è andato per sempre.
In un certo qual modo posso definirmi un romantico.”
(Vladimir Sorokin, Manaraga)
Vladimir Sorokin è uno degli scrittori russi più conosciuti della contemporaneità: sceneggiatore, drammaturgo e il più brillante rappresentante del postmodernismo russo. È un cavaliere oscuro che, indipendentemente dai pezzi sulla scacchiera, riesce a fare sempre scacco matto e vincere la partita. È un ribelle che, dopo aver vissuto in una realtà costruita sul modello imposto, diventa il nemico pubblico numero uno della decenza, del buon gusto, della fede ortodossa ecc. Sorokin cresce e si forma nell’ambiente dell’underground moscovita negli anni ‘80. Il suo primo romanzo, a causa della censura, viene pubblicato in Francia nel 1985, con il titolo Očered’ (“La coda”). Esso, in seguito, verrà tradotto quasi in tutte le lingue europee, trasformando Sorokin in uno scrittore di fama mondiale. Ogni sua pubblicazione provoca accese discussioni, critiche, polemiche e talvolta processi legali, come nel caso di Goluboe salo (“Lardo azzurro”, 1999) e Lëd (“Ghiaccio”, 2002).
Oltre a quelli appena citati, vi sono altri lavori non meno conosciuti come: Norma (1994); Roman (1994); Serdca četyrech (1994); Pir (2000), Den’ opričnika (“La giornata di un opričnik”, 2006), Sacharnyj Kreml’ (“Cremlino di zucchero, 2008), Metel’ (“La Tormenta”, 2010), Doktor Garin (2021), ecc.
La trama del romanzo Manaraga (“Manaraga. La montagna dei libri”, 2017) si svolge in un futuro non molto lontano dove, dopo una guerra distruttiva, lo sviluppo tecnologico raggiunge il massimo progresso. La carta non si usa più e ciò ha portato alla scomparsa dei libri cartacei, il cui unico destino sembra quello di essere messi sottochiave nei musei. Così, nella nuova realtà nasce un’attività illecita, chiamata book’n’grill, il cui scopo è di recuperare rare prime edizioni per “leggerle”, ovvero per preparare dei piatti deliziosi, utilizzandoli come legna da ardere. Gli chef specializzati sono pochi e fanno tutti parte di un’attività chiamata “Cucina” (in russo: Cuchnja):
“Dal momento in cui l’umanità ha smesso di stampare libri e i migliori li ha trasformati per sempre in oggetti da museo, ha fatto la sua comparsa il book’n’grill. Gli uomini tendono sempre una mano verso un frutto proibito. […] La prima bistecca grigliata in quel modo fu cucinata a Londra dodici anni fa, alla fiamma di una prima edizione del Finnegans Wake sottratta al British Museum. […] Nacque così il book’n’grill, una grande passione, che in questi anni irruenti si è trasformata in una grande tradizione…” (p. 14)
Il protagonista del romanzo è Geza Jasnodvorskij, nato a Budapest da una famiglia di ebrei bielorussi e tatari polacchi. Egli è uno chef stellato e un vero specialista della “cucina russa”:
“Io leggo discretamente. Nel senso che le mie pagine bruciano una dietro l’altra, ammaliando i clienti, la carne sfrigola, gli occhi scintillano, l’onorario sale… I libri, se non sai come avvicinarti, sono come i cavalli: selvaggi e capricciosi. Con loro non adopero né il frustino né gli speroni. Uso dolcezza, solo dolcezza. Per me, non sono semplicemente legna, come vengono chiamati nella nostra comunità clandestina di cuochi. Un libro è un mondo intero, che se n’è andato per sempre. In un certo qual modo posso definirmi un romantico. Figlio di uno studioso di scienze umanistiche, nipote di un dentista, pronipote di un avvocato, propronipote di un rabbino. Se lo ami per davvero, e questo lo so bene, un libro sa darti tutto il suo calore.” (p. 10)
