Il dramma dell’apparenza e della realtà: “Terra sconfinata” di Arthur Schnitzler

Silvia Girotto

Terra sconfinata, dramma in cinque atti di Arthur Schnitzler, è uscito in lingua italiana nel 2019 per Edizioni Pendragon, che si è avvalsa, per quest’opera, del lavoro di traduzione di Marina Pugliano. Originariamente intitolato Das weite Land. Tragikomödie in fünf Akten, questo testo era stato pubblicato dalla casa editrice Fischer a Berlino nel 1911 e rappresentato nello stesso anno in diversi teatri: Vienna, Berlino, Monaco, Hannover e Lipsia, per nominarne solo alcuni.

Link al libro: https://www.pendragon.it/catalogo/teatro/teatro-1/terra-sconfinata-detail.html


La trama non ha un vero e proprio sviluppo, poche e mirate sono le azioni narrate nel tempo presente, mentre la maggior parte dei dialoghi si riferisce a eventi passati. L’ambientazione è assai tipica dell’autore, così come le figure rappresentate: una quindicina di personaggi appartenenti alla buona società austriaca di inizio Novecento si trovano legati fra loro da una serie di relazioni ufficiose che rispecchiano fin dalle prime pagine la tendenza critica dell’autore. Schnitzler, infatti, oltre a essere un medico conoscitore della psiche umana, non perdeva occasione per presentare critiche descrizioni della bigotta società della sua epoca, in particolare degli anni antecedenti il primo conflitto mondiale. Tipica della sua scrittura è infatti la contrapposizione tra apparenza e realtà, tra la facciata di perbenismo e rispetto e la fitta rete di relazioni che è possibile scoprire scalfendo appena la superficie. Andare oltre il primo velo di illusioni che le famiglie della buona società presentano equivale a scoperchiare il vaso di Pandora: basta scavare un po’ ed è possibile osservare con chiarezza le varie contraddizioni e i diversi inganni che si sviluppano sotto gli occhi di tutti, alla ricerca di una nuova morale valida solo nel proprio ambiente.

L’esempio migliore di questa tendenza e della sua estrema realizzazione è il dramma in dieci atti Reigen (“Girotondo”, 1900), in cui la morale comune viene totalmente ribaltata e si forma un cerchio tra i dieci personaggi dell’opera, un girotondo appunto, in cui ciascuno è collegato in qualche modo agli altri protagonisti. Anche in Terra sconfinata è possibile individuare questa rete di legami, che si rivela poco a poco con il susseguirsi dei dialoghi. A unire le figure dell’opera entra in gioco dopo poche battute un elemento macabro: il suicidio per motivazioni misteriose del comune amico Aleksej Korsakov. Dopo il funerale del suddetto, i primi personaggi si incontrano a Baden – cittadina non distante da Vienna –, nella casa della coppia principale, Friedrich Hofreiter e la moglie Genia. Nella dimora si trovano anche la signora Wahl con la figlia Erna e il giovane Otto von Aigner, venticinquenne in procinto di partire con l’esercito.

Adulterio e vendetta si insinuano lentamente tra le battute della non più giovane ma ancora attraente Genia, consapevole del tradimento del marito e del quale desidererebbe vendicarsi, ritenendo tuttavia questo comportamento una vergogna per una donna. Le sue parole rispecchiano effettivamente quella che è la considerazione generale di una simile punizione dell’infedeltà:

GENIA: Pensa che mi faccia tanti scrupoli? Si sbaglia, dottore… c’è stato addirittura un periodo in cui avevo pensato di fare la cosa più umiliante che una donna possa fare a un uomo, e soprattutto a un uomo vanitoso. Volevo… vendicarmi!” (p. 22)

La vendetta non è un motivo valido per essere infedeli a propria volta, ma il rifiuto della monogamia altro non è che una necessità naturale per i personaggi delle opere schnitzleriane. Si tratta di un’azione come un’altra, umiliante se utilizzata come ritorsione e soprattutto non accettata socialmente, motivo per cui se ne deve discutere a bassa voce, solo con amici fidati. L’apparenza in questa società è tutto e per il quieto vivere si sopporta anche il tradimento. Non manca certamente il pettegolezzo, fondato o meno, per cui il palco di Terra sconosciuta diventa il luogo in cui tutto si conosce e tutto è finto. Il fulcro della storia, come anche in Girotondo, è l’interesse sessuale apparentemente negato, con una morale che in superficie cerca di predominare e controllare gli istinti, ma che in realtà ha ben poco valore una volta che i personaggi sono nascosti a occhi esterni. Il pubblico riesce così, nella rappresentazione, a godere di uno sguardo privilegiato sulla reale vita di Friedrich Hofreiter e della sua cerchia di conoscenze più intime.

Su cinque atti l’ambientazione di quattro è sempre la tenuta Hofreiter, in cui i personaggi si alternano nel comparire di fronte al pubblico mentre il resto di loro si diletta in svariate attività sociali. Attraverso questa alternanza di dialoghi tra le varie figure si aggiungono man mano nuovi elementi alla storia, dettagli inediti che aiutano il pubblico a scoprire le trame di una storia solo all’apparenza limpida. Un elemento alla volta emerge la dinamicità della situazione, soprattutto quando si svolgono dialoghi a due, dietro ad una statica facciata di normalità e rispetto mostrata in presenza di altre figure, che per quanto siano a conoscenza delle tresche amorose disturbano l’intimità della conversazione a due membri rendendola, per così dire, “ufficiale”.

Il terzo atto rappresenta un elemento di cambiamento: l’ambientazione si sposta presso l’Hotel Lago di Fiè, dove una parte della comitiva di Hofreiter si spinge, in una gita, su un percorso pericoloso, mostrando così un momento di destabilizzazione della narrazione. Infatti non si vede più la calma di facciata che caratterizzava i personaggi nei due atti precedenti, essi sono ora visibilmente scossi per la paura e l’eccitazione, mostrando come la realtà sia molto più complessa di quello che essi intendono mostrare. Proprio in questo terzo atto il Dottor von Aigner esprime in poche parole tale concezione: È vero che cerchiamo, bene o male, di fare ordine dentro di noi, ma quest’ordine è solo artificioso. Lo stato naturale… è il caos.” (p. 117) Caos è tutto ciò che ha a che vedere con l’umano, non è possibile nasconderlo, estraniarsene, e nessuno è escluso da queste condizioni, perché l’intera anima umana è, secondo lo stesso dottore, una terra sconfinata” (p. 117).

Terra sconfinata si rivela in conclusione un dramma coinvolgente, che fa leva sulla curiosità del pubblico e del lettore in maniera precisa ed efficace. È una lettura scorrevole e solo apparentemente statica, grazie alla grande quantità di elementi che entrano in gioco e allo stesso tempo all’ambiente circoscritto ed emblematico dell’opera schnitzleriana.

Apparato iconografico:

Immagine 1: https://www.pendragon.it/catalogo/teatro/teatro-1/terra-sconfinata-detail.html

Immagine 2: https://wordpress.danieltubau.com/arthur-schnitzler-y-su-epoca