La vita a colori di Mark Rothko

Linda Caregnato

 

Markus Rothkowicz nasce il 25 settembre 1903 a Dvinks (ora Daugavplis, in Lettonia), da una famiglia ebrea. A causa del pogrom visse l’infanzia in un clima di antisemitismo poiché i cosacchi, seguaci dello zar, perseguitarono tutte le comunità giudaiche. Suo padre, Jakob Rothkowicz, da ebreo laico divenne col tempo ortodosso e perciò Markus, essendo l’ultimo di quattro figli, fu l’unico tra i suoi fratelli a ricevere una rigida istruzione ortodossa. Il padre emigrò negli Stati Uniti per cercare fortuna e si trasferì dal fratello che viveva a Portland e che aveva già avviato un’attività nel settore dell’abbigliamento. In seguito, lo seguirono anche i figli sebbene la famiglia si riunì al completo solo nel 1914, quando Markus aveva 11 anni e raggiunse il padre e i fratelli con la madre. Tuttavia, il padre morì pochi mesi dopo il suo arrivo a causa di un cancro all’intestino e i figli dovettero iniziare a lavorare per mantenersi. Markus, in particolare, lavorò nel magazzino dello zio e iniziò a vendere giornali.

Era molto bravo a scuola e invece di frequentare le elementari per nove anni (come era consuetudine in America), gliene bastarono solo tre. Grazie ai voti alti ottenne una borsa di studio per l’Università di Yale ma l’abbandonò già al secondo anno perché non si sentiva stimolato da quell’ambiente universitario che riteneva, oltretutto, ostile agli ebrei. Rothko era affascinato da tutte le forme d’arte, ma aveva una particolare passione per la musica e suonava sia il pianoforte che il mandolino. Fu solo quando si trasferì a New York da solo, nel 1923, che scoprì la Art Student’s League e, vedendo dei dipinti di nudo, capì che l’arte sarebbe stata la sua vita. Si iscrisse quindi alla Art Student’s League e successivamente alla New York School of Design. In quegli anni si unì anche ad altri studenti per difendere l’opera di Diego Rivera, che era stata rifiutata dal Rockefeller Centre solo perché conteneva una minuscola rappresentazione di Lenin.

A New York Markus visitò molti musei, soprattutto il MoMA e il Metropolitan Museum, dove adorava osservare i quadri di Matisse e Rembrandt. Nel 1938 ottenne la cittadinanza americana e due anni dopo, nel 1940, cambiò il suo nome in Mark Rothko, per renderlo più americano ma mantenendo nel suono la sua discendenza russa. Egli voleva soprattutto nascondere la sua origine ebraica perché temeva di essere espatriato e quindi essere vittima delle leggi razziali.

Untitled (umber, blue, umber, brown), Stedelijk Museum, Amsterdam

Fu solo a partire dal 1955 che divenne ufficialmente famoso, grazie all’esposizione delle sue opere nell’importante galleria di Sidney Janis. Divenne un artista di fama mondiale e ritenuto uno dei protagonisti dell’arte moderna del secondo dopoguerra.

L’opera di Rothko può essere divisa in quattro fasi: dal 1924 al 1940 fase realista; dal 1940 al 1946 fase surrealista, con ispirazione dalla mitologia greca e dai motivi religiosi; dal 1946 al 1949 anni di transizione verso la pittura astratta. È in questi anni che nascono i suoi famosi “Multiforms”; dal 1949 al 1970 fase della sua maturità, si parla di puro astrattismo.

Nel 1958 gli venne chiesto per la prima volta di dipingere un ciclo di quadri (chiamati Murals) per il ristorante newyorkese Four Seasons. Durante il lavoro si prese una pausa e decise di fare un viaggio in Europa con la famiglia. Nella nave SS. Indipendence incontrò l’autore John Fischer con cui strinse amicizia e a cui confessò di voler dipingere qualcosa che avrebbe tolto l’appetito a chi avrebbe mangiato in quello spazio. Nel caso in cui il ristorante si fosse rifiutato di appendere i suoi dipinti, sarebbe stato per lui il migliore dei complimenti. Però, alla fine, il ristorante accettò ben volentieri i quadri. Tuttavia, un giorno Rothko e sua moglie furono invitati al ristorante e l’autore, vedendo che il ristorante era troppo pretenzioso, decise di restituire la cifra datagli e si riprese le sue opere. Il fatto ebbe molto eco nella stampa. Attualmente i suoi Murals sono sparsi per tutto il mondo: da Londra, al Giappone, fino a Washington D.C.

I guadagni di Rothko erano discontinui e riusciva a mantenere a stento la sua famiglia ma ottenne molto prestigio quando vendette a Mr. John D. Rockefeller IIII una sua opera per 1.000 dollari. Inoltre, il direttore del MoMA, Alfred Ban, acquistò un suo quadro per il museo nonostante il disaccordo del consiglio d’amministrazione.

Tra il 1967 e il 1969 diede vita ai Black and Gray paintings, una serie di quadri caratterizzati, appunto, dall’uso del grigio e del nero, cosa inusuale visto che l’artista privilegiava colori molto accesi.

Untitled (Black and Gray), Guggenheim Museum, New York

Rothko si suicidò il 25 febbraio 1970 nel suo laboratorio e a trovare il corpo fu l’assistente del pittore. L’artista soffriva da anni di depressione e molti avevano visto nei suoi Black and Gray una sorta di anticipazione del suicidio, ma molti critici d’arte avevano smentito questa possibilità affermando, invece, che questi quadri avrebbero dovuto suscitare gioia, a dimostrazione del fatto che Rothko non usava mai i colori come era consuetudine, aveva una sua visione soggettiva e molto personale dei colori e delle varie sfumature, che poteva cambiare in ogni quadro.

Quando Mark Rothko morì, sua figlia Kate aveva 19 anni e suo figlio Christopher 6, fu lei a prendersi cura del fratello perché dopo 6 mesi dalla morte di Rothko morì anche la moglie Mell. Per i figli fu un vero e proprio shock e dovettero trasferirsi in Ohio dalla zia materna. Kate denunciò anche la vendita illecita di alcuni quadri del padre e vinse la causa: le vennero restituiti 658 dipinti invenduti e le venne assegnato un indennizzo di 9 milioni di dollari. Attualmente i figli sono proprietari di molte opere di Rothko ma tutte le altre sono sparse per il mondo, dando la possibilità a molti di ammirare i suoi meravigliosi lavori. Inoltre, nel 1971 venne completato il progetto della Rothko Chapel, una cappella dedita alla meditazione e destinata alle persone di tutto il mondo, indipendentemente dalla loro religione. Contiene 14 quadri dipinti di nero che l’autore aveva già terminato. La cappella ha forma ottagonale e ha sede nella città di Houston, in Texas.

Attualmente, tra gli illustri musei che contengono le sue opere ci sono il Metropolitan Museum di New York, il Kunstmuseum di Berna e lo Stedelijk Museum di Amsterdam.

Metropolitan Museum, New York

Bibliografia:

Francesco Matteuzzi, Giovanni Scarduelli, Mark Rothko, Milano, Centauria, 2020.

Jakob Baal – Teshuva, Mark Rothko, Colonia, Taschen, 2003.

Mark Rothko, L’artista e la sua realtà, Milano, Skira, 2007.

Riccardo Venturi, Rothko, Firenze, Giunti, 2007.

Apparato iconografico:

Immagini e Immagine di copertina: https://www.singulart.com/it/collezione/ispirazione-mark-rothko-1195

One Reply to “La vita a colori di Mark Rothko”

  1. Ho raccolto delle foglie qui nella campagna dove vivo, le ho messe quasi per caso sopra una foto di un suo dipinto, stesso colore rosso quinaquidrone.
    Sdraiarsi e farsi avvolgere dai colori dei suoi quadri.

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