“Gibel’ sensacii”. Gli altri RUR sovietici

Valerio Picca
Birdmen Magazine  – https://birdmenmagazine.com/

Stupisce il sostanziale oblio in cui giace ancora Gibel´ sensacii: robot Džima Ripl´, film sovietico del 1935 e debutto alla regia di Aleksandr Andrievskij. Finora la maggior parte delle sparute esumazioni ha insistito sui canoni di genere del film, di fatto relegandolo ad una fruizione di gusto antiquario: più precisamente si è incluso fra gli archetipi ancora grossolani di un filone distopico sulle minacce delle macchine, poi assai prolifico nel cinema americano. Un errore di prospettiva generato dal sospetto verso l’ingombrante materia politica e, soprattutto, dalla circolazione limitatissima che ebbe la pellicola. Gibel’ sensacii è infatti fra gli ultimissimi film della Mežrabpom, celebre casa di produzione tedesco-russa ed ennesima dei prestigiosi studi moscoviti Gor’kij; dopo la chiusura della filiale tedesca Prometheus, soffocata dai debiti e dalle ritorsioni naziste, la Mežrabpom cessò le attività in URSS appena un anno dopo l’uscita del film, quando la stagione delle purghe staliniane era ormai avviata.

Un recupero più avveduto e indulgente del film è possibile e l’occasione è in questa sede offerta dalle evidenti consonanze con l’opera di Karel Čapek, di cui Gibel’ sensacii non è plagio, ma compagno nell’elaborazione immaginifica di una relazione utopica fra corpo e meccanizzazione del lavoro. In assenza di ogni esplicita citazione nell’adattamento di Andrievskij, il palese trait d’union è costituito dalle scintillanti lettere forgiate sul tronco metallico delle macchine: RUR.

Insieme al più internazionale Loss of sensation, proprio R.U.R. è tra i titoli attribuiti alla pellicola nonostante non si ispiri al dramma di Čapek ma alla novella del 1929 di Volodimir Vladko, I robot avanzano! In un paese capitalistico l’ingegner Jim Ripple è incaricato di studiare come rendere più efficiente la produzione industriale; dopo un’epifania in un jazz bar, Ripple immagina l’utopia di un mondo in cui gli operai possano essere per sempre sostituiti da macchine e inventa un automa in grado di seguire i suoi ordini. Convinto che una produzione a costo zero abbassi i prezzi dei beni al punto da causare il collasso del capitalismo, Ripple annuncia la scoperta alla sua famiglia di proletari, che lo schernisce come un traditore. La sua invenzione è invece gradita al governo capitalista, che spera di poter servirsi dei suoi robot anche in ambito bellico. Durante uno sciopero nazionale Ripple può finalmente mostrare l’utilità del suo lavoro agli operai, ma un incidente scatena la violenza generale e l’immediata conversione delle macchine in armi da parte dei padroni capitalisti.

La produzione di Gibel’ sensacii è inevitabilmente influenzata dalla temperie culturale del periodo. La Sojuzkino, società unica cinematografica sovietica, aveva da poco reso programmatici i principi estetici del realismo socialista e il recente avvento del sonoro stava confusamente mutando le pratiche di montaggio. Ciò fornisce circostanza attenuante verso la ridondanza della propaganda e la finitura ruvida della mise-en-scène. Come il film abbia aggirato la stringente censura e favorito l’immagine di una realtà futura infausta, servendosi di un genere fortemente inviso allo stalinismo, è invece da considerarsi un pregio in grado di tentare lo spettatore alla ricerca di ulteriori e celati simbolismi. È quanto sperimentato da David Christopher, che nell’ambito del “Journal of Science fiction” correla l’evasività insita nel genere con le più recenti teorie psicoanalitiche; pertanto Gibel’ sensacii diventa sovversivo, con l’ingegner Ripple rappresentazione di Stalin, ineluttabilmente calpestato dalla massa di robot-lavoratori che ha ghermito. I possibili simbolismi non negano tuttavia la portata escatologica delle prime volontà di Ripple: l’automazione come risorsa della lotta di classe, poi discussa nella teoria critica della scuola di Francoforte e oggi nuovamente in auge nella prospettiva accelerazionista.

È dunque sul versante politico che il film sovietico prende le più nette distanze dalla sua scontata pietra di paragone, Metropolis. Il finale irenista della pellicola tedesca, poi abiurato dallo stesso Lang, aveva disatteso le ambizioni del proletariato che in Gibel’ sensacii sono invece appagate: negli ultimi fotogrammi i RUR di Ripple sono dirottati dai lavoratori verso gli oppressori capitalisti. Eccezion fatta per le rispettive conclusioni, i rimandi a Metropolis sono pressoché inequivocabili e se stupisce il riflesso fra le due macchine-moloch antropofaghe, più caute devono essere le similitudini sulle minacce connaturate nei robot. Se osservato in filigrana, l’avanzamento tecnologico determinato dall’automazione conduce ad esiti diversi, una discrepanza che risulta più lampante se accostata all’anti-utopia di Karel Čapek. Si possono associare i robot universali di Rossum e Ripple con la Maschinen-Maria di Rotwang?

Nel R.U.R. di Čapek l’ambizione scientistica si rimodula dal Vecchio al Giovane Rossum, spogliandosi di attributi metafisici e piegandosi alla mera finalità produttiva, suggerendo in corso d’opera i possibili rischi dell’utopia. I robot di Rossum, che sono sintetizzati dalla materia vivente e non meccanici come quelli di Ripple, dopo aver servito l’Uomo riescono a sollevarsi contro di lui e superarlo nell’evoluzione, rendendolo obsoleto e decretandone l’estinzione. La singolarità tecnologica, raggiunta in R.U.R. e soltanto paventata in Metropolis, è la compiuta realizzazione delle ambizioni di Rossum e del genere umano, pur costandone il sostanziale annientamento. Questa deriva non può avvenire in Gibel’ sensacii, che per la censura e l’adesione al realismo socialista rifiuta programmaticamente ogni fantasia apocalittica e il fraintendimento dei robot universali di Ripple con degli ingovernabili golem. I robot sovietici non sviluppano mai un’intelligenza umana né una volontà di supremazia e, sebbene minacciosi, rimangono impacciatamente meccanici (come il robot Eric che li ha ispirati nelle sembianze). Se osservati entro la prospettiva del post umanesimo, R.U.R. e Metropolis riflettono su quali siano i caratteri che determinano l’umano, mentre Gibel’ sensacii ne è estraneo. Anzi, provando ad assecondare l’ottica socialista-sovietica che deve averne filtrato i riferimenti, i robot di Rossum sono assimilabili ai lavoratori a cui è dato ampio spazio nel film di Andrievskij. Con un certo esercizio speculativo un sottile rimando ad un proletariato sfruttato si potrebbe rintracciare anche nello stesso R.U.R. di Čapek: d’altronde robota significa lavoro, con specifici attributi di assoggettamento, e il breve manifesto degli androidi alla fine dell’atto primo sembra riecheggiare, anche parodicamente, quello comunista.

Nonostante le reminiscenze di R.U.R. in Gibel’ sensacii abbondino anche sul fronte della trama, il film sovietico merita attenzione per le atmosfere originali e per la specificità dei suoi robot. I RUR dell’ingegner Ripple non sono coscienti, ma non si può nemmeno affermare che siano scevri di sensi: di sensazioni, appunto. La perdita di sensazioni – traduzione letterale del titolo – è il distacco fra il corpo individuale e il mondo che lo circonda e non si riferisce soltanto all’ingegner Ripple, alienato dalle sue stesse ambizioni, ma anche alle sue creature. Senza scadere nell’astruso è evidente che i robot, oltre che a dei più convenzionali comandi radio, reagiscano al suono e, in particolare, alla musica. È quanto si desume da una delle più memorabili sequenze di Gibel’ sensacii, ove un esaltato Ripple dirige col sassofono i suoi RUR in una danza grottesca ma, senza dubbio, spontanea. D’altronde il jazz simbolizza spontaneità ma anche caos.  Proprio al ballo, irriflessa facoltà tipicamente umana, sembrano invece opporsi i signorotti borghesi all’inizio del film, quando il protagonista ha la rivelazione al cabaret bar. Quando i capitalisti recidono il legame fra i RUR e il loro creatore per soffocare le rivolte proletarie, essi diventano sordi e macchinali, incapaci di abbracciare ma solo di uccidere.

Lontanissimi dalle creature di Čapek, i RUR di Gibel’ sensacii si collocano, con il loro aspetto sbozzato, in un più ampio sfondo di meraviglie pre e post-rivoluzionarie estranee alle logiche di mercato. La relazione che possono stabilire con l’Uomo confluisce nell’aspirazione all’emancipazione che è baricentro di tutto il sogno sovietico. Un legame utopico con le macchine e la tecnologia che va ben oltre l’idea di progresso propriamente industriale. Gibel’ sensacii segna la conclusione di quello slancio ideale iniziato nella stagione dell’avantgarde sovietica, delle teorie biomeccaniche di emancipazione e comunicazione corporea ideate da Mejerchol’d. Non con la sua finzione, ma riferendosi al momento in cui è prodotto, quello dell’aperta recrudescenza dello stalinismo.

Bibliografia:

André Bazin, The Stalin myth in Soviet cinema (traduzione di Georgia Gurrieri), in “Film Criticism”, Vol. 3, No. 1 (1978).

Anna Lawton (a cura di), The Red Screen. Politcs, society, art in soviet cinema, Londra, Routledge, 1992.

David Christopher, Stalin’s “Loss of Sensation”: Subversive Impulses in Soviet Science-Fiction of the Great Terror, in “Journal of Science Fiction”, Vol. 1, No. 2 (2016).

Emma Widdis, Socialist senses. Film, feeling, and the soviet subject, 1917-194, Bloomington, Indiana University Press, 2017.

Nicholas Anderson, “Only We Have Perished”: Karel Čapek’s R.U.R. and the Catastrophe of Humankind, in “Journal of the Fantastic in the Arts”, Vol. 25, No. 2/3 (91) (2014).

Nick Srniceck, Alex Williams, Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro, Roma, NERO, 2018.

Sitografia:

Gibel sensazii – Retrospective at 62th Berlinale, 2012

https://www.berlinale.de/en/archive/jahresarchive/2012/02_programm_2012/02_filmdatenblatt_2012_20126311.html#tab=filmStills

Apparato Iconografico:

Immagini 1 e 2.

https://www.berlinale.de/en/archive/jahresarchive/2012/02_programm_2012/02_filmdatenblatt_2012_20126311.html#tab=filmStills