Elisa Montagner
Nel corso della storia come al giorno d’oggi, l’immaginario femminile sembra essere continuamente foggiato dal pensiero di scrittori maschili. Considerando alcuni tra i più celebri autori tedeschi, Theodore Fontane (1819-1898) e Heinrich Böll (1917-1985) rimangono di particolare interesse grazie alla loro abilità di riuscire a sollevare problematiche attuali legate alla perdita dell’onore della donna.
Nello specifico, il capolavoro di Theodore Fontane, Effi Briest, viene pubblicato dalla rivista trimestrale berlinese “Deutsche Rundschau” (“Rassegna Tedesca”) nel 1894. Nel 1974, L’onore perduto di Katharina Blum di Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, trova il suo spazio nella rivista amburghese “Der Spiegel” (“Lo Specchio”).
Specialmente dal titolo del romanzo di Böll si può evincere come i personaggi centrali siano due donne, due vittime che, per gli adattamenti cinematografici, riceveranno l’attenzione di alcuni dei più grandi registi d’Europa degli anni settanta, Rainer Werner Fassibender per Effi Briest (1982) e Volker Schlöndorff e Margarethe von Trotta per Katharina Blum (1975).
“Ma nella società umana si è formato un qualcosa che bene o male esiste, e che ha delle norme in base alle quali ci siamo abituati a giudicare tutto, sia gli altri che noi stessi. E non si può trasgredirle; la società ci disprezza, e finiamo anche per disprezzare noi stessi e non ne possiamo più e cacciamo una pallottola in testa.” (p.196)
Come si può notare da questo piccolo frammento del romanzo di Fontane, in cui vi è un ampio ricorso al realismo simbolico, i dialoghi tra i personaggi si trasformano in un’articolata analisi dei rapporti sociali tra gli individui, dove l’ossessiva ricerca del mantenimento della propria posizione sociale e dell’onore sembrano essere ciò che caratterizza le giornate della nobiltà nell’epoca guglielmina. Effi Briest, una giovane moglie che tradisce il marito, si inserisce all’interno del romanzo sociale europeo del diciannovesimo secolo. A soli diciassette anni e su incitamento della madre, sposerà il Barone Geert von Innstetten, in gioventù corteggiatore di quest’ultima. Trasferitasi coraggiosamente a Kessin, un remoto paesino sul Baltico, dovrà fare quotidianamente i conti con una triste realtà: la nostalgia della sua amata Hohen-Cremmen e un senso perenne di solitudine, “ribellandosi” in segreto attraverso una relazione clandestina. Da parte di Effi comincerà un’adesione a dei valori che le vengono imposti dalla società, diventandone vittima volontaria.
Sei anni dopo, quando l’ormai sepolta relazione segreta verrà scoperta dal marito, le verrà tolto ogni tipo di rapporto con la sua Annie e la sua nuova proprietà berlinese, città che le aveva donato un nuovo slancio vitale grazie anche all’abbandono della vita di provincia e della relazione adultera. Effi sarà, in tal modo, destinata a vivere da sola nella capitale tedesca che da ridente e accogliente metropoli muta in un nuovo luogo di mestizia e abbandono.
Attraverso la descrizione di interni lussuosi e di una ricca Berlino si percepisce una continua malinconia, che fa da sfondo al topos del diciannovesimo secolo della Gattung (inteso come concetto del mantenimento della specie), così irresistibile da rendere Effi carceriera di sé stessa e artefice della propria distruzione. La fine del romanzo, che vede la morte a ventinove anni di Effi, rappresenta una seconda e ultima sottomissione ai valori del tempo, con l’apposizione del suo nome da nubile sulla sua lapide, non per stabilire la sua dipendenza da Innstetten, ma piuttosto per non essersi dimostrata capace di portare “onore” ad un uomo che nemmeno amava realmente.
“La durata dell’interrogatorio si spiega con la sorprendente pedanteria con cui Katharina Blum controllava ogni frase, si faceva leggere ogni parola messa a verbale. Ad esempio il verbo ‘molestare’ del paragrafo precedente era stato prima verbalizzato come ‘scherzare’, nella forma ‘si mettevano a scherzare con me’: cosa a cui Katharina Blum si ribellò, difendendosi energicamente. Si giunse a vere e proprie controversie linguistiche tra lei e i procuratori, tra lei e Beizmenne, perché Katharina sosteneva un atto unilaterale, e di un atto unilaterale si era in effetti sempre trattato. Quando i funzionari le dissero che tutto quello non era poi così importante e che era colpa sua se l’interrogatorio durava più del normale, lei disse che non avrebbe firmato nessun verbale in cui, anziché di molestare, si parlasse di scherzare. La differenza, per lei, era essenziale, e uno dei motivi per cui si era separata dal marito era appunto che lui non aveva mai scherzato, con lei, ma l’aveva sempre molestata.” (p.30)
Come si legge in uno dei pezzi più provocatori del racconto, Böll ripropone il dilemma di una società dilaniata, in cui i drammi sociali si scontrano violentemente con i destini individuali. Nel racconto di Katharina Blum, ambientato in una Colonia degli anni Settanta, prevale un linguaggio teso ad evidenziare l’incessante contrasto fra individuo e potere, che permette una riflessione sulla responsabilità dei media nella manipolazione dei fatti.
Katharina è una giovane cameriera che intraprende una notte d’amore con Ludwig Götten, sospettato di essere terrorista. Durante le interrogazioni della polizia, la donna è vittima di una campagna scandalistica e diffamatoria da parte di un giornalista emergente alla ricerca di visibilità. Sentendosi completamente violata e oltraggiata, si trova costretta a vendicarsi e difendersi con le proprie forze da un aggressivo sistema mediatico.
Katharina Blum è una figura idealizzata sotto diversi aspetti, Böll le conferisce diverse qualità tradizionalmente apprezzate dalla cultura tedesca tradizionale. Prima fra tutte si trova il suo grande senso di Treue (fedeltà), dimostrata a Ludwig anche quando scopre che è un fuggitivo e non cedendo alle insistenti richieste di informazioni delle autorità. Nel breve racconto di denuncia, attraverso continui e incalzanti flashback, Katharina, ingabbiata dal potere della gogna mediatica, si ribella a una condizione di ‘prigionia sociale’ diventando l’eroina del romanzo.
Nonostante l’umile ritratto che Böll fa di Katharina sia completamente diverso rispetto alla agiata condizione sociale di Effi, sorge spontanea una riflessione sullo sfruttamento della vittima femminile in quanto tale. L’innamoramento di Katharina per Ludwig è caratterizzato come “ernst und feierlich” (serio e solenne). Ma nell’“‘idealizzare” Katharina, Böll va oltre a questo mero processo. Lo scrittore fa di lei una vittima ideale per eccellenza: una vittima femminile. Katharina è ingenua, innocente e senza malizia. Inconsapevole del cinismo altrui e perdutamente innamorata di Ludwig, per il quale nessun sacrificio è troppo grande, le sue intenzioni sono pure. Questo impegno sostituisce tutto ciò che è stato importante per lei sino ad allora. Sottolineando la sua innocenza e fiducia e armata di pistola, Katharina entra nei cuori dei lettori, che sono naturalmente al corrente delle pratiche meschine della Zeitung e della polizia, essendo pertanto pronti a comprenderla e perdonarla.
La vittimizzazione appare concretamente come l’elemento in comune di entrambi i romanzi: Katharina, figura femminile più tradizionale e vittimizzata, bella e offesa, non è poi così diversa dalla “figlia dell’aria” ottocentesca Effi. Attraverso la sua bellezza e la sua ingenuità infantile, Effi permette ai suoi genitori di manipolarla in un matrimonio troppo acerbo, stipulato per il semplice amore del rango e della posizione sociale. Il marito cercherà, in seguito, di controllarla con la paura. Nel romanzo di Fontane tutto è spento e irreale e, come ha osservato il drammaturgo ungherese György (Giorgio) Pressburger nel curare l’introduzione all’edizione italiana del 1957, Effi conduce la sua misera avventura con un anziano maggiore privo di fascino particolare e nella vacuità della Prussia Orientale. Effi si tramuta così in vittima “ideale”, in virtù della sua impotenza e del tradimento dei suoi genitori nel momento del bisogno.
Effi e Katharina, così lontane per temperamento e contesto sociale, condividono un destino tipicamente femminile: la perdita dell’onore sessuale e la conseguente perdita della “buona reputazione”. Le due compiono da sole i primi passi verso una strada senza uscita. In ogni caso la censura della società è sproporzionata rispetto al “crimine” e rivolta alla vittima piuttosto che al colpevole. Le due le protagoniste rimangono ancor oggi un simbolo di particolare importanza perché invitano il lettore a criticare una società in cui l’onore femminile viene perso e punito in maniera lacerante e ingiusta.
“Il mondo è quel che è e le cose non vanno come vogliamo noi, ma come vogliono gli altri. La storia del giudizio di Dio di cui molti pomposamente parlano, è una sciocchezza, non c’entra niente, al contrario, il nostro culto dell’onore è una forma di idolatria, alla quale dobbiamo sottometterci sinché vivrà l’idolo.” (p. 197)
Bibliografia:
Theodore Fontante, Effi Briest, Milano, Feltrinelli, 2020.
Heinrich Böll, L’onore perduto di Katharina Blum, Torino, Einaudi, 1975 (introduzione di Pressburger).
Martha Wallach, Women in German Yearbook vol. 1, University of Nebraska Press, 1985, pp. 61-75 .
Viktor Zmegac, Zdenko Škreb, Breve storia della letteratura tedesca, Torino, Einaudi, 1995.
Apparato iconografico:
Immagine 1:
https://snl.no/Theodor_Fontane
Immagine_2: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Heinrich_B%C3%B6ll_leest_voor,_Bestanddeelnr_932-5457.jpg