Maria Castorani
Il peso delle dinamiche di politica estera e degli eventi bellici del secolo passato ha gravato, con le proprie specificità, anche su una striscia di terra lunga 948 chilometri che corre nel Pacifico nordorientale nell’Estremo Oriente russo e su coloro che furono costretti ad abitarla.
La storia antropologica e geografica dell’isola di Sachalin è stata quella dell’interazione di più agenti politici che ne hanno mutato, nel corso degli anni, la composizione della popolazione e l’appartenenza territoriale. Un’interazione che, parallelamente, è sconfinata sul piano più umano dell’agire politico e ha coinvolto un’altra narrazione, la storia dei Korjo-Saram, i gruppi etnici di coreani emigrati in Russia già nel XIX secolo (i cui spostamenti furono, allora, regolarizzati da un accordo russo-coreano ai tempi dello car Alessandro II).
Questi coreani, stanziatisi in Russia volontariamente e spinti principalmente da motivi economici, nel 1937 erano stati trasferiti dai Territori del Litorale in Asia Centrale e, in Uzbekistan e in Kazakhstan, avevano subito notevoli discriminazioni e angherie da parte delle popolazioni locali. Per definirsi usavano il nome Korjo-saram, genti di Corea.
A intrecciarsi con i Korjo-Saram ̶ per rimanerne, però, nettamente separato ̶ fu un ulteriore gruppo di etnia coreana proveniente dalle province di Gyeongsang e Jeolla nella Corea meridionale.
Le risorse lusinghiere del territorio dell’isola di Sachalin, che nel 1905 era passata sotto il dominio nipponico con il trattato di Portsmouth, necessitavano di manodopera per i lavori più logoranti. Dal 1910 iniziò, così, un lento e graduale processo di reclutamento di cittadini dalla penisola coreana, anch’essa colonia dell’impero del Sol Levante. Deportati per accelerare il progresso industriale dell’isola e impiegati come risorse nelle miniere di carbone, nella costruzione delle linee ferroviarie e nelle attività di disboscamento, i quasi 70.000 coreani che vennero mobilizzati fino all’estate del 1945 si concentrarono tutti nella parte meridionale dell’isola, l’allora prefettura giapponese di Karafuto. Il processo di trasferimento fu, dapprincipio, flemmatico e trascurabile.
Alla fine del primo decennio del XIX secolo, però, la società giapponese Mitsui Mining & Smelting Co. iniziò un massiccio reclutamento di manodopera per l’estrazione di carbone a Sachalin e, rispetto ai 33 coreani che si contavano nella parte meridionale dell’isola nel 1915, nell’ottobre del 1930 il numero salì a 8.301; il quadro retributivo dei 2,5 yen al giorno che li aspettava a Sachalin era, d’altronde, di gran lunga più accattivante rispetto ai 15-20 yen al mese che guadagnavano in Corea meridionale. Fu per questo che incentivare l’emigrazione, principalmente di uomini giovani senza famiglia, non richiese sforzi eccessivi.
Sulla cornice entro cui si mossero i processi delle migrazioni di coreani a Karafuto un ruolo cruciale fu svolto dalla situazione politica internazionale e dalle decisioni del governo giapponese in ambito di affari esteri, che finirono per annodarsi con le esigenze industriali ed economiche.
Nel 1937 l’inizio della guerra nel Pacifico fece emergere l’esigenza di controllare le risorse con un più ampio margine di previsione e, alimentati dagli eventi bellici, i flussi migratori delle comunità coreane a Sachalin raggiunsero le 311.725 persone nel 1940.
Tra le testimonianze e le voci dalla comunità coreana raccolte da Julija Din, accademica e ricercatrice del Museo di storia locale dell’Oblast’ di Sachalin, si legge:
“Sono arrivato a Karafuto nel 1943 su reclutamento. Hanno scelto loro, registravano tutti quelli che ingaggiavano. Mi sono mosso prima in battello, poi in treno. Lavoravamo circa dodici ore al giorno senza giorni di riposo. Non ci davano soldi, li mettevano sul libretto. A scappare non ci abbiamo mai pensato, se ci avessero presi saremmo finiti dietro un filo spinato, e le condizioni sarebbero state di gran lunga peggiori.” (P., uomo, anno di nascita 1925, Uglezavodsk, 20-12-2008)
Il compenso dei lavoratori coreani finiva, dunque, nei libretti di risparmio dell’ufficio postale della banca della città di Toyochara (l’attuale Južno-Sachalinsk): parte di questi libretti furono persi durante le azioni militari, di molti altri se ne appropriò l’Armata Rossa come bottino militare e i coreani di Sachalin dopo la guerra non riuscirono a recuperare in alcun modo i propri risparmi.
Sul fondamento di questa mobilizzazione forzata a più riprese si schiudono tutte le vicissitudini e le complessità della diaspora coreana a Sachalin e delle dolorose contraddizioni identitarie che emersero nel processo di aggiustamento sociale all’interno della lingua, della cultura e del byt’ sovietico. Quando, con la capitolazione giapponese, la Sachalin meridionale e le isole Curili passarono all’Unione Sovietica, in pochi giorni l’Armata Rossa occupò tutto il territorio dell’isola.
Nel 1946 il censimento della popolazione da parte dell’Unione Sovietica contò 27.774 coreani che sarebbero dovuti rientrare in Corea meridionale. Il rimpatrio dei coreani di Sachalin procedette, però, a scossoni.
Il governo giapponese esplicitò la promessa dell’evacuazione dei cittadini coreani, ma la colonia era ormai uscita dalla sfera d’influenza nipponica. Il rientro dei cittadini giapponesi dal ’46 al ’49 aveva generato un grosso deficit in termini di forza lavoro e, già nel 1948, i direttori delle aziende dell’ex prefettura di Karafuto si rivolsero al Consiglio dei ministri con la richiesta di ritardare il rimpatrio dei cittadini coreani fino all’autunno dello stesso anno. Le carenze di operai vennero risolte a inizio anni Cinquanta, quando, con gli ingranaggi della guerra di Corea già in movimento, la realizzabilità di un rimpatrio in Corea del Sud si fece sempre più sbiadita.
Nel 1948 questa aveva infatti preso le fattezze di Repubblica Popolare Democratica di Corea: l’influenza degli Stati Uniti, l’assenza di rapporti diplomatici con l’URSS fino al 1990 e l’inasprirsi della guerra fredda fecero da apripista a una serie di soluzioni alternative che non fecero altro che esacerbare lo scollamento di tutti coloro che, allontanati con la forza dalla familiarità di affetti e terre conosciute, continuavano a esserne tenuti lontani. Alla comunità coreana venne proposto di ricevere la cittadinanza coreana settentrionale o quella sovietica. In Corea del Nord si trasferirono in molti, in particolar modo giovani, sedotti dalla propaganda di governo e delusi, poi, dai realia e dalla quotidianità del paese.
La diaspora dei coreani di Sachalin si muove all’interno di un telaio articolato. Per rintracciarne gli orditi si deve tener conto delle divergenze interne ai gruppi che si ritrovavano sull’isola in diverse comunità, per diverse vicissitudini e comunicando in dialetti differenti. Le difficoltà nelle relazioni dei coreani di Sachalin con le comunità provenienti dalla Corea del Nord reclutate dalle autorità sovietiche dopo il 1947 per sopperire alle esigenze di manodopera furono inasprite dalle ostilità della guerra nella penisola coreana dal 1950 al 1953. E ancora gli attriti con i korjo-saram, i coreani continentali da tempo entrati nell’ossatura sociale sovietica e comunista e mandati a Sachalin dal regime (dopo il trasferimento forzato in Asia Centrale del 1937) a lavorare come traduttori, insegnanti e funzionari:
“Dopo la guerra andammo a vivere a Starodubskoe, là dove c’era una fattoria collettiva.
I coreani continentali facevano i dirigenti, ci tormentavano e io non riuscivo a sopportarli. Si rivolgevano a noi, coreani, come cani. C’era, ad esempio, un campo, io ci raccoglievo il cavolo…di solito avanzavano le foglie, ma loro non ci lasciavano tenere neppure quelle. Non ci davano nulla. Poi mio padre, in una sfida con i continentali, riuscì a vincere una vacca. Ci prendevamo cura di lei, mio padre voleva spostarsi a Južno-Sachalinsk. Ma ci tolsero tutto, anche la vacca, e a Južno-Sachalinsk non siamo più riusciti ad andare. Adesso li distruggerei tutti quanti.” (T., uomo, anno di nascita 1930, Južno-Sachalinsk, 03-08-2009)
Oggi quasi tutti i coreani dei 24.865 rimasti a Sachalin si sono russificati. Durante il censimento regionale del 2010 erano in 6.169 a conoscere il coreano, in 24.475 a parlare in russo.
La società radiotelevisiva dell’isola Televidenie Sachalin nel 1990 ha mandato in onda Most (“Ponte”).
All’imbrunire dell’esperienza sovietica la collaborazione delle aziende di teletrasmissione russa con i coreani della KBS della Repubblica Popolare Democratica di Corea portarono in chiave folk nella cultura popolare storie di allontanamenti familiari e di una diaspora a lungo taciuta, la cui responsabilità è stata rimbalzata a più riprese dai fronti dei paesi coinvolti.
La comunità coreana a Sachalin, come spesso accade nei profili degli innumerevoli gruppi etnici che abitano la Russia, ha scavalcato il principio aristotelico del terzo escluso e si è posta nell’intercapedine di una ricerca identitaria che non può vivere nella quiete di un rapporto 1:1.
Non con l’isola che hanno abitato, né tantomeno con la terra da cui sono stati separati combacia lo spettro identitario della comunità coreana dell’isola di Sachalin, animato ancora oggi da un’interazione storica di natura osmotica e, spesso, dolorosa.
Sitografia:
Iulija Din, Koreeved sachalinskich korejcev, Biblioteka Korjo-Saram. https://library-koresaram.com/shop/folder/din-yuliya-ivanovna-koreeved-sahalinskih-korejcev
Iulija Din, Migracija korejskogo etničeskogo naselenija na Južnij Sachalin v period japonskogo pravlenija (1905-45 gg.), Korjo-Saram Zapiski O Korejcach, 2015. https://koryo-saram.ru/migratsiya-korejskogo-etnicheskogo-naseleniya-na-yuzhnyj-sahalin/
Iulija Din, Otkuda vzjalis’ korejcy na Sachaline, Korjo-Saram Zapiski O Korejcach, 2018. Istočnik: https://koryo-saram.ru/otkuda-vzyalis-korejtsy-na-sahaline/
Iulija Din, Pervaja političeskaja organizacija korejcev Sachalina v bor’be za repatriaciju na rodinu, Korjo-Saram Zapiski O Korejcach, 2017. Istočnik: https://koryo-saram.ru/pervaya-politicheskaya-organizatsiya-korejtsev-sahalina-v-borbe-za-repatriatsiyu-na-rodinu/
Apparato iconografico:
Immagine 1: https://www.kp.ru/daily/26871/3913857/
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Immagine 3: https://www.youtube.com/watch?v=WfbsFMteSRk&t=324s