Due chiacchere con Jáchym Topol

Intervista e traduzione dal ceco di Martina Mecco

Lo scorso settembre ho avuto l’occasione di essere ospite alla Knihovna Václava Havla di Praga dove lavora lo scrittore Jáchym Topol, che ha gentilmente accettato la mia proposta di fare un’intervista per Andergraund. Oltre all’emozione di avere un dialogo con uno scrittore così importante, è stato un piacere discorrere insieme a Jáchym Topol di argomenti che spaziano dagli anni della Normalizzazione a questioni contemporanee, soffermandosi anche su alcuni dei temi centrali all’interno dei suoi romanzi.

Jáchym Topol (1962, Praga-) è uno dei più importanti scrittori cechi contemporanei. Figlio del dissidente Josef Topol , firma Charta 77 all’età di sedici anni e si forma intellettualmente all’interno del contesto underground ceco sotto la guida di Egon Bondy. Il suo debutto letterario avviene con la pubblicazione delle due raccolte poetiche Miluju tě k zbláznění (Ti amo da impazzire, 1991) e V útery bude válka (Martedì ci sarà la guerra, 1992). Si consacra alla prosa nel 1994 con la pubblicazione del suo primo romanzo, Sestra (La sorella). Fondamentale è stata inoltre la sua attività di giornalista e redattore all’interno nei giornali Revolver Revue e Respekt.

I suoi libri sono stati tradotti in numerose lingue straniere e il suo ultimo romanzo, Citlivý člověk (Una persona sensibile, 2017), è stato pubblicato in Italia da Keller Editore lo scorso febbraio (https://www.kellereditore.it/prodotto/una-persona-sensibile-jachym-topol/).


Con la fine della Normalizzazione molti libri vennero pubblicati per la prima volta, penso banalmente ad Havel, Klíma, Kohout etc. Ha trovato difficoltà ad essere uno scrittore “nuovo” e ad avere un proprio pubblico?

Per me e i miei coetanei della seconda generazione underground no, non è stato difficile pubblicare, perché già prima lo facevamo all’interno del sistema samizdat. Con la fine della Normalizzazione e il cambiamento a livello politico c’era interesse per i titoli dei nuovi autori, quindi pubblicare era abbastanza facile. Sestra è stato il mio primo romanzo, quando l’ho scritto non sapevo proprio se sarebbe uscito. Ero fortemente “underground”, egoista, megalomane, pazzo. Tutto insieme. Ma alla fine è uscito. Per rispondere alla sua domanda, no, per me non è stato difficile pubblicare.

 

Cosa ne pensa dell’attuale sistema editoriale ceco?

Credo che oggi, in questo particolare periodo, sia un momento difficile per tutte le case editrici a causa della pandemia. Per il resto mi sento depresso quando penso alla fine dei libri e della letteratura. Era una sensazione che avevo quindici anni fa, ma mi sono sbagliato. I lettori, infatti, continuano ad esistere e le persone comprano continuamente libri. Al momento pubblico i miei per la casa editrice “Torst”, sono dei miei amici e ci sanno fare.

 

Negli anni Cinquanta Škvorecký, nel suo libro I vigliacchi, parla dell’interesse dei giovani cechi per la letteratura, la cultura americana e la musica jazz. Anche la sua generazione aveva questo interesse? Cosa leggeva da giovane?

Sì, sicuramente Škvorecký e la sua generazione, ma ad esempio anche Václav Havel, avevano un forte interesse per la letteratura e la cultura americana, perché parliamo di classici della letteratura come Hemingway, Steinbeck o Faulkner. Quei modernisti erano dei letterati rivoluzionari, avventurosi e interessanti in tutto il mondo. E, curiosamente, per noi sono stati particolarmente importanti il gruppo 42 e la poesia urbana. Anche il poeta Jiří Kolář e la poetessa Jiřina Hauková si sono concentrati su questi contesti e su quello ameriano. La letteratura americana aveva a che fare con la dimensione delle città e si è sviluppata all’interno delle città. La mia generazione era affascinata da questo, ad esempio dalla Bit Generation, da Jack Kerouac o Alain Ginsberg. Dopo il 1989 Ginsberg è stato a Praga e per noi è stato sconvolgente vedere quanti giovani erano presenti. Penso che anche ora ci sia una situazione in qualche modo simile, che anche i giovani di oggi, come gli amici di mia figlia, che ha 23 anni, siano affascinati dai protagonisti delle Beat Generation. Quello che affascina è il romanticismo, la libertà, la vita sfrenata, il viaggio come esperienza di vita.

 

Parliamo della Rivoluzione di Velluto. Potrebbe descrivermi il ruolo degli intellettuali nel periodo della Rivoluzione? Penso, nel suo caso, a Revolver Revue.

Il ruolo degli intellettuali è stato importante. Le persone nel gruppo in cui nacque Revolver Revue divennero molto in fretta dei giornalisti. Revolver Revue usciva una volta ogni tre mesi come rivista letteraria per letterati, ma nel periodo della Rivoluzione abbiamo iniziato a lavorare come giornalisti accanto a coloro che hanno fondato i primi giornali indipendenti, come Respekt. Prima ho lavorato in Revolver Revue e poi per Respekt. Il ruolo dei primi giornali indipendenti fu molto importante.

 

Interessante è il tema del rapporto generazionale. Penso, ad esempio, al caso di Tereza Boučková e al suo rapporto complicato con il padre Kohout. Nel suo libro La corsa indiana parla di questo rapporto e delle difficoltà di vivere come figlia di un dissidente. La sua vita sembra una condanna, come se non avesse potuto scegliere. Cosa è significato per lei essere figlio di un dissidente nel periodo della normalizzazione? Ha scelto liberamente di firmare Charta 77 o si è sentito moralmente obbligato?

Io ero felice del fatto che mio padre fosse un dissidente, ne ero orgoglioso e questo discorso vale per chiunque fosse nato nel contesto underground. In realtà tutti i miei amici avevano i genitori nell’opposizione, per noi era completamente normale che i nostri genitori fossero contro il Comunismo e ne andavamo fieri. Vero è che a causa della polizia segreta negli anni Settanta mi fu impedito di studiare all’università, ma non mi importava.

 

Parliamo adesso dei suoi libri. Inizialmente ha pubblicato delle raccolte di poesie, mi riferisco a Ti amo da impazzire e Martedì ci sarà la guerra. Non sono tradotte in italiano ed é un peccato. Potrebbe parlare un po’ dell’inizio della sua carriera di scrittore? Come ha deciso poi di iniziare a scrivere romanzi?

Quando avevo sedici, diciassette anni volevo ad ogni costo essere un poeta romantico e decadente. A me e ai miei amici piaceva andare nelle birrerie, bere alcol e, come Jack Kerouac, andavamo in giro per la Slovacchia, la Polonia e vivevamo selvaggi, ci piaceva la musica. Poi ho iniziato a lavorare come giornalista, a fare dei reportage, era molto interessante. Per me la poesia di riferimento era quella del gruppo 42, la poesia del vero, quella della città, che riguardava la vita quotidiana. In realtà poi sono diventato un romanziere, ma non so esattamente quando. Quando per la prima volta nella mia vita ho ricevuto lo stipendio è stato incredibile. Spesso sono andato in Germania e là nel giro di tre mesi ho scritto il mio primo libro in completa solitudine. A dire il vero per me in quel periodo la cosa più importante era la prosa, ma ora capisco che è molto difficile trovare il tempo per scrivere un romanzo. Al momento vado sempre a lavorare, sono un drammaturgo ed è sempre più complicato trovare quel tempo che serve per scrivere.

 

Hanno qualche significato per lei oggi quelle raccolte poetiche?

Sinceramente, no, appartengono a una produzione del passato. Però sono contento e orgoglioso se qualcuno le legge ancora oggi, ovviamente.

 

Vorrei discutere con lei riguardo ad alcuni temi dei suoi romanzi. Ho notato innanzitutto che in alcuni suoi libri è centrale il tema del circo. Ad esempio, Artisti e animali del circo socialista e Una persona sensibile sono romanzi in cui questo interesse per il circo e gli artisti itineranti è evidente. Questi personaggi sono stati importanti nella letteratura ceca del secolo scorso, penso ad esempio all’avanguardia. Potrebbe parlare di che significato ha per lei il circo?

Il circo è legato alla dimensione dell’infanzia, è qualcosa di completamente magico per un bambino di campagna, un po’ come viene mostrato da Fellini nei suoi film. Certo, da piccoli andavamo anche al cinema o a teatro, ma il circo che arrivava nei paesini di campagna, coi suoi animali, le donne mezze nude e i suoi rimandi alla giungla, era qualcosa di meraviglioso. Secondo me il circo è tradizionalmente qualcosa di strano e di bizzarro. Il circo non è semplicemente artistico, penso che per me rappresenti qualcosa dal carattere romantico. Oggi la percezione del circo è cambiata, il circo viene rifiutato a causa, ad esempio, delle sofferenze degli animali. Penso sia davvero triste il fatto che tutto sia politica, il circo è politica, la natura è politica, i rapporti tra le donne e gli uomini sono politica.

 

Mi colpisce che abbia citato Fellini. Ha visto alcuni suoi film?

Si, ho visto dei film di Fellini. Ad esempio, La strada, conosce questo classico? L’ho rivisto di nuovo due anni fa. Questo film è geniale, davvero geniale, è qualcosa che non ho mai visto, lo ritengo fondamentale per me. I film di Federico Fellini, come Amarcord, sono una parte della mia infanzia, della mia giovinezza. Ho anche guardato Le notti di Cabiria. Quando ero giovane, avevo quattordici anni, ho visto Giulietta degli Spiriti e mi ricordo la profonda dimensione psicologica e depressiva di questo film. Federico Fellini è un regista importante, immenso e in Repubblica Ceca le persone lo amano moltissimo, uno po’ come amano Bohumil Hrabal.

 

Questo tema del circo è legato a quello dell’ironia, che è qualcosa di tipico nella letteratura ceca, penso allo stile di Hašek o Hrabal. Cha rapporto ha lei con la letteratura del 900?

Beh, per me Hašek e Hrabal sono come dei padri. Mi sono a lungo sforzato di non essero troppo influenzato da Hašek o Hrabal perchè, ad esempio, a mia madre non piacevano. E a dire il vero, penso che le donne di solito non leggano Hašek o Hrabal, che a loro non piaccia. Mi sono sforzato di sfuggire a quell’influsso ma ora penso di nuovo che scrivendo faccio parte del loro retaggio, della loro tradizione dell’ironia. L’ironia è un aspetto radicato nella tradizione ceca, come ad esempio il tema dell’alcol.

 

Secondo tema. Parliamo del libro Lavoro notturno, dove i protagonisti principali sono due fratelli. Anche nel libro Artisti e animali del circo socialista. Siete stato in qualche modo influenzato da Egon Bondy e dal suo romanzo Fratelli invalidi? So che è stato importantissimo per la cultura underground. Mi piacerebbe anche chiederle, in che modo questo tema ha a che fare con la sua vita.

Non credo, penso che la persona che ha avuto la più grande influenza su di me sia stato mio fratello, che è anche stato un grande amico. Il tema dei due fratelli è molto importante per me e ricorre spesso nei miei romanzi, in Una persona sensibile è presente quello dei gemelli. Penso che questo tema sia molti importante per me a causa di mio fratello. Riguardi a mio fratello, venerdì presentiamo questo sua raccolta di testi, diciamo che mio fratello viene ricordato come simbolo dell’artista romantico e decadente. La nascita di questo culto di Filip è molto importante per me, perché all’interno di questo è come se mio fratello vivesse ancora. Egon Bondy è stato fondamentale per me. Quando avevo diciassette, diciannove o vent’anni è stato il mio mentore. Ma il romanzo Fratelli invalidi non è ciò che mi è interessato di Bondy, io ero attratto dalla sua poesia, dal suo pensiero, non dalla sua prosa.

 

Qual è il suo rapporto con la letteratura straniera? Conosce o le interessa la letteratura italiana?

Mi interessa assolutamente tutto quando si parla di letteratura e conosco qualcosa anche di quella italiana. Quella contemporanea non la conosco bene, ma tra gli autori contemporanei che hanno avuto una grande eco conosco il caso di Elena Ferrante, ho anche provato a leggere un suo libro ma non mi è piaciuto. Mi ricordo di un poeta, Cesare Pavese, che ha scritto Lavorare stanca. Quando ero un giovane poeta ho anche letto Marinetti, il Futurismo, che era particolarmente interessante. Mi ricordo di un libro che mi ha colpito, se non ricordo male ha come titolo qualcosa come “Srdce” (“Cuore”). Dopo la guerra questo libro era molto popolare in Cechia e tra i giovani della mia generazione, contiene dei racconti terribilmente sentimentali. L’ho letto quando ero un ragazzino.

 

Una studentessa ungherese, che scrive per Andergraund, ha notato una certa analogia tra il suo libro Lavoro notturno e Trilogia della città di K. di Ágota Kristóf, come il tema dei fratelli o l’atmosfera opprimente dei romanzi. Ha letto i suoi libri?

Ágota Kristóf… Ho letto Il grande quaderno, ambientato nella Seconda Guerra Mondiale. Penso di averla conosciuta in occasione di un evento a Berlino, dove erano presenti anche altri scrittori. Riguardo all’avermi influenzato, è possibile, infatti anche in quel libro i protagonisti sono due fratelli, è un’osservazione interessante.

 

Di recente ho letto un libro di Slavenka Drakulić che si chiama Café Europa: la vita dopo il comunismo. È molto interessante perchè mostra il cambiamento problematico della politica e della cultura, ad esempio in Cecoslovacchia, dopo la fine della guerra fredda. È un problema molto grande quello di capire come rapportarsi con il passato. Cosa ne pensa di questo e qual è il suo rapporto con il passato?

Questa è una domanda complessa e, specialmente ora, che viviamo in un momento particolarmente complesso a causa del coronavirus, sembra che quel passato di cui parla sia concluso. Io, in realtà, è da tempo che voglio sbarazzarmi del passato, voglio sbarazzarmi del passato come si fa con il comunismo. Non ne voglio scrivere da molto tempo. E infatti Una persona sensibile riguarda molto anche un presente che ora è relegato nel passato. Il passato mi ha spesso affascinato e interessato, ma ora il presente è per me la cosa più importante e affascinante. Alla “Knihovna Václava Havla” ci interessiamo della storia e della letteratura del periodo postcomunista. Ho la sensazione che quel periodo si sia concluso.

 

In Italia le persone hanno un’idea sbagliata della Repubblica Ceca, pensano ad esempio che si trovi in Est Europa, perchè la Cecoslovacchia è stata un paese comunista. Quando si chiede a un italiano di letteratura ceca questo pensa automaticamente a Kundera. Che idea ha di Kundera e dei suoi libri? Personalmente penso sia importante sottolineare che, nonostante Kundera abbia origini ceche, sia un autore pienamente “europeo”.

Sono contento che le persone conoscano qualcosa sulla Repubblica Ceca grazie a Kundera, ma al tempo stesso io di suo ho letto solo Lo scherzo, sebbene mi sia piaciuto molto. Ora in Repubblica Ceca è stato pubblicato un grande libro su Kundera. Ho comprato quel libro e devo dire che non mi è piaciuto leggerlo. Milan Kundera e Bohumil Hrabal sono proprio due antipodi: Kundera è famoso nel mondo mentre Hrabal è a casa a bersi una birra. Personalmente mi sento molto vicino a Hrabal, Kundera è uno scrittore che non ha a che fare con me in quanto autore. Sono d’accordo con lei, quando dice che Kundera è un autore dal carattere europeo e non rappresenta solo la letteratura ceca. Tra l’altro, una cosa simile e priva senso, sono le persone che pensano che Franz Kafka sia un simbolo della letteratura ceca, alcuni vengono in Repubblica Ceca, imparano il ceco e chiedono di leggere Kafka in “originale”. Lo trovo esilarante.

Praga, 14 settembre 2020

 

Apparato iconografico:

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