Il romanzo ha la forma di un diario di viaggio, in cui Geza racconta la sua vita, parla della nuova tendenza mondiale e delle capacità che un book’griller deve possedere per soddisfare i raffinati palati dei clienti:
“Comunque, solo un book’n’griller sa quante insidie si nascondono nel nostro mestiere. È la nostra graticola interiore. I romanzi, come è risaputo, un tempo erano stampati su diversi tipi di carta, capaci di bruciare in modi diversi. Possono ardere a fuoco lento o avvampare in un’unica fiammata, con la conseguente levitazione dei fogli che poi aderiscono alla carne o volteggiano sopra la testa dei clienti. I nostri bracieri dispongono di speciali pompe ad aria in grado di bloccare il librarsi dei fogli che bruciano e di quelli già bruciati. Un vero maestro deve saper usare le mani e la testa. Oltre alla fiamma queste pompe smorzano, però, anche lo spettacolo. Assieme all’aria pompano via l’imponenza. Un libro, invece, deve essere vivido: deve ardere e folgorare. Un maestro esperto è costretto a considerare tutto il procedimento come una partita a scacchi, deve mantenersi in bilico sopra il baratro e conservare il sangue freddo. Rilegatura, capitello, percallina, cartone, strisce di garza, corda di canapa, segnalibri, colla di caseina, fiorellini essiccati, cuciture, cimici e scarafaggi nel dorso sono tutte minacce non visibili.” (p. 9)
Nel nuovo mondo digitale ci sono ologrammi ovunque, oltre a chip “pulci” (in russo: blochi) incorporati nei cervelli delle persone. Gli uomini sono dipendenti da questi componenti elettronici, tramite i quali sono in grado di ricavare qualsiasi tipo informazione:
“Ad aiutarmi ho le mie pulci intelligenti. Sono tre: una rossa, una blu e una verde. La rossa è la più importante, guida il mio psicosoma, mi inserisce nel tempo, mi rende più intelligente; è un giocattolino costoso, la versione 7, da centomila, saltata nel ponte di Varolio del mio cervello sei mesi fa. La blu, di navigazione, si muove in mezzo ai miei capelli. La verde, comunicativo-informativa, vive nel mio padiglione auricolare. Non uso più macchine intelligenti manuali e molli già da un bel pezzo. Tutto questo sofisticato complesso di pulci mi è costato quanto un anno e mezzo di compensi. Ma è grazie a loro se oggi sono ancora vivo e vegeto. E adesso ho tutto in testa.” (p. 19)
Questi piccoli “insetti”, oltre avere un ruolo significativo nel romanzo, portano il lettore nella realtà semiotica. Le pulci sono parassite minuscole, che vivono e si nutrono del sangue umano, di cane, di gatto e di altri animali. Se vengono trasmesse all’uomo, oltre a provocare sintomi simili a quelli degli animali, possono essere vettori di diverse malattie. Quando un animale è infestato dalla pulce, lo diventa anche l’ambiente in cui vive. Ovviamente, sbarazzarsi dai parassiti non è semplice, perciò non bisogna abbassare mai la guardia. Quindi, non a caso, Sorokin sceglie questi piccoli insetti per dimostrare la minaccia significativa del fatiscente “mondo del libro”, e non solo, che causerà la fine della civiltà umana. Nella sua saga distopica questo piccolo “insetto” rappresenta l’intelligenza artificiale, che fiorisce e dà i suoi frutti.
L’attività della Cucina sembra una parabola, che parte da piatti squisiti come lo Šašlik con L’idiota, i Gamberetti con Zio Vanja, le Costine di agnello alla Don Chisciotte, la Bistecca di tonno alla Moby Dick, i Polmoni di vitello con La montagna incantata, e procede poi con l’organizzazione di eventi sfarzosi chiamati grill party. Dalla scelta dei libri e dei piatti si può dedurre, che gli chef sono i creatori del valore simbolico nella letteratura, che è un’allusione alla teoria del canone letterario. La Cucina è una comunità che conserva questo canone e custodisce l’ultimo legame tra libri e persone. I classici vengono rispettati e chiamati “legna” (in russo: drova): “Alla Čechov cucino sempre con piacere. È un autore leggero. Ai suoi tempi era uno scrittore di massa, che pubblicava su carta economica di medio spessore. Con quella non ci sono problemi, non brucia né troppo in fretta né troppo lentamente.” (p.21) Da questo si evince che il book’n’griller non è altro che un censore, che può fare la smorfia davanti al libro postsovietico e chiamarlo “ramaglia” (in russo: valežnik): “Guarda, Géza. È letteratura postsovietica…Ramaglia!” (p.81). Il peggio è la letteratura d’oggi, che vive nello schermo elettronico e sulla quale non si può preparare nulla:
“Non è un ciocco! Sono solo lampi elettronici. La letteratura contemporanea vive solo nello spazio di un ologramma, la carta non le serve. E con un ologramma non ci cuoci una bistecca. Per questo la prosa contemporanea non si legge. Eppure, in molti dopo la guerra hanno sentito il bisogno di dire la propria e sono diventati scrittori.” (p. 101)
In questo modo, all’interno del romanzo si crea una gradazione che porta al letteraturocentrismo, dove i libri come Ada o ardore di Nabokov e Racconti di Odessa di Isaak Babel’ valgono oro, mentre la letteratura postsovietica nessuno la vuole prendere, neanche gratis. Ovviamente, i libri definiti “ramaglia” non sono inclusi nella lista e non possono avere un futuro.
Nel romanzo la censura con il fuoco allude a un’altra famosa distopia, Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Il titolo indica la temperatura di accensione della carta. I pompieri sono stati incaricati per bruciare i libri in una società in cui la dittatura totalitaria ne ha impedito la lettura e il possesso, perché vengono considerati un pericolosissimo strumento di libero pensiero: “Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive.” (p. 72)
Però, come viene detto nella celebre frase di Michail Bulgakov: “I manoscritti non bruciano”. Ciò significa che la parola è immortale. La facoltà di pensiero non può essere compressa né ostacolata. Anche se i regimi totalitari cercano d’impedire la libertà di espressione, l’arte troverà sempre una via d’uscita. È una fenice che, prima di morire, sa di poter rinascere dalle proprie ceneri. Come è stato detto da Umberto Eco in Non sperate di liberarvi dei libri: “Tutto nasce dal fuoco e il fuoco tutto distrugge, perché tutto possa rinascere.’” (p. 158)
Alla fine del romanzo, la parabola della Cucina, al picco della sua popolarità, cambia direzione e giunge ad una fase discendente in cui ad ordinare la “legna” sono sempre più le masse, arrivando così al fast food. La richiesta delle masse nasce dopo lo scontro di alcuni chef con la Cucina. Essi, in seguito, decidono di formare una società segreta e costruire una macchina molecolare sul monte Manaraga. Lo scopo della macchina è di realizzare le copie perfette di qualsiasi libro. Per esempio, della prima edizione di Ada e ardore di Nabokov:
“Tutti i libri sono perfettamente identici. La rottura della sovraccoperta, gli sfregi, le macchie di tè, i graffi, le orecchie delle pagine, due buchini, le annotazioni a matita di pagina 142: tutto identico. È un prodotto molecolare, la perfetta copia di una prima edizione in lingua inglese di Ada o ardore pubblicata nel 1969 da McGraw-Hill.” (p. 74)
La montagna è uno degli elementi chiave dell’opera, con cui si apre e termina l’incontro del lettore con il libro. Il codice mitologico di Manaraga può essere interpretato come axis mundi. Nei miti la montagna rappresentava il centro del mondo (oltre l’albero del mondo, la ziggurat, il tempio ecc.) e il punto più alto sulla terra, che fungeva da collegamento tra la Terra e il Cielo. Una semantica simile ha la montagna “artificiale”, ovvero la piramide.
La scelta di una delle cime più elevate degli Urali forse non è del tutto causale. In questo modo, lo scrittore sposta l’apice del male assoluto in Russia, quando la trama centrale si svolge in Europa e in Asia. La creazione delle copie false del libro di Nabokov può essere un riferimento indiretto alla violazione del copyright, ovvero la diffusione illegale dei libri attraverso la realtà digitale, che diventano disponibili a tutti, distruggendo il lavoro dell’autore e sminuendo il valore del libro stesso:
“[…] In quel silenzio assordante riesce a dire: «Negli Urali Settentrionali, sul monte Manaraga.» Compare subito una cartina. Lontano dalla civiltà c’è una bella montagna con sette punte, sembra quasi indossare una corona. Il Nord, il Nord… In quale altro luogo si potrebbe mai nascondere una macchina del genere?” (p. 78)
La storia della “macchina molecolare” ricorda sia il samizdat’ sovietico che la società di consumo. Nel caso di samizdat’ si tratta dell’editoria clandestina, che prevedeva, soprattutto all’inizio, una semplice copiatura e distribuzione di testi proibiti. Invece, riferendosi alla società di consumo, si potrebbe parlare della nuova rivoluzione nel mondo del libro. Secondo il concetto dello storico francese Roger Chartier nella storia della civiltà europea, si distinguano tre rivoluzioni nel campo della lettura. La prima rivoluzione riguarda i primi secoli della nostra era, quando l’umanità passò dal papiro al libro e questa contribuì allo sviluppo del cristianesimo. La rivoluzione successiva avvenne grazie all’invenzione della stampa. La terza grande rivoluzione ebbe luogo nel XVIII secolo, quando apparve la lettura di massa. Invece, nel mondo d’oggi i cambiamenti nella letteratura sono guidati dallo sviluppo informatico e delle modalità elettroniche di trasmissione dei testi. Questa nuova rivoluzione spezza l’antico legame tra i testi e gli oggetti e tra i discorsi e la loro materialità. L’evoluzione si verifica su piani diversi: il supporto della scrittura, la tecnica della produzione, la diffusione e i modi di leggere. Con l’avvento del digitale la quantità di informazioni ha avuto un aumento esponenziale e di conseguenza l’aumento di produzione. Gli spazi virtuali sono diventati liberi e spontanei, dove chiunque può pubblicare i frutti dei propri pensieri o della propria creatività. Come ha detto Sorokin: “Sui social, improvvisamente, tutti si sono sentiti scrittori”. Si tratta di una vera e propria produzione di massa, ovvero la letteratura di consumo.
Ovviamente, la nuova produzione si contrappone alla produzione “artigianale”, che crea gli oggetti unici con determinati effetti e dettagli, realizzati a mano uno alla volta. A differenza dell’“artigianale”, la letteratura di consumo dipende dalle tendenze. Una tendenza diventa virale grazie alla pubblicità, alla globalizzazione, ai media, ma soprattutto, oggigiorno, ai social media. Eppure, nonostante lo sforzo, ogni tendenza dopo enorme popolarità svanisce nel nulla. Per poter accontentare sempre i consumatori e seguire le nuove tendenze, la catena di montaggio, o la macchina molecolare, non si deve fermare mai. Quindi, in Manaraga, il destino della letteratura è determinato da nient’altro che dai bisogni e dalle preferenze dei suoi lettori.
Infine, la lotta del protagonista, così come quella generale contro il progresso tecnologico, condotta dalla Cucina, non è servita a nulla. I tentativi di distruggere la macchina portano al fallimento totale. Geza viene imprigionato e subisce una procedura di lavaggio del cervello, durante la quale gli viene innestato l’accesso a Internet. A causa di questo la sua vecchia struttura letteraturocentrica viene capovolta: “Il book’n’grill! La nuova moda. Il grottesco attraverso cui dimenticare la guerra. La dolce vita postbellica. Era questo, Géza. Ma è finito” (p.114). Della sua resistenza bibliofila alla modernità non rimane traccia.
Bibliografia:
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Apparato iconografico:
Immagine di copertina e Immagine 1: https://eksmo.ru/news/vladimir-sorokin-ostalsya-s-nosom-ID12450148/