Silvia Girotto
“Per una ragazza, essere «ben educata» significava allora essere completamente ignara della vita, condizione cui talvolta le donne di quella generazione sarebbero rimaste condannate per tutta la loro esistenza.”
(Stefan Zweig, da Il mondo di ieri, p. 78)
Tra i periodi in cui l’analisi della condizione femminile in Austria dovrebbe essere approfondita, quello della Jahrhundertwende merita una menzione particolare. Già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento è evidente la proliferazione, all’interno dell’Impero Austro-Ungarico, di associazioni femminili – inizialmente di breve durata – che stimolano nella società dell’epoca un desiderio di evoluzione. Con l’avvicinarsi della fine del XIX secolo si passa ad un’azione più decisa: numerose donne iniziano a manifestare per le strade di Vienna e a organizzarsi sistematicamente. Intorno al 1870 vedono la luce le prime associazioni femminili di successo, che alla loro nascita non vantavano fini politici, come la Verein der Lehrerinnen und Erzhierinnen (Associazione delle insegnanti e delle istitutrici) o la Wiener Hausfrauverein (Associazione delle casalinghe di Vienna). In seguito a queste venne creata nel 1892 la prima classe liceale per ragazze e nel 1984 la prima scuola per nuotatrici, fino ad arrivare, nel 1908, alla nascita del Club del nuoto femminile, un grande traguardo in quanto alle donne dell’impero non era permesso nuotare fino al 1831.
La condizione femminile nei primi anni del Novecento non si presentava quindi avanzata: solo nel 1918 venne concesso diritto di voto alle donne, ma erano diversi gli ambiti che necessitavano di uno sviluppo, con un focus particolare sull’educazione. A questo scopo nacquero anche diverse associazioni di scrittrici nel mondo di lingua tedesca, come la Verein deutscher Schriftstellerinnen (Associazione delle scrittrici tedesche), che arrivò a contare tra le sue fila 230 membri nel 1911. Nell’epoca della Jahrhundertwende la quantità di scrittrici, in particolare nella zona dell’Impero Austro-Ungarico, era impressionante; molte di loro scrivevano come attività principale, si dedicavano soprattutto alla prosa e tra i temi affrontati riproponevano quelli marcatamente femministi, anche se non mancavano discorsi di matrice politica, come Die Waffen nieder (“Giù le armi”, 1889), romanzo pacifista di Bertha von Suttner.
È in questo contesto che si inseriscono le due riflessioni simili, ma presentate da prospettive diverse, di Stefan Zweig e Else Jerusalem. Il primo dedicò una parte del suo capolavoro Die Welt von gestern. Erinnerungen eines Europäers (“Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo”, 1942) alla valutazione dell’educazione sessuale nella Vienna del primo Novecento, la seconda scrisse un saggio che si presenta come un grido arrabbiato per chiedere verità e giustizia per le donne, volontariamente abbandonate a una condizione di ignoranza in materia sessuale.
Else Jerusalem, scrittrice ebrea nata Kotányi nel 1876, è conosciuta con il cognome del primo marito. Nota come sostenitrice del movimento di emancipazione femminile borghese a Vienna, inizia la sua attività letteraria con la pubblicazione di racconti; di particolare successo fu raccolta Venus am Kreuz (“Venere in croce”, 1899), comprendente gli unici testi mai tradotti in Italia. Entra in contatto con il gruppo della Jung Wien (Giovane Vienna), dal quale si allontana per via della differente prospettiva sulla società e proprio da ciò nasce il suo unico romanzo, Der heilige Skarabäus (“Lo scarabeo sacro”, 1909), una denuncia del falso perbenismo e delle contraddizioni della Finis Austriae. Nel 1919 Jerusalem si trasferisce in Argentina e nel 1943 muore a Buenos Aires, dove era stata raggiunta dalla notizia che il suo romanzo era stato dato alle fiamme dalla Gestapo.
Il saggio di Jerusalem Gebt uns die Wahrheit! Ein Beitrag zu unsrer Erziehung zur Ehe (“Dateci la verità! Un saggio sulla nostra educazione sul matrimonio”, 1902) e Die Welt von gestern si incontrano nel testimoniare la scarsa educazione sessuale femminile nei primi anni del Novecento. Da una parte si trova, tuttavia, uno scrittore che presenta questo fatto in termini puramente storici, dall’altra Jerusalem sperimenta in prima persona le conseguenze di tale problema, decidendo di affrontare con forza la questione e spingendo verso un cambiamento. Sia Jerusalem che Zweig partono da un punto di vista autobiografico: l’autore narra la propria vita a stretto contatto con la Storia passando anche per gli anni della scuola, raccontando di come lui e i suoi compagni fossero a conoscenza dell’ignoranza in cui erano relegate le fanciulle della stessa età, mostrandone il confronto con le informazioni offerte invece ai ragazzi, seppur in maniera discreta. Viene quindi presentato un quadro statico della condizione di uomini e donne, tecnica rifiutata invece da Jerusalem. L’autrice pone come punto di partenza la propria esperienza, riconoscendo di essere stata vittima della stessa educazione. Questo riconoscimento le permette anche di individuare gli effetti da lei subiti, primo fra tutti il senso di vergogna di fronte a discorsi mal visti dalla buona società. Il problema sottolineato da Jerusalem già nel prologo è la vergogna subdolamente introdotta nella psiche femminile al parlare di certi argomenti, mentre il fatto di metterli in pratica non era di per sé scandaloso fino al momento in cui questo veniva alla luce. In quel caso la donna sarebbe stata identificata certamente come complice, ma anche come unica colpevole in quanto testimonianza visiva dell’osceno comportamento tenuto.
“Il parlare di certe faccende ha, nella nostra società così ricca di pudiche orecchie, un effetto molto più offensivo della messa in pratica delle stesse.” (p. 3)
La problematicità di questa situazione è riconosciuta anche da Zweig, il quale mostra tuttavia il suo primo, grande limite. Nel capitolo Eros matutinus egli accomuna inizialmente il destino dei due sessi, mostrando tuttavia di andare nella stessa direzione di Jerusalem e riconoscendo l’assurdità di simili circostanze:
“[…] quell’epoca ricorse a un bizzarro compromesso, costruendosi una morale che, pur non vietando al giovane di vivere la propria sessualità, esigeva però che questi affrontasse l’imbarazzante argomento con la massima discrezione. Se la sessualità non poteva essere estromessa dal mondo, bisognava almeno che non fosse visibile nella società ben educata e ben ordinata del tempo. Per tacito accordo, dunque, di questa scabrosa questione non si discuteva né a scuola, né in famiglia, né in pubblico, e tutto ciò che avrebbe potuto ricordarne l’esistenza veniva represso.” (p. 70)
La volgarità insita nella sfera sessuale portava ad evitare quanto più possibile l’argomento, tanto che lo stesso Zweig si offre come testimone della pudicizia manifestata anche dallo scrittore medio dell’epoca. Questo, parlando di prostituzione e desiderio, “si sentiva obbligato a nobilitarla e per così dire a profumare la sua eroina facendo di lei una «signora delle camelie»” (p. 71), azione compiuta anche da Zweig stesso – come in Geschichte eines Untergangs (“Storia di una caduta”, 1908) o Angst (“Paura”, 1920) – e da altri autori della sua generazione, ad esempio Arthur Schnitzler in Traumnovelle (“Doppio sogno”, 1926). Inoltre, l’offesa derivante da tali discorsi viene presentata da Jerusalem come strettamente legata all’onore familiare. Una buona moglie era infatti riconosciuta come il prodotto di ottimi insegnamenti genitoriali, per cui per una coppia era importante educare la figlia perché questa arrivasse casta al matrimonio, fosse pronta a soddisfare il proprio marito e si occupasse della propria bellezza in modo da non far sfigurare il consorte.
La questione di base che Jerusalem vuole chiarire nel suo saggio, non affrontata da uno Zweig certamente più interessato a definire il momento storico da lui vissuto, è l’origine della differenza di educazione tra i sessi. Nella sua analisi parla di Tyranney des Gedankens, una “tirannia del pensiero” che da secoli impone alla donna di occupare un posto scelto da altri, che possono spostarla a proprio piacimento. Questa inferiorità sociale della donna deriva da un’epoca in cui la forza fisica era ciò che permetteva di imporre la propria visione e tale differenza di ruolo è rimasta immutata nei secoli in quanto considerata legge naturale e unica possibile per definire il rapporto tra sessi. La donna è ora abituata a questa condizione di passività: lei è “gewöhnt zu warten, gewählt zu werden” (“abituata ad aspettare di essere scelta”, p. 10). A causa di questa abitudine, imposta fin dalla tenera età, la donna è rimasta in una condizione di subordinazione – o condizione di Unding, “non cosa” – nonostante si fosse diffusa l’idea che anche le donne dovessero essere incluse in ambiti della società prima preclusi, come gli studi universitari. Stabili sono tuttavia gli stereotipi di genere, che vedono come uniche possibilità per la donna la procreazione e il desiderio di essere madre:
“Anche i più comprensivi non prendono completamente sul serio lo sforzo di emancipazione di questa epoca. Quindi essi affermano: «Alla fine è una moda. Chi tra tutte le donne si sente davvero soddisfatta dallo studio? I casi singoli non hanno alcun valore nell’insieme. La maggioranza vuole sposarsi. Ed è per questo che la tradizione rimane solida.»” (p. 12)
La permanenza nella cultura novecentesca degli stereotipi mostrati da Jerusalem spiega l’immobilità dell’educazione offerta a ragazzi e ragazze, sottoposti a scuola e anche tra le mura domestiche ad una differenziazione. Se l’uomo è presentato come colui che prende le decisioni, la donna deve adattarsi, imparando a godere delle bellezze del matrimonio e a sopportare gli aspetti negativi. Per questo essa deve poter essere perfettamente incasellata nel ruolo pensato per lei e chi si allontana dal cammino predefinito e causa uno scandalo è considerata vittima di un’educazione debole e quindi soggetta a seguire i propri istinti, che mal si adattano alla morale sociale. La conclusione tratta è quindi che le donne siano spinte a infrangere la morale portando disonore alla famiglia: pertanto è necessario controllarle e far provare loro sentimenti di vergogna e pudicizia. Ciò che non si ammette è che il portare scandalo sia dovuto alla mancanza di educazione sessuale, trascurata in favore della trasmissione di regole morali. Senza una preparazione in materia sessuale, tollerata invece nei ragazzi, è naturale che possano essere compiute scelte sbagliate, ma ciò viene imputato all’innata incapacità femminile di trattenere i propri istinti.
Con queste parole Zweig riconosce e descrive lo stesso problema:
“Il cosiddetto sesso forte manifestava la propria alterità nei confronti di quello debole anche in tutta una serie di atteggiamenti: l’uomo doveva essere risoluto, cavalleresco e aggressivo; la donna timida, ritrosa e sulla difensiva – cacciatore e preda anziché compagni alla pari. Questa innaturale differenziazione a livello esteriore alimentava tuttavia anche la tensione interna fra i due poli, ossia l’erotismo, tanto che la società dell’epoca, con questa tecnica dissimulatoria e fondata sulla reticenza, così contraria alla psicologia umana, otteneva l’esatto contrario del suo fine.” (p. 74)
Conseguenza di una simile situazione altro non poteva essere che un’ulteriore accentuazione delle differenze tra i sessi, seguita da una maggiore necessità di tenere sotto controllo ragazze che si sarebbero disonorate in mancanza di un’adeguata educazione. Non si trova qui un tentativo di identificare le future conseguenze, ma piuttosto una presa di consapevolezza a cui, tuttavia, ci si ferma. La riflessione di Jerusalem compie invece un passo in più e spiega come la mancanza di chiarimenti porti la donna a mettere in atto una Selbsterziehung, un’educazione autonoma, di cui riconosce la fallacia. Le donne altro non chiedono che la verità:
“Allora dateci ciò che è semplice, dateci la verità e noi rinunceremo alla malata autoeducazione erotica a cui ci stiamo sottoponendo, che in ogni momento stiamo ampliando e approfondendo […].” (p. 54)
E ancora:
“Dateci la verità! Abbiamo il santo diritto di sapere, perché non crediamo più all’amore definito da certi matrimoni, non crediamo alla maternità che proviene da essi. Noi richiediamo il libero amore per il matrimonio, la libera scelta e il diritto di aspettare […].” (p. 20)
Con “diritto di aspettare” Jerusalem si riferisce ad una chiara contrapposizione: con il raggiungimento della prima esperienza sessuale il ragazzo diventa uomo, la ragazza diventa madre. È un momento decisivo per entrambi, ma se Lui è atteso da numerose esperienze, per Lei questo momento definisce la direzione della vita:
“Davanti a lui si stendono gli anni dello sviluppo, della maturità, del divenire. Davanti a lei solo un sacro dovere. Con il piacere lui riceve l’energia vitale, lei un bambino.” (p. 61)
La differenza dei punti di vista maschile e femminile offerta dalle due opere è quindi chiara: come donna, Jerusalem sente propria questa lotta e senza mezzi termini si fa portavoce di tutte le donne che vogliono rompere gli schemi e rivoluzionare questa educazione. Zweig, sia per il taglio dato alla sua opera che per la sua condizione di uomo, si limita a descrivere la situazione, a tratti quasi schernendo chi si trova in condizione svantaggiata. Nonostante in molte altre produzioni, in particolare nei racconti, la prospettiva femminile sia spesso presente, essa è sempre filtrata attraverso quella maschile; ciò si vede in maniera chiara in Die Welt von gestern, dove manca nella descrizione del femminile la volontà di indagare presente in altri temi nella stessa opera.
Si tratta quindi di due testi che presentano tratti comuni, primo fra tutti il riconoscimento di un importante problema di parità, seguito dalla critica alle differenze di educazione imposte. Ma se in Jerusalem la partecipazione è palpabile, fin quasi a permettere al lettore di sentire dentro di sé la rabbia di tutte coloro che si oppongono ad una società patriarcale, in Die Welt von gestern – come in altre opere –, al centro del dibattito c’è la statica descrizione di una condizione non vissuta. Come nella maggior parte delle opere di autori uomini della prima metà del Novecento, i ruoli di genere non subiscono uno sviluppo nonostante vi fossero sentori sociali a favore di un cambiamento e con questo confronto tra la principale opera di Zweig e il saggio di una scrittrice quasi sconosciuta si è voluto mettere in luce questa contraddizione a lungo criticata da Jerusalem.
Bibliografia:
Else Jerusalem, Gebt uns die Wahrheit! Ein Beitrag zu unsrer Erziehung zur Ehe, Leipzig, Hermann Seeman Nachfolger, 1902. [I brani tratti da questo testo sono stati tradotti per l‘occasione da me S.G.]
Else Jerusalem, Liberazione e altre prose inedite, Pistoia, Via del Vento edizioni, 2016.
Jo Catling, A History of Women’s Writing in Germany, Austria and Switzerland, Cambridge, Cambridge University Press, 2000.
Stefan Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, Garzanti, 2014, versione digitale e-book.
Sitografia:
Frauen in Bewegung 1848–1938, Österreichische Nationalbibliothek:
https://fraueninbewegung.onb.ac.at/node/898
Frauenbewegung, Wien Geschichte Wiki:
https://www.geschichtewiki.wien.gv.at/Frauenbewegung
Else Jerusalem, Austria-Forum
https://austria-forum.org/af/AustriaWiki/Else_Jerusalem
Apparato iconografico:
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