Stefania Feletto
Tra le figure letterarie più di spicco dell’intelligencija russa dell’Epoca d’argento, si incontra Teffi, pseudonimo di Nadežda Aleksandrovna Lochvickaja. Dopo aver esordito come poetessa, Teffi sperimentò i generi più vari: scrisse e tradusse pièce teatrali, pubblicò recensioni, e negli ultimi anni si dedicò ai saggi e alle memorie. Raggiunse la fama, nella Russia prerivoluzionaria, con i racconti brevi, gli schizzi umoristici e i feuilleton, pubblicati principalmente sulle riviste “Russkoe slovo”, “Satirikon” e “Novyj Satirikon” di San Pietroburgo. Grazie al sarcasmo che caratterizzava i suoi scritti, venne acclamata come la “regina dell’umorismo russo” e apprezzata da tutti, dalle classi più povere della società, per arrivare agli alti funzionari, tra i quali l’imperatore Nicola II, il consigliere dei Romanov Rasputin, e il compagno Lenin. In particolare, le veniva riconosciuto il merito di aver saputo rappresentare, attraverso delle miniature e uno sguardo satirico, sia le vicende di personaggi comuni, sia quelle di importanti figure della cultura dell’epoca, nella loro semplicità di esseri umani, immersi nei loro difetti e nella loro normalità. In questi racconti sono soprattutto le figure femminili a portare il lettore a riflettere sulla condizione umana. Il caso di una scrittrice che utilizzi l’umorismo, strumento di potere e di autorità riservato all’epoca agli uomini, è indubbiamente un caso raro.
Dopo aver compiuto un viaggio, trasformatosi in una fuga dai bolscevichi e dal Terrore rosso, Teffi arrivò a Parigi, dove si stabilì nel 1920. In questa città, la sua opera visse una seconda fase di fortuna e incontrò il favore del pubblico tra gli emigrati russi. Dopo il 1952, anno della sua morte, il suo lavoro è stato in parte dimenticato, per essere riscoperto e trovare nuovo successo nella Russia e nell’Europa contemporanea all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica.
Nadežda Lochvickaja nasce nel 1872 a San Pietroburgo, sesta di sei figli. Il padre è un importante avvocato e la madre un’istruita donna francese, appassionata di poesia e letteratura. In un contesto culturale tanto stimolante, fin dalla più tenera età, è colpita dalle opere di Puškin, Gogol’ e Dostoevskij oltre che da quelle di altri scrittori a lei contemporanei, come Sologub e Averčenko. L’immaginario di Teffi, appena tredicenne, è talmente influenzato dalla letteratura che, poco dopo la prematura scomparsa del padre, incontra personalmente Tolstoj per chiedergli di modificare parte di Guerra e pace, perché la vita del principe Andrej, associato alla figura paterna, fosse risparmiata all’interno del romanzo.
Il suo esordio da scrittrice è avvenuto all’età di quasi trent’anni con i versi “Ho fatto un sogno, pazzo e bello…” (“Mne snilsja son bezumnyj i prekrasnyj…”, 1901), ma si è complicato a causa della fama della sorella maggiore, Mirra Lochvickaja, che aveva già iniziato la propria carriera letteraria affermandosi come “la Saffo russa”, rendendo celebre il loro cognome grazie alle sue poesie. Così, nel racconto Psevdonim (“Pseudonimo”, 1931), Nadežda spiega la formazione della propria individualità e la nascita del nome con il quale inizierà a firmarsi, “Teffi” per l’appunto. La scelta è quella di creare un gioco letterario in cui riflettere la propria immagine: Nadežda rifiuta un soprannome che suoni serio o che richiami un’ideologia particolare, e giudica codarda la scelta di chi si nasconde dietro ad uno pseudonimo maschile, pratica molto comune tra le artiste dell’epoca per sperare di avere più successo. La scelta ricade allora su uno pseudonimo che lei stessa associa a qualcosa che porti gioia e si rifà al nome di un conoscente che considerava un buffone perché, si sa, i buffoni sono sempre felici. La persona in questione si chiamava Stepan, soprannominato dalla famiglia “Steffi”. Tolta la prima lettera, in modo che il conoscente non avesse da risentirsene, rimase “Teffi”, pseudonimo con il quale firma la sua prima pièce, Ženskij vopros (“La questione femminile”, 1907).
Già in La questione femminile, opera dalla trama semplice ma moderna, i personaggi principali sono i componenti di una famiglia e i diversi ospiti che ruotano intorno ad essa. Teffi mette in scena il tentativo della giovane Katja, figlia diciottenne dei due coniugi, di ristabilire in casa la parità dei sessi, lamentandosi di come la figura della donna sia spesso trattata come non fosse una persona e richiamando l’attenzione sull’urgenza di ristabilire nella società il matriarcato. Nel primo quadro Katja cerca di sovvertire l’ordine delle cose a parole, afferma di voler concludere gli studi e sottolinea che sarà lei a sposare il suo fidanzato, Andrej Nikolaevič, e viceversa, lasciandosi andare poi ad una lunga invettiva su come il genere maschile abbia perso la ragione a causa della posizione di potere che si è attribuito da sempre. Nel secondo quadro avviene il capovolgimento tanto desiderato da Katja: attraverso il travestimento degli attori, i personaggi maschili vestono improvvisamente abiti femminili e viceversa, i due generi si mescolano, si somigliano e si scambiano le funzioni sociali. Katja traffica con le carte di lavoro, il fratello Kolja ricama seduto sul divano mentre il padre lava i piatti in cucina. Se nel primo quadro era stato annunciato che lo zio Petja era stato nominato generale, ora in questo secondo capovolto è la zia Maša a ricoprire questa carica. Proprio la visita di questa zia mette in scena un’ulteriore parodia: la donna, che si vanta dell’importanza della sua nomina, compatisce il padre di Katja, che svolge ora il ruolo tipicamente femminile di casalinga e di madre, e viene dunque compatito e schernito per la pesantezza del proprio lavoro. Tutta questa messa in scena della zia, oltre ad altri sketch umoristici che si susseguono, in cui compaiono altre donne che assumono comportamenti molesti, tipicamente maschili, nei confronti di uomini, mostra ai lettori, così come a Katja, che il solo capovolgimento dei ruoli non porterebbe automaticamente a una società migliore, poiché le donne tenderebbero ad assumere il posto ma anche gli stessi atteggiamenti degli uomini. Katja, infatti, si sveglia e felicemente realizza che questa metamorfosi non è mai avvenuta, se non in sogno. Teffi, attraverso le parole di Katja, afferma che tutti sono ugualmente incatenati dagli stessi difetti, che saranno debellati solo attraverso quella che chiama una “nuova umanità”. In questa pièce, Teffi coglie, con una vena tragicomica, il carattere più divertente di una situazione ordinaria, spingendo il lettore a riflettere su cosa stia accadendo alla società e su quali siano le dinamiche dell’azione.
La galleria di “tipi” femminili in grado di ravvivare la narrazione è molto ampia e sviluppata nella raccolta Jumorističeskie rasskazy, Kniga pervaja (“Racconti umoristici, Libro primo”, 1910), come in tutta l’opera della scrittrice. Le donne possono essere anziane, scontrose, insoddisfatte, oppure più giovani, a volte sposate, ma spesso infelici del matrimonio. Tutte queste caratterizzazioni permettono al lettore di formarsi un’idea dei vari tipi sociali e psicologici di donne visti attraverso la sensibilità dell’autrice, che spinge tutte queste donne a confrontarsi, reagire e non lasciarsi soggiogare dalle figure maschili di partner, figli e conoscenti.
All’interno della produzione di Teffi, Vospominanija (“Da Mosca al Mar Nero”, 2017), pubblicato nel 1930 a Parigi, è forse il testo più celebre, oltre a essere il più lungo. Si tratta di un romanzo, scritto durante l’emigrazione in Francia, che racconta i fatti realmente accaduti di quella che doveva essere una tournée di spettacoli della scrittrice tra Kiev e Odessa nel 1918. Inaspettatamente, questo piano si trasforma e diventa un viaggio-fuga che porta Teffi ad allontanarsi da Mosca, contro la sua volontà, e a giungere, attraverso il Mar Nero all’allora Costantinopoli, a Parigi. L’allontanamento temporaneo dalla Russia diventa un addio per il quale la scrittrice ha sofferto molto, tanto che nei testi scritti all’estero si focalizza sulla nostalgia per la Russia e sull’esperienza di genere nell’adattarsi alla vita di emigrati.
Come nei feuilleton prerivoluzionari, anche in queste memorie, che diventano un racconto di viaggio romanzato, la galleria di persone incontrate è ampia e, per quanto Teffi ponga al centro il destino dell’umanità senza fare distinzioni di genere, sono proprio i personaggi femminili a spiccare tra la folla. Sono attrici, contadine, vecchie ebree, donne di cultura e commissarie definite “belve” a dinamizzare l’azione con atti talvolta tragici, raccontati sempre in chiave umoristica. È Teffi stessa, con l’astuzia e il sarcasmo ad ammaliare il commissario che dovrà far passare lei e i suoi compagni attraverso la stazione ferroviaria di confine, e sempre lei, grazie alla propria fama e a quella dello scrittore con cui viaggia, Averčenko, a divincolarsi da situazioni di guerra e città saccheggiate. In una nota che precede il testo, Teffi avverte il lettore di aver scritto un racconto “semplice e veritiero […] compiuto in compagnia di un’ondata di gente comune in tutto simile all’autrice stessa”, ma ciò che si nota è la sensibilità e lo spirito comico con cui lo sguardo, mai ingenuo, tutt’altro che comune di Teffi, riesce a raccontare le sue storie.
Bibiografia:
Teffi, Da Mosca al Mar Nero, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2017.
Teffi, Novėlly, Moskva, Zvonnica, 2008.
Teffi, Rasskazy. Stichotvorenija, Moskva, Eskimo, 2008.
Sitografia:
Natalia Starostina, On Nostalgia and Courage: Russian Émigré Experience in Interwar Paris through the Eyes of Nadezhda Teffi, OpenEdition Journals, 1 settembre 2013, consultato il 23/03/2021 Url: http://journals.openedition.org/diasporas/213
Sophie Pinkham, Teffi’s “Memories” and the Women of the Russian Revolution, The New Yorker, 24 maggio 2016, consultato il 23/03/2021, Url: https://www.newyorker.com/books/page-turner/teffi-memories-women-russian-revolution
Ju. V. Popkova, Ženskie obrazy v jumorističeskich rasskazach N. A. Teffi, consultato il 23/03/2021 Url: https://docplayer.ru/28650726-Zhenskie-obrazy-v-yumoristicheskih-rasskazah-n-a-teffi.html
Apparato iconografico: