Traduzione di Yuliya Oleksiivna Corrao Murdasova
150 anni fa a Novohrad-Volynskij, in Ucraina, nasceva Lesja Ukraïnka, destinata a porre le basi per la definizione di un’identità femminista e ucraina in una parte dell’Europa troppo spesso tralasciata.
Lesja Ukraïnka, all’anagrafe Larysa Petrivna Kosač-Kvitka, nasce il 25 febbraio 1871 in una famiglia numerosa, colta e benestante. Fondamentali per la sua formazione culturale e ideologica sono i genitori e lo zio. Il padre, Petro Kosač, giurista di formazione e persona di vedute progressiste, studia a San Pietroburgo e Kyiv per poi stabilirsi nell’Ucraina occidentale intessendo relazioni culturali con diversi intellettuali dell’epoca. La madre Olena Kosač non è solo una popolare poetessa ucraina, nota con lo pseudonimo di Olena Pčilka, ma anche un’attiva rappresentante della cultura Kyieviana dell’epoca. Influente nella formazione della scrittrice è anche lo zio, fratello di Olena Pčilka, Myhajlo Drahomanov. Pubblicista, etnologo, economista e critico letterario, nonostante il suo esilio nel 1876 ha contribuito alla formazione del carattere della nipote con ideali patriottici e convinzioni socialiste.
Lesja è una bambina di talenti precoci: si interessa alla musica, alla pittura e alle lingue arrivando a conoscerne nove, ma è nel 1880 – a soli 9 anni – che compone la prima poesia Speranza (Надія, “Nadija”), pubblicata nel giornale “Stella” (Зоря, “Zorja”) nel 1887. Le idee allora progressiste di indipendenza e libertà sono chiare a Lesja sin dalla giovane età: è intorno ai 13 anni che sceglie lo pseudonimo Ukraïnka, ovvero “di nazionalità ucraina”, per sottolineare l’appartenenza identitaria ad uno Stato in crescente incostanza politica. Lavora sulle traduzioni di Gogol’, Turgenev, Heine, Hugo; pubblica un ciclo poesie di stampo politico; collabora e nutre una stima smisurata verso il poeta Ivan Franko e insieme al marito Klyment Kvitka svolge ricerche etnografiche registrando alcune canzoni folkloristiche cantate da lei stessa.
Nonostante l’arte e la cultura occupino tutto lo spazio della sua vita, Lesja Ukraïnka conosce anche il dolore e la malattia. Infatti, all’età di 9 anni le viene diagnosticata la tubercolosi, malattia delle ossa che la porterà a viaggiare per motivi di salute, in particolare in Italia, Georgia e Crimea. La malattia la accompagna per tutta la vita, ma non si rivela influente nelle sue opere e nelle relazioni quanto lo sono, invece, la ricerca e il desiderio di indipendenza e libertà femminile. Sono questi i temi di maggior rilievo nella scrittura della poetessa che accompagnano ogni sua parola e che tanto hanno ispirato il sentimento nazionale ucraino. Dietro le sue opere si cela un immenso desiderio di rivendicazione, dominazione e forza femminile.
Tra le poesie di questo stampo troviamo Ritratto di donna (Жіночий портрет, “Žinočyj portret”), composta nel 1906 e pubblicata postuma nel 1947 e ritenuta come una delle prime liriche contro l’atto e il rito del matrimonio, ritenuto come un mero atto di compravendita: è stata probabilmente composta per le pressioni subite dai genitori prima di contrarre matrimonio con Klyment Kvitka.
Il tema femminile è qui districato come intima percezione della vita personale. Creando un ritratto psicologico di una donna colta e convinta delle sue capacità, Lesja Ukraïnka analizza la dialettica tra le idee di libertà e dipendenza-sottomissione della propria vita privata e quella artistica. Si ricordi che nel primo Novecento la donna ucraina non era solita esporsi nei salotti letterari e tantomeno comporre opere, ancor meno con idee così innovative.
Il componimento si apre con un’ode – nelle prime quattro quartine – alla donna che, forte delle sue convinzioni, non si china alle lusinghe e non perde la propria libertà per mere banalità della vita quotidiana. È una donna che conosce le debolezze di chi “è caduto in basso”, di chi si trova nella trappola domestica; conosce il peso del dolore che ci si porta dietro nella società patriarcale che impone i suoi obblighi. Il desiderio di indipendenza sembra concretizzarsi finché non ci si imbatte nel desiderio del calore familiare o non ci si fa i conti con l’affetto che si prova per un’altra persona. Soprattutto l’affetto e il bene sono gli elementi che permettono il sacrificio altruistico a discapito della propria vita. L’ammissione di volontario cedimento nella prigione rappresentata dal matrimonio – “ergastolo eterno” – è criticata dalla voce stessa: nel matrimonio la donna cede tutta se stessa, i suoi talenti e la sua anima al rapporto di interdipendenza che si crea con il marito. Quest’ultima parte rivela il rapporto tra Lesja e suo marito Klyment Kvitka: la donna ha lottato per non sposarlo, per non cedere al rapporto di sudditanza e sottomissione, per “non vendere l’anima (…) per questo tenero calore”, ma firma l’atto come forma di generosità, per consentire la carriera politica al marito. Più volte, sia nella poesia in questione che nelle lettere private a Ol’ha Kobyljans’ka, la poetessa afferma di non amare il marito, ma di provare affetto e stima nei suoi confronti. A tal riguardo, spiccano due elementi che meritano un’analisi: l’atteggiamento passivo del “cadere in prigione”, e la tenerezza espressa dal lessico, in contrapposizione con la mancanza di passione. L’elemento passivo attraversa tutta la poesia sottintendendo la passività della scelta che è stata costretta a fare legandosi in matrimonio. Quasi fosse una scelta spinta da forze interiori incoscienti a cui è costretta a cedere per avere “un po’ di pace dalle persone, se non da altro” (Aheieva, 88-89). Questo ci conduce verso il secondo elemento: notiamo, infatti, termini che rimandano alla tenerezza e all’affetto, e non l’amore, verso “colui che negli occhi possiede diamanti”, in quanto per lungo tempo è spinta dalla madre Olena Pčilka a contrarre il matrimonio religioso con Klyment. Alla fine cede: “ti sei venduta anche tu”, afferma la voce narrante. Gioia e dolore permeano come una leggera foschia. Vi è gioia nell’aver concesso al marito la possibilità di continuare nella sua carriera e altrettanta gioia data ai genitori contraendo il matrimonio. Questa gioia altruistica si perde e viene sovrastata dal costante dolore e sofferenza individuale. Oltre all’elemento sentimentale, si legge il forte desiderio di indipendenza letteraria sradicando quelli che nella società patriarcale vengono definiti “temi da donne” e quelli su cui non possono esprimersi.
Questi motivi di abnegazione, tolleranza e obbedienza femminile sono riportati in altre opere – Cassandra, Kaminnyj hospodar’, Oderžyma per citarne solo alcune – attraverso ritratti diversi di donne in cui si mette in evidenza la capacità individuale, la possibilità di ottenere la libertà mediante il proprio talento e la propria forza.
È innegabile che le poesie di questo stampo di Lesja Ukrainka e delle rappresentanti del primo femminismo ucraino dell’inizio Novecento siano state una scossa e abbiano rappresentato una solida base per comprendere i limiti della società colonizzata dell’epoca e la necessità di ribaltare tutto un sistema di sottomissione che non riguardava solo le donne, ma l’identità ucraina.
PDF della traduzione scaricabile: Lesja Ukrainka_la scelta generosa
Ти чесна жінка, ти не продаєш Ти горда жінка, ти не увійшла Ти добра жінка, слів терпких нема Ти щира жінка. Тим своє чоло Бо продалась і ти. Не за срібло Се ж голод серця гнав тебе за тим, Не тіло ти, а душу продала,
своєї вроди й пестощів за гроші,
нещирих поцілунків не даєш
за лакомство нещасне, за розкоші.
в кубельце, звите дружніми руками,
найтяжчу працю ти собі взяла,
несеш мовчазно довгими роками.
у тебе для таких, що «впали низько»,
хоч злидні перетерпіла й сама,
хоч і тобі була спокуса близька.
ти хилиш низько, про таких згадавши,
що продаються; знаєш, як було
їм гірко й солодко, в неволю впавши.
і не за ласощі, не за дарунки,
але за те пестливеє тепло,
за любі речі та за поцілунки…
у кого в очах діаманти ясні,
чий сміх тобі здавався золотим,
а кучері були, мов грона рясні.
свій хист і розум віддала в неволю,
у каторгу довічну завдала, –
і гірко й солодко тобі до болю.
Sei una donna onesta, non vendi Sei una donna orgogliosa, non sei entrata Sei una donna buona, parola amara da te non uscirà Sei una donna sincera. Quel tuo viso Perché ti sei venduta anche tu. Non per l’argento Questa fame nel cuore ti ha spinto Non il tuo corpo, ma la tua anima hai venduto, (1906)
la tua beltà e tenerezza per denaro,
falsi baci non dispendi
a favor di miseri piaceri, per lo sfarzo.
in un nido, da mani amichevoli creato,
il lavoro più duro ti sei affidata,
in silenzio, da lunghi anni ti è ancorato.
per coloro che “sono caduti in basso”,
nonostante tu stessa abbia sopportato la povertà
nonostante la tentazione ti fosse a un passo.
non abbassi, ricordandoti di coloro
che si vendono; sai, come ci si sente
tra gioia e dolore, caduti in prigione.
e neanche per le prelibatezze e per regali,
ma per questo tenero calore,
per le cose care e per i baci…
verso colui che negli occhi possiede diamanti,
le cui risa ti sembravano d’oro,
e i riccioli erano come grappoli abbondanti.
il tuo talento e la mente alla prigionia hai dato,
all’ergastolo eterno hai condannato,
e senti gioia e dolore fino infondo.
Bibliografia:
Aheieva V. P Poetesa zlamu stolit. Tvorčist’ Lesi Ukrainky v postmodernii interpretacii, Kyiv, 1999
Appartato iconografico:
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