Piergiuseppe Calcagni
La scrittrice tedesca Irmgard Keun nasce a Berlino il 6 febbraio 1905, nel quartiere di Charlottenburg. Nel 1913 si trasferisce con la famiglia a Colonia, dove dopo il diploma inizia a lavorare come dattilografa mentre frequenta corsi di recitazione. A 24 anni decide di abbandonare la carriera di attrice per dedicarsi alla scrittura e, infatti, nel 1931 pubblica il suo primo romanzo, che si intitola Gilgi, una di noi. La protagonista si chiama Gisela Kron, ma si fa chiamare da tutti Gilgi. È una ragazza di vent’anni sempre molto impegnata fra il suo lavoro, i suoi amici Olga e Pit e la Berlitz School dove impara inglese, spagnolo e francese. Non a caso il romanzo inizia con la descrizione di una giornata tipo di Gilgi: si alza alle sei e mezza del mattino, fa gli esercizi in camera davanti alla finestra spalancata, dopo una doccia fredda di trenta secondi, si siede insieme alla famiglia per fare colazione solo con un caffè e del pane imburrato, fuma una sigaretta ed esce di casa per andare a lavorare. Gilgi ama il suo lavoro, ama impegnarsi e odia perdere tempo. Lavora come stenotipista per la Reuter & Weber, una ditta di calze e maglieria all’ingrosso. Già in questa prima fase l’autrice rivela quello che sarà uno dei temi fondamentali del romanzo. Infatti, il signor Reuter, titolare della ditta, vuole conversare con Gilgi che, nonostante la giovane età, dimostra di capire dopo pochissimi secondi quando un uomo è interessato a lei.
“Gilgi non è nata ieri. Conosce gli uomini loro desideri, i sottintesi che si nascondono dietro un certo tono di voce, dietro loro sguardi i loro movimenti. Quando un uomo, un capo come il signor router parla con voce tremante, vuol dire che è innamorato, e se è innamorato vorrà qualcosa” (cap. I)
Gilgi solo per gentilezza accetta l’invito a pranzo del signor Reuter. L’autrice, come farà altre volte all’interno del romanzo, descrive con tanta ironia i modi di fare degli uomini quando tentano di corteggiare una donna.
“le mostra delle foto di sua moglie e di suo figlio col modo di fare tipico degli uomini sposati che, al di là di qualche lieve rimorso di coscienza, non vedono l’ora di essere infedeli.” (cap. I)
In un’altra occasione Gilgi, si trova una festa e inizia a parlare con un ragazzo in maschera.
“«E cos’è che fai nella vita?» «Vendo oli e grassi, ma adesso non pensare a questo, bimba. Fammi baciare la tua bella boccuccia.» «Se ti piace il rossetto te lo posso anche prestare …»” (cap. II)
L’intenzione dell’autrice è fotografare la realtà della Repubblica di Weimar di fine anni Venti e inizio anni Trenta, quando la libertà sessuale e l’emancipazione della donna erano temi già assai discussi. In quel periodo godeva ancora di molta fama Theodoor Hendrick van de Velde, un ginecologo olandese che nel 1926 pubblicò Die vollkommene Ehe (“Il matrimonio ideale”), un’opera il cui obiettivo principale era quello di far capire come un buon matrimonio dovesse essere strettamente connesso a dei rapporti sessuali soddisfacenti con il partner. Questo libro diventò un best seller in tutto il mondo e raggiunse la Germania proprio nel 1926 quando l’autore vi giunse per tenere una serie di conferenze su questo argomento. Il medico olandese si dimostrò progressista sotto certi aspetti, ma anche tradizionalista e poco disponibile ai cambiamenti nei confronti del ruolo della donna, non solo all’interno della vita di coppia, ma anche all’interno della società. Rimproverava gli uomini di non etichettare una donna come frigida se non si ritiene soddisfatta a seguito di un rapporto; ma le sue istruzioni, in generale, rispecchiavano l’ideologia standard di genere: l’uomo è attivo, la donna è passiva; l’uomo è la guida che la donna deve seguire poiché egli è biologicamente portato ad essere il capo. Per quanto riguarda l’omosessualità Velde non era d’accordo con Hirschfeld, il medico leader della World League For Sex Reform, e definiva solo l’eterosessualità come “normale”, mentre l’omosessualità era una malattia da cui si poteva guarire. Inoltre, nel 1929 alcuni autori (ironicamente tutti uomini) pubblicarono una raccolta di saggi intitolata Die Frau von Morgen: Wie wir sie wünschen (“La donna di domani: come la vogliamo”). Uno dei contributi più importanti fu quello di Stefan Zweig, il quale era entusiasta della trasformazione culturale delle donne che desideravano l’indipendenza. Secondo lo scrittore austriaco le donne sono state in grado di creare una situazione del tutto nuova in pochissimo tempo e qualche moralista bigotto e retrogrado non poteva fermare questo meraviglioso processo di emancipazione. Invece altri autori come Alexander Lernet-Holenia e Axel Eggebrecht scrissero considerazioni ambivalenti, soprattutto Eggebrecht, la cui denuncia al femminismo riguardava soprattutto l’erotismo. In particolare, l’uomo viene danneggiato dall’emancipazione poiché si sente insicuro e ansioso di fronte a una donna che si sente libera di andare con chi vuole e di vestirsi come le pare senza tenere conto della sensibilità maschile.
Dunque, nonostante ci fosse la concezione della cosiddetta Neue Frau (“donna nuova”), sinonimo di libertà, emancipazione e progresso sul tema del femminismo e della liberazione sessuale, era ancora diffusa la convinzione che l’uomo dovesse sfruttare la propria virilità per relegare la donna a un ruolo subordinato. D’altronde è necessario ricordare che le rappresentanti delle Neue Frau appartenevano tutte alla medio-alta borghesia, la maggior parte delle donne non poteva istruirsi e svolgeva spesso lavori fisicamente pesanti, con un salario basso e con degli orari che rendevano impossibile qualsiasi attività da tempo libero e che talvolta rendevano addirittura impossibile costruire una famiglia. Irmgard Keun è abile a denunciare questa caratteristica contraddittoria del suo tempo mettendo in risalto differenze di classe che il femminismo della sua epoca non prendeva ancora in considerazione.
“Il fatto che le persone vengono al mondo con opportunità assai impari comincia a far breccia, poi diventano certezza.” (cap. II)
Nella seconda parte il romanzo inizia a farsi sempre più triste. Il giorno del suo ventunesimo compleanno Gilgi viene a sapere dalla madre che è stata adottata e che la sua vera madre è una sarta, la signorina Täschler. La verità, però, è un’altra e la racconta proprio la sarta alla protagonista. La vecchia e ricca signora Kreil non riusciva a tollerare il rapporto che la figlia aveva con un ragazzo povero e insisteva perché i due si lasciassero. Quando finalmente il ragazzo si decise ad andarsene, si venne a sapere che la ragazza era incinta di cinque mesi. La signora Kreil, che non poteva far vedere a tutti che sua figlia aveva dei figli da un proletario, pagò la signorina Täschler e un medico per inscenare un parto dove la sarta doveva fare finta di partorire. Nel periodo della “gravidanza” la signorina Täschler doveva addirittura indossare un cuscino sotto la maglia. La sarta un giorno si recò dai Kron per chiedere loro un lavoro. La signora Kron confessò di aver perso un bambino subito dopo il parto e la signorina Täschler pensò di darle la neonata che la vecchia Kreil le aveva affidato, dal momento che la sua situazione economica non era delle migliori.
In seguito, Gilgi, grazie alla sua amica Olga, conosce Martin Bruck, uno scrittore di quarantatré anni che ha girato il mondo grazie ai soldi guadagnati dalle vendite dei suoi due libri. Gilgi si innamora e, dopo aver litigato con i genitori, si trasferisce da lui, nell’appartamento che un amico russo ha lasciato a Martin. La relazione che instaura con lo scrittore stravolge l’ordine della vita di Gilgi che il lettore conosce dall’inizio del romanzo e la protagonista se ne rende conto confrontando la situazione attuale con la relazione precedente:
“Se ci si vedeva, bene; altrimenti avevano ben altro da fare. Entrambi. Sia lui, sia lei. Le cose importanti erano il lavoro e la carriera. Ci si voleva bene in una maniera semplice, spensierata, e l’ultima cosa che Gilgi avrebbe immaginato era che una leggera infatuazione per un uomo potesse stravolgere la sistematica organizzazione della sua vita. Eppure Martin sta facendo proprio questo. E quel che è peggio è che questo stravolgimento le è più caro della sua organizzazione.” (cap. II)
Il narratore onnisciente rende noti anche i sentimenti di Martin per Gilgi e i suoi pensieri nei confronti della relazione:
“Pensa a Gilgi ed è felice. Cara allegra ragazzina. È contento che lei la voglia, è felice di piacerle, oggi per lui è particolarmente importante essere desiderato, sente di dipendere molto dall’approvazione, dal riconoscimento.” (cap. II)
La differenza è palese: per Martin Gilgi è una sciocca ragazzina di ventidue anni più giovane che si è innamorata di lui e ci vive insieme solo per essere ammirato; per Gilgi Martin è l’uomo di cui è innamorata e anche la causa dei cambiamenti della sua vita. I contrasti emergono proprio quando si assiste al divario fra due stili di vita completamente differenti. Lui è pigro, disorganizzato e spendaccione mentre lei è la ragazza laboriosa, solerte, l’instancabile lavoratrice che i lettori hanno conosciuto all’inizio del romanzo. Gilgi tenta di prendere in mano l’economia domestica, ma senza risultati. Il primo litigio lo scatena lei quando Gilgi si accorge che Martin compra a credito e senza dire niente a nessuno si reca in tabaccheria per pagare la somma dovuta. Gilgi ammette addirittura a se stessa che Martin le piace di più quando è arrabbiato e si rende anche conto del duro prezzo da pagare se vuole restare insieme a lui:
“Tutti i tentativi di farlo adattare al suo stile di vita sono falliti miseramente. Deve provare a fare il contrario, ovvero adattarsi a lui. Così forse sarà possibile raggiungere la sintonia. […] Va a spasso con lui, legge insieme a lui, cerca ostinatamente di trovare bello tutto ciò che lui ritiene tale. Fa una fatica tremenda per considerare bello tutto ciò che prima le risultava indifferente, ma si sforza più che può. E il risultato? Arriverà.” (cap. II)
All’inizio della terza parte il mutamento di Gilgi è ormai palese:
“Gilgi trascorre le sue giornate bighellonando: è allegra, innamorata, fa tutte quelle migliaia di cose inutili che vanno sotto il nome di «ozio». Pensa poco al domani, per niente al futuro.” (cap. III)
Gilgi è ormai completamente assoggettata a Martin e ai sentimenti che prova nei suoi confronti e la sua personalità è ancora in bilico fra chi è veramente e chi è all’interno di quella relazione. Cerca di sfogare tutti questi sentimenti negativi in un dialogo col suo amico Pit, un socialista dal carattere cinico e scostante che si dimostra estremamente insensibile e non riesce a capire lo stato d’animo di Gilgi. Neanche Olga, che con la sua saggezza e bontà d’animo è sempre pronta ad aiutare Gilgi, non comprende cosa succede alla sua migliore amica. Come se non bastasse, poco dopo Gilgi scopre di essere incinta e quando rivela al medico la sua volontà di non volere un figlio a causa della condizione economica, il medico pronuncia queste parole: “Mia cara, non deve agitarsi così adesso… La cosa migliore è che lei si sposi” (cap. III). All’epoca della Repubblica di Weimar l’aborto era una questione molto discussa. Il 31 dicembre 1930 papa Pio XI pubblicò Casti connubii, un’enciclica con la quale condannava la falsa libertà della donna, i rapporti sessuali che non avevano scopi procreativi e l’aborto mentre insisteva sulla sacralità del matrimonio cristiano e sulla subordinazione della donna all’interno della famiglia. Sia la Chiesa cattolica che quella luterana si trovarono d’accordo e incolparono il socialismo e l’individualismo radicale di aver stravolto la condizione femminile.
All’opposizione si schierarono associazioni femministe, medici socialisti e il KPD (Kommunistische Partei Deutschland – Partito Comunista Tedesco), che proprio in quegli anni lanciò lo slogan Dein Körper gehört dir! (Il tuo corpo ti appartiene!), ed erano coinvolti nella battaglia contro il paragrafo 218 del codice penale tedesco che non solo vietava l’aborto, ma lo accostava all’omicidio. I tentativi di abolire tale paragrafo furono vani e gli aborti avvenivano solo illegalmente. Anche gli amici di Gilgi, Hans e Herta, sono stati costretti a far nascere due bambini. Questo fa crollare la loro situazione economica che già in precedenza era pessima. Hans, non riuscendo a trovare lavoro ed essendosi ridotto a chiedere l’elemosina, si suicida con il gas, uccidendo anche il resto della sua famiglia. Gilgi, traumatizzata dall’evento, decide di abbandonare Martin e di crescere il bambino da sola.
Irmgard Keun nella scrittura di questo romanzo si muove su due piani. Da un lato ci consegna una società che aveva ancora molto da lavorare sulla disparità economica e sul femminismo poiché libertà, indipendenza ed emancipazione erano tutte cose riservate alle poche donne che riuscivano a permettersele. Dall’altro condanna, ridicolizzandoli, gli atteggiamenti degli uomini che non volevano rassegnarsi alla parità di genere. Questo romanzo fu bruciato nei roghi del 1933 e in Italia uscì nel 1934, ma in alcune parti fu applicata la censura. Irmgard Keun, dopo la fuga dal nazismo, rientrò in Germania di nascosto prima della fine della guerra. Si spense il 5 maggio del 1982 a Colonia.
Bibliografia:
Atina Grossman, Reforming Sex, the German movement for birth control and abortion reform, New York, Oxfod University Press, 1995.
Eric D. Weitz, Weimar Germany, promise and tragedy, New Jersey, Princeton University Press, 2007.
Irmgard Keun, Gilgi, una di noi, Roma, L’orma editore – versione e-book, 2017.
Apparato iconografico:
Immagine 1: http://www.photography-in.berlin/das-verborgene-museum-alice-lex-nerlinger-retrospective/
Immagine 2: https://lyricstranslate.com/en/irmgard-keun-lyrics.html