“Ciuleandra”: un’ossessione folle, l’ebbrezza di una danza

Nicola Perencin

Se è vero che le traduzioni dovrebbero avere una data di scadenza, assolutamente meritoria è l’apparizione di Ciuleandra, di Liviu Rebreanu, per la collana Quaderni Romeni di Rediviva Edizioni (Milano 2020). La nuova traduzione, condotta congiuntamente da Alessio Colarizi Graziani e Alina Monica Turlea, ripropone un importante titolo della letteratura romena del Novecento, finora accessibile al pubblico italiano unicamente tramite la versione di Venere Isopescu, ormai datata perché risalente al 1930.

Link al libro: https://rediviva.it/product/la-ciuleandra/


Ciuleandra, pubblicato nel 1927 e ora ripresentato in italiano in una veste linguistica aggiornata e scorrevole, è sicuramente uno dei maggiori capolavori di Liviu Rebreanu (1885-1944), romanziere realista e attento alla dimensione sociale, ma con precise inclinazioni verso l’indagine psicologica e lo scandaglio delle profondità sconosciute dell’animo umano.

L’attenzione a ciò che l’uomo di sé non conosce è anche cifra dell’epigrafe posta in apertura del romanzo, assente nell’edizione del 1930 e ora reintegrata grazie allo zelo dei curatori: «… e tu non sai di essere infelice, miserabile, povero, cieco e nudo» La citazione biblica, tratta dall’Apocalisse (3,17), suona come anticipatoria del destino del protagonista.

La vicenda è tutta incentrata su Puiu, bon vivant bucarestino, rampollo viziato e inetto dell’ex ministro della Giustizia Policarp Faranga, e prende le mosse dal momento in cui egli, in preda a un raptus, uccide la propria moglie Madeleine. L’incipit, fosco di drammatica violenza, riecheggia formule e passioni dannunziane:

“- Taci!… Taci!… Taci…

L’aveva gettata sul divano e, mentre col suo ginocchio destro le schiacciava i seni, affondava le dita sul collo bianco e pieno quasi avesse voluto strangolare una risposta che temeva. Sentiva il suo corpo dibattersi come sotto una stretta appassionata e quell’agitarsi lo eccitava ancor più sconsideratamente.

– Taci!… Taci!…” (p.17)

L’immagine dell’assassino appare subito dopo, riflessa da uno specchio posto all’interno della camera in cui si è appena svolto il delitto:

“Improvvisamente, in un fremito di terrore, scorse dinanzi a sé un giovanotto dai capelli un po’ scompigliati, dal volto rasato, fine, ovale e sconvolto, con gli occhi persi, con indosso un frac, ma con i polsini che fuoriuscivano dalle maniche, con il gilè sgualcito ed un’ala del colletto rialzata fino all’orecchio, come un eroe aristocratico nei film americani dopo una colluttazione a suon di pugni con un rivale borghese.” (p.20)

Il movente? Dopo il delitto, l’iperprotettivo padre del protagonista sfrutta i propri agganci politici per evitare l’arresto del figlio e per soffocare uno scandalo che avrebbe macchiato il buon nome della famiglia. Al cospetto delle autorità, tutte in qualche modo legate a lui da rapporti clientelari, l’ex ministro insinua che Puiu, già incapace di assumersi alcuna responsabilità, soffrisse di squilibri mentali, e così lo fa condurre in una clinica psichiatrica al fine di «esaminare la sua responsabilità penale».

Attraverso i colloqui con il dottor Ursu, medico psichiatra noto per la sua professionalità ma anche per l’odio inveterato verso i boiari «che gli avevano spezzato il cuore», i fatti cominciano ad assumere una forma coerente. Madeleine era sempre stata una donna buona e una moglie onesta. Ma un’ombra negli occhi di lei, un pensiero sfuggente, che Puiu non era mai riuscito a decifrare, si era trasformato un po’ alla volta, nella mente del marito, in un’ossessione poi sfociata nel gesto omicida.

Nei tentativi di ricordare e di illuminare le zone d’ombra nei propri rapporti la moglie, Puiu ritorna al giorno in cui l’aveva conosciuta. Il matrimonio non era avvenuto in circostanze consuete, essendo Puiu un boiaro e Madeleine, allora Mădălina, una giovane contadina della regione dell’Argeș. Ed ecco affiorare insistente, insieme ai ricordi, il vago motivo di una danza popolare ballata tanti anni prima, la ciuleandra appunto: un ballo primordiale, parossistico, dionisiaco:

Chi non ha veduto la ciuleandra non può immaginare cosa sia l’ebbrezza della danza! […] Comincia come una hora qualunque, molto lenta e molto misurata. […] Poi, quando [i ballerini] sono un po’ eccitati, la musica comincia ad animarsi, ad accelerare, con naturalezza. […] Quanto più si riscaldano i ballerini, tanto più la musica si fa eccitante, folle, selvaggia. […] Poi, improvvisamente, a passi saltellati e velocissimi, si lanciano tutti in un vortice. […] Più volte l’ardore della passione è trafitto da urla prolungate, quasi sgorgate dalla notte dei tempi o da un qualche grido di ragazza dai seni accesi nell’ardore di una stretta… E così la danza sembra continuare fino a che tutti i ballerini fonderanno i cuori nella vampata suprema di una passione sfrenata.” (pp. 133-135)

Proprio nell’ebbrezza della danza Puiu aveva provato attrazione per Mădălina e l’aveva baciata, trasognato. In capo a tre giorni, anche dietro il pagamento di una somma di denaro, gli accordi erano stati fatti e la madre della ragazza aveva acconsentito al matrimonio.  Poi Mădălina, dopo alcuni anni trascorsi a Parigi e a Londra per curare la propria educazione e diventare una vera signora, al momento opportuno fu pronta per le nozze, celebrate col compiacimento del vecchio ministro, felice che l’antica ma decadente stirpe dei Faranga fosse rinvigorita dal sangue vitale di una ragazza di campagna.

Gradualmente, mettendo a fuoco ricordi e situazioni, l’ombra negli occhi di Madeleine assume per Puiu contorni sempre più definiti. Nello sforzo di richiamare alla mente la melodia sfuggente della ciuleandra e di rimembrare i passi della danza, Puiu capisce con sempre maggiore certezza che la moglie non era mai stata sua e che, pur non avendo nessun motivo di sospettare di lei e assolutamente nulla da rimproverarle, l’aveva uccisa per gelosia. Tale consapevolezza, dapprima inconscia, approderà infine a una conferma, portando così allo scioglimento del dramma, ben riassunto da Giulio Bertoni, nella prefazione alla prima edizione italiana, con con una formula quasi oracolare per la sua lapidaria secchezza: «Per quest’ombra egli l’ha uccisa, quando ancora nulla sapeva; per questa imagine (sic!), egli impazzisce ora che sa».

In conclusione di questo romanzo edipico, la «risposta», strozzata nella gola della moglie strangolata, trova la via per irrompere dal silenzio. Arriva a Puiu, e lo annienta, tramite le note di un’antica e arcana melodia popolare, un canto potente, parossistico e ossessivo, intriso di amore e di morte: la ciuleandra.

Apparato iconografico:

Immagine di copertina: https://images.app.goo.gl/j1d6ZwrXzA2Jc7e48

